“Ho scoperto San Vito Lo Capo in un giorno di tarda primavera, agli inizi degli anni Cinquanta. Lo raggiunsi in automobile, dopo un viaggio lunghissimo e pieno di curve. All’epoca l’autostrada Palermo-Trapani non esisteva, vi arrivai attraverso la strada statale 113 e le stesse strade provinciali che si utilizzano ancora oggi: allora però si incrociavano pochissime automobili, erano meno dei carretti e degli asini. Quando raggiunsi San Vito, rimasi quasi accecato dalla sabbia chiarissima della spiaggia e dall’azzurro intenso del mare: il paese era poco più di una macchia di case basse e bianche, gli abitanti sembravano vivere in una dimensione di isolamento dal resto del mondo: era veramente un luogo lontano da ogni quotidianità percepibile nella Sicilia di allora”
Così, qualche anno fa, un anziano avvocato siciliano mi descrisse la sua scoperta di San Vito Capo, la località della costa tirrenica trapanese che di lì a qualche decennio – quando le automobili avevano soppiantato del tutto carretti ed asini - sarebbe diventata il luogo di villeggiatura di molti palermitani.
Ancora alla fine degli anni Settanta, San Vito conservava quasi intatta la sua naturale e selvaggia bellezza: la costruzione di alcuni residence ed i primi arrivi di massa di turisti italiani e stranieri l’hanno in seguito inevitabilmente omologata a decine di altri luoghi di vacanza, siciliani e non. Beninteso: ancor oggi San Vito Lo Capo offre un mare ed un paesaggio che – specie se non li si frequenta in piena stagione estiva – meritano un viaggio ed il desiderio di un ritorno; tuttavia, quella primitiva eccezionalità del paesaggio scoperto dall’avvocato siciliano è persa per sempre: basta fare una passeggiata lungo il corso principale del paese per scoprire due avvilenti file di locali che offrono pranzi a 15 euro ‘tutto compreso’; il ristoratore di una trattoria un tempo conosciuta per la sua ospitalità avvicina gli avventori consegnando loro in strada numeretti per il turno, in maniera sbrigativa ed affatto ospitale.
Da qualche anno, l’avvocato siciliano che mi raccontò della San Vito degli anni Cinquanta non c’è più: ha fatto in tempo a non vederla cambiare aspetto, ed a non stravolgere dunque i ricordi di quella lontana giornata di tarda primavera di mezzo secolo fa. A lui dedico questo post e due fotografie di San Vito Lo Capo e del vicino golfo di Macari che conobbe, rimanendo accecato dalla sabbia e dal mare: gli scatti sono del fotografo cremonese Ezio Quiresi – autore di numerose opere dedicate alla sua città, scomparso nell'agosto del 2010 – e pubblicati nel volume ‘Sicilia’ del TCI del 1961.
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