mercoledì 11 marzo 2009

QUEI PETALI PER DONNA FRANCA FLORIO




Dettaglio del pavimento della camera da letto di Franca Florio,
moglie di Ignazio ( qui, nel ritratto del pittore Giovanni Boldini ed in una fotografia con il marito del 1901 ), l'imprenditore di origini calabresi la cui
famiglia dominò la scena economica e culturale della Sicilia
tra la fine del secolo XIX e i primi decenni del XX.
Le mattonelle di maiolica con petali di rose abbeliscono ancor oggi l'edificio
di palazzo Florio, a Palermo.

Franca Florio - all'anagrafe Francesca Jacona, dei baroni di San Giuliano - sposò Ignazio a Livorno, nel 1893, all'età di vent'anni; le cronache di quegli anni la indicano come donna ammirata in Europa da Guglielmo II il Kaiser, Francesco Giuseppe - imperatore d'Austria - e Gabriele d'Annunzio.
Proprio il poeta, nel dicembre del 1901, alla vigilia della prima della 'Francesca da Rimini' al Costanzi di Roma, le chiese un talismano che servisse ad allontanare il malocchio ed a decretare il successo della sua tragedia.
In una lettera inviatagli in quello stesso periodo, d'Annunzio definiva Franca Florio "una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino".
'Donna Franca' amava i fiori; all'occhiello di ogni vestito era presente un garofano carnicino al mattino ed una gardenia profumata la sera; ma le sue preferite - come dimostrato dal pavimento della sua camera da letto a Palermo -  erano proprio le rose, che adornavano anche le case e le carrozze di famiglia. 
Come ricorda Andreina d'Agliano nel saggio 'In nome della rosa', edito nel 2010 da Silvana Editoriale, "la rosa è stata, dal Medioevo in poi, straordinariamente presente nella cultura figurativa europea, pegno di amore, simbolo di purezza ma anche di passione e seduzione, popolando con le sue corolle, le sue molteplici forme, il suo simbolismo e la sua perfezione decorativa tutti i settori delle arti applicate. La rosa è così stata un fiore ricorrente per la sua specificità nel repertorio artistico delle arti decorative del primo Novecento".
Il suo ritratto più noto è quello realizzato dal pittore Giovanni Boldini, opera finita al centro delle vicissitudini storiche ( passato alla collezione del barone Maurizio di Rothschild, il quadro venne depredato durante il secondo conflitto mondiale dai tedeschi e danneggiato, per poi tornare ai Rothschild ); come scriverà Leonardo Sciascia in 'Nero su nero', "racconta Dario Cecchi, biografo di Baldini, che Ignazio Florio andò su tutte le furie: non intendeva affatto veder ritratta la propria moglie in una posa serpentina", così che il pittore la ritoccò "obbedendo alle contestazioni del committente ma, a quanto pare, con una certa trasandatezza". 

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