Ricordo a stento quel terremoto: era la notte fra il 15 ed il 16 gennaio del 1968, ed a Palermo le scosse fecero svegliare e riversare in strada centinaia di migliaia di persone.
Ciò che non ho dimenticato sono i lunghi cortei di automobili, cariche di famiglie, di thermos e di coperte e di oggetti portati via da casa, più per timore dei furti che delle conseguenza del sisma. In via Leonardo da Vinci ed in viale Michelangelo – che allora conservavano ancora qualche area libera dai palazzi tirati su dall'edilizia mafiosa – si formarono dei piccoli accampamenti di persone, raccolte intorno ad improvvisati fuochi.
Nessuno – negli anni in cui non esistevano né i telefoni cellulari né internet – ebbe percezione che quelle scosse, nelle vicine province di Trapani e di Agrigento, avessero provocato una catastrofe: quello che d’ora in poi sarebbe stato indicato come il terremoto del Belìce.
In quella notte palermitana di bivacchi, furono rase al suolo Montevago, Gibellina e Salaparuta; gravi i danni a Santa Ninfa, Santa Margherita Belìce, Poggioreale, Partanna e Menfi; le vittime furono 232, i feriti 623, 40.000 i senza tetto. Alla devastazione ed ai lutti, come scrisse Vittorio Nisticò in ‘Accadeva in Sicilia, gli anni ruggenti dell’”Ora” di Palermo’, si aggiunsero le “vastissime aree di territorio agricolo all’improvviso paralizzate e svuotate di tante giovani energie che si affrettano a riprendere le vie dell’emigrazione”.
Il corso principale di Salaparuta, in una fotografia realizzata da Angelo Oliva nel 1964. Quattro anni dopo, l'intero centro agricolo trapanese venne completamente devastato dal terremoto |
Soltanto il giorno dopo, avuta notizia che il suo paese era ridotto ad un ammasso di macerie, mio padre partì per Salaparuta: un viaggio con la pena e con l’ansia nel cuore, aumentate di minuto in minuto dalle numerose deviazioni stradali, causate dall’inagibilità della strada provinciale che dalla SS113 conduceva ai centri del Belìce. Al suo ritorno a Palermo, aveva ancora negli occhi lo sfacelo della casa dei miei nonni, dove avevo avuto il tempo di trascorre un paio di estati: pochi giorni in tutto, dei quali conservo il ricordo di una cucina rustica ma luminosa, con le graste piene di mandorle e le bottiglie di vetro pronte ad accogliere il loro favoloso latte.
Partendo da quei fatti personali – e dal recupero di alcune vecchie fotografie realizzate da mio padre in paese negli anni precedenti alla sua distruzione – REPORTAGESICILIA offre alcune immagini inedite di Salaparuta.
Per una volta, il recupero di queste immagini non offre la possibilità di una comparazione con luoghi e paesaggi della Sicilia di oggi.
Amarcord di un calcio di altri tempi a Salaparuta: è il settembre del 1935, ed i giocatori di pallone si apprestano a calcare un terreno di gioco fatto più di pietre che di terra |
Volti di persone e scorci di luoghi scomparsi raccontano semplicemente un pezzo di ambiente dell’isola persi per sempre; senza che il Belìce – nel frattempo, 43 anni dopo – abbia trovato occasione di un vero rilancio della sua storia.
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