sabato 6 luglio 2024

USTICA, L'ISOLA SFUGGITA ALL'EROSIONE DEL TURISMO DI MASSA

Ustica, Cala Santa Maria,
foto tratta da opera citata nel post


Dalla costa palermitana della Sicilia - e specie da quella fra Terrasini e Cinisi - non è infrequente scorgere nitidamente sull'orizzonte del Tirreno l'isola di Ustica. Appare allora assai vicina; ed in effetti, tranne che nelle giornate di cattivo tempo, è facilmente raggiungibile grazie a regolari collegamenti navali, utilizzati però da un numero non eccessivo di turisti. Distante circa 35 miglia nautiche da Palermo, questa nera terra di roccia vulcanica venne liberata dalla fama di luogo di confino carcerario - anche politico - nell'ottobre del 1961. L'evento, richiesto a gran voce dalla popolazione usticese, diede il via ad una serie di iniziative che avrebbero determinato ad Ustica uno sviluppo turistico del tutto diverso da quello che ha caratterizzato - non sempre in maniera proficua per l'ambiente - buona parte delle altre isole minori della Sicilia. Già alla fine degli anni Cinquanta, il paesaggio marino divenne il fulcro di questo processo di promozione. L'Associazione Pescatori Dilettanti Subacquei scelse in quel periodo Ustica come luogo di gare di pesca, dando di fatto inizio alla Rassegna Internazionale delle Attività Subacquee, appuntamento che negli anni successivi avrebbe coinvolto anche studiosi di archeologia, giornalisti, scrittori, fotografi e documentaristi provenienti da tutta Europa. Seguirono l'organizzazione del Premio Tridente d'Oro e lo sviluppo di tematiche che fecero di Ustica una delle prime località siciliane in cui si affrontarono i temi della tutela dell'ambiente: un'attenzione che in seguito, nel novembre del 1986, favorì la costituzione nell'isola della prima riserva marina insulare della Sicilia.

"... In effetti proprio a quegli anni - ha sottolineato Gin Racheli, scrittrice ed appassionata di mare che fu anche responsabile della Commissione Piccole Isole di Italia Nostra ( in "Le isole minori della Sicilia", Giuseppe Maimone Editore, Catania, 1989 ) - può farsi risalire l'avvio dello sviluppo sia economico che culturale dell'Isola: non soltanto decollò il turismo, ma un certo tipo selettivo di turismo che privilegiò persone ed iniziative dedicate allo sport e alla cultura del mare, e scoraggiò la massa devastante che ogni estate aggredisce, ad esempio, le Eolie. 



In parte ciò dipese dalla natura delle coste che non concede spiagge sabbiose; ma molto più determinante fu l'approccio meno avido e più riflessivo degli Usticesi al turismo, la loro permanente fedeltà all'economia agricola che automaticamente poneva il turismo come attività complementare e non prevalente. Forse giocò in tale felice congiuntura il fatto che questa comunità è ancora culturalmente attiva e giovane, mentre, quando il turismo si presentò alle sponde eoliane o a quelle delle Egadi, trovò una situazione culturale locale poco alimentata, decadente e molto più vecchia. Perciò a Ustica il rapporto fra isolano e turista si prospettò fin dalle prime battute come uno scambio dinamico e paritetico e non come un ambiguo gioco di sfruttamento, prima a senso unico e poi reciproco. Quanto a espressione di una matura e salda identità sociale, la comunità usticese è simile a quelle di Pantelleria e di Linosa..."

La fotografia riproposta nel post è tratta dal bimestrale "Vie Mediterranee" edito a Palermo nell'ottobre del 1959

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