domenica 4 marzo 2012

ORETO, IL FIUME CHE NON C'E'

Un tratto del fiume Oreto in una fotografia scattata agli inizi dello scorso secolo da Eugenio Interguglielmi.
L'immagine - una stampa all'albumina da lastra alla gelatina di bromuro d'argento - rimanda ad un passato in cui il corso d'acqua palermitano faceva parte del paesaggio urbano e della vita quotidiana di migliaia di persone.
Decenni di inquinamento incontrollato hanno poi quasi cancellato la percezione fisica e la stessa naturale fruizione del fiume. 
La fotografia riproposta da REPORTAGESICILIA è tratta dall'opera 'Fotografi e fotografie a Palermo nell'Ottocento', edito da Alinari ed a cura di Michele Falzone del Barbarò e Monica Maffioli 

Difficile scrivere di un fiume esistente nella realtà fisica del suo territorio, eppure così assente dalla percezione che gli abitanti hanno della sua stessa esistenza; accade a Palermo – città dove il vivere quotidiano si ammanta spesso della logica dell’assurdo – con il fiume Oreto.
Da molti decenni, il corso d’acqua che per meno di 20 chilometri scorre dalle colline della ex Conca d’Oro verso la costa tirrenica di Sant’Erasmo, attraversando i quartieri urbani orientali, è un elemento paesaggistico estraneo alla coscienza del cittadino palermitano.
L’Oreto si snoda invisibile su un letto nascosto da canneti e si scopre soprattutto dai ponti che ne scavalcano il corso verso il mare, inquinato ed imbruttito da rifiuti di ogni sorta. Soffocato dagli scarichi fognari abusivi e dai reflui di scarto di aziende industriali ed agricoli, il fiume di Palermo non è stato neppure un riferimento per cartoline turistiche, opere letterarie o artistiche prodotte in città ( ad eccezione dei riferimenti allegorici e mitologici presenti nei marmi nella cinquecentesca fontana di piazza Pretoria ).
Periodicamente, le autorità comunali, qualche istituto universitario di ricerca scientifica od un'associazione naturalista rilanciano i propositi di una “riqualificazione ambientale” dell’Oreto, favoleggiando l’istituzione di una riserva o la creazione di un parco fluviale. Le buone intenzioni sono rimaste tali almeno dal 1957, quando Giuseppe Caronia, a proposito della stesura del nuovo piano regolatore di Palermo sottolineò “un episodio che ritengo di estremo interesse nella distribuzione del verde nel nuovo piano: la creazione di un grande parco sulle rive dell’Oreto, che risulterebbe ricco di accidentalità naturali estremamente suggestive”.

La pianta di Palermo edita nel 1885 da Vallardi nell'opera 'Atlante Geografico d'Italia' mostra con nettezza ad Est della città il corso del fiume Oreto, sino allo sbocco sulla costa della borgata di Sant'Erasmo.
Ai nostri giorni, la presenza del fiume - ridotto nella stagione estiva ad un rivo maleodorante - è quasi cancellata dalla coscienza dei palermitani, di tanto in tanto ridestata dalle notizie di mai realizzati piani di recupero dell'ambiente fluviale
Di fatto, le uniche suggestioni offerte oggi dal corso d’acqua che sino a qualche secolo fa era ancora in parte navigabile, sono quelle del suo completo degrado ambientale. L’abbandono e gli squarci di miracolosa vita naturale ancora presenti nel fiume sono stati di recente raccontati da Igor D’India, giovane filmaker palermitano, nel documentario ‘Urban adventure’ http://www.igordindia.it/ie/index.php
Come spiega l’autore – che ha percorso a ritroso il letto dell’Oreto, sfidando l’inquinamento e giganteschi topi - il corso d’acqua ospita ogni sorta di rifiuto, “compresi carcasse d’auto e copertoni con i quali si potrebbe creare un museo, perché sono pezzi d’epoca, ma anche mobili, veicoli ed elettrodomestici”. Triste e fino ad oggi immodificabile sorte, quella del fiume di Palermo, e che potrà forse mutare quando e se la città avrà ritrovato la coscienza collettiva della sua esistenza.





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