domenica 13 giugno 2021

L'ELOGIO DEGLI EMIGRATI DA STROMBOLI DI GINO VISENTINI

Casa a Ficogrande, nell'isola di Stromboli.
La foto di Josip Ciganovic
è tratta dall'opera di Aldo Pecora "Sicilia",
edita da UTET nel 1974


Prima del secondo conflitto mondiale, Stromboli poteva contare su una popolazione di 4.000 persone; si erano ridotte a circa 600 nel 1947, quando il giornalista, critico d'arte e sceneggiatore Gino Visentini realizzò nell'isola delle Eolie un reportage pubblicato il 12 giugno di quell'anno dal "Corriere della Sera". L'articolo di Visentini colse allora i caratteri della massiccia emigrazione in corso degli stromboliani verso le lontanissime terre d'America, d'Australia e della Nuova Zelanda: un esodo che spopolò in quegli anni l'isola, determinando anche l'abbandono di un rilevante numero di abitazioni - in primo luogo, a Ginostra - in seguito diventate oggetto di famelici appetiti immobiliari. Il racconto del cronista sottolineò in primo luogo lo spirito intraprendente che animò una buona parte della comunità di Stromboli a cercare fortuna lontano da un ambiente dominato, allora come oggi, dall'attività vulcanica:

"Se date un calcio alla porta di una delle tante case disabitate ed entrate dentro, troverete fotografie di fruttivendoli agli angoli delle strade di Nuova York, di Melbourne o di Sidney. Generalmente lo stromboliano che emigra apre un negozio di frutta. Nei primi sette o otto mesi, l'emigrante si preoccupa soltanto di una cosa: imparare la lingua e durante questo periodo vive a spese dei parenti o dei paesani perché quando arriva non ha scorte di denaro. Poi mette su anche lui un negozio. Quelli che dall'Australia passano alla Nuova Zelanda aprono invece osterie o alberghi. Fra loro vi sono la solidarietà e un sentimento di protezione rari a trovarsi in altre comunità. Gli stromboliani che lasciano l'isola per affrontare la vita all'estero hanno l'orgoglio di riuscire. Partono con le abitudini estremamente frugali e il senso dell'economia cui li ha assefuatti la loro terra ingrata e avarissima, ciò che li rende quasi invulnerabili alle durezze e ai sacrifici della nuova strada che hanno scelto. Del resto, tutti gli emigranti di Stromboli hanno fatto fortuna, e la prova migliore è che, sul loro esempio, tutti partono o vogliono partire. La prontezza e l'intelligenza si colgono a prima vista negli stromboliani, e può darsi che questi davvero siano gli attributi principali che distinguono le popolazioni delle terre vulcaniche e che spiegano il costante successo dell'emigrante di Stromboli...



... In questa isola una sola strada ha un nome, ed è quella che porta dalla spiaggia su in paese. essa è stata intitolata a Vito Nunziante, deputato al Parlamento di Buenos Aires, uno dei tanti stromboliani che si sono arricchiti all'estero. A lui si deve se la strada principale del paese è lastricata di cemento. Perché Stromboli, nel suo nucleo, è un paese che non manca per niente di decoro. Il forestiere che sbarca qui, e non sa nulla, stupisce che un'isola tanto priva di risorse e dove non esiste commercio, abbia due chiese piuttosto grandi, una delle quali con una cupola maestosa e un'aria quasi da cattedrale. Poi vieni a sapere che esse sono state costruite con i denari degli emigrati. Alcuni di essi sono veramente ricchi. Tutti qui parlano 'd'u bancunaru', che è uno stromboliano divenuto proprietario di una grossa banca in America e che aiuta volentieri i paesani quando ne hanno bisogno, e di un altro stromboliano, emigrato negli Stati Uniti, prima dell'altra guerra, e oggi uno dei più grossi proprietari di rimorchiatori nel porto di New York..."



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