martedì 20 novembre 2012

LE INFINITE TESTE DI FILIPPO BENTIVEGNA


Filippo Bentivegna in un ritratto fotografico realizzato nel 1957 da Giuseppe Quatriglio e riproposto dal saggio "Contatti-Persone e personaggi del Novecento", edito nel 2004 dalla Fondazione Giuseppe Whitaker Palermo.
ReportageSicilia dedica questo post al pescatore-contadino di Sciacca che per quarant'anni scolpì teste in tufo e legno all'interno del suo podere: una forma autodidatta d'arte che fece seguito ad un trauma psichico patito da Bentivegna durante gli anni d'emigrazione negli Stati Uniti,
fra il 1913 ed il 1919 

E’ stato genericamente descritto spesso come un “artista naif”; una definizione che non indica però la genesi della complessa arte di un uomo divenuto scultore in conseguenza delle traumatiche vicende di cui fu vittima: eventi mai del tutto spiegati con chiarezza, ma dai quali germogliarono le sue ossessive capacità espressive, ancor oggi visibili a Sciacca all’interno del “Giardino incantato”, non lontano dal monte Kronio. 
Un gruppo di teste scolpite nel tufo all'interno del podere di Bentivegna,
nei pressi del monte Kronio di Sciacca.
L'area, denominata "Giardino incantato", è oggi visitabile e malgrado i vandalismi ed i furti del passato conserva la testimonianza della vita di una delle figure più autentiche dell'arte popolare siciliana del XX secolo.

L'immagine è tratta dall'opera di Matteo Collura "Sicilia sconosciuta: itinerari insoliti e curiosi", edita da Rizzoli nel 1985

La storia di Filippo Bentivegna – il pescatore-contadino emigrato negli Stati Uniti e poi tornato nella cittadina agrigentina per scolpire centinaia di teste di tufo o di legno di ulivo o di carrubbo – è così una di quelle vicende umane che ricordano certi personaggi raccontati da Stefano Malatesta nel suo “Il cane che andava per mare ed altri eccentrici siciliani”. 
Le vicende di Bentivegna – nato nel 1888, emigrato nel 1913 prima a Boston, poi a New York e Chicago, quindi tornato a Sciacca nel 1919 con un certificato di infermità mentale conseguenza di un trauma cranico provocato da una randellata, ed infine morto nel 1967 - sono ampiamente descritte in rete; su YouTube sono anche visibili alcuni documentari, come quello realizzato da Novella Aurora Spanò e Piergiorgio Scuteri.


On line è anche possibile leggere le pagine del saggio di Gaetano Rizzo Nervo “L’eccillenza Filippo Bentivegna”, edito da nel 1996 da Luigi Pellegrini editore http://books.google.it/books?id=mEzDqTZqQdwC&printsec=frontcover&dq=filippo+bentivegna&hl=it&sa=X&ei=FaqrUMrLFNCThgfWmoDYBg&ved=0CC4Q6AEwAA
Il libro racconta la vicenda umana ed artistica di un analfabeta che “nella sua solitudine, per tutti i giorni vissuti in quel giardino-paradiso, ha sempre trascorso il suo tempo parlando con tutte quelle teste mute ed il suo linguaggio, via via, ha finito di essere fatto con parole di senso costruito per trasformarsi in un canto, in una litania di vocaboli inventati che in quel luogo, al cospetto del mare d’Africa e nella memoria di trecento anni di presenza saracena, si è arricchita del ritmo e del suono propri del non lontano Maghreb”.

Il saggio di Gaetano Rizzo Nervo "L'eccillenza Filippo Bentivegna", edito nel  1996 da Luigi Pellegrini editore.
Il titolo fa riferimento alla qualifica che lo stesso Bentivegna si attribuiva durante gli incontri con i visitatori del suo
 "Giardino incantato"
  
Malgrado la derisione dei suoi compaesani del tempo – e, dopo la morte, il furto di molte delle teste scolpite dal “pazzo” – l’arte e la storia di Filippo Bentivegna sono ancor oggi visibili all’interno del suo “Giardino incantato”.
Nel frattempo, questo eccentrico siciliano è oggi rappresentato al Museo dell’Art Brut di Losanna www.artbrut.ch, mentre la sua opera è stata oggetto di analisi del critico e filosofo dell’arte Gillo Dorfles.

Una scultura di Filippo Bentivegna esposta al Museo dell'Arte Brut a Losanna.
La struttura ospita le opere d'arte grezza  raccolte secondo le indicazioni del pittore Jean Dubuffet,  che riconobbe le qualità estetiche di quadri e sculture di artisti autodidatti o con patologie psichiatriche.
Negli ultimi anni della sua vita, Bentivegna fu incontrato a Sciacca da un collaboratore di Dubuffet; non senza qualche insistenza, il museo svizzero ottenne dall'ex immigrato la donazione di alcune opere 

In questo post, ReportageSicilia ripropone alcune immagini relative alla figura di Bentivegna, a cominciare da un ritratto che ne fece Giuseppe Quatriglio nel 1957 all’interno del suo podere. Spiegando la genesi di quello scatto, lo stesso Quatriglio svela un aspetto della eccentricità del pescatore-contadino: “Lo scultore naif di Sciacca Filippo Bentivegna non voleva essere ritratto tra le sue ossessive teste di tufo. Le foto furono pertanto scattate a sua insaputa. E costituiscono il documento della sua lucida follia”.

Un ritratto fotografico di Filippo Bentivegna realizzato
negli ultimi  anni della sua vita.
L'immagine - come la precedente riproposta in questo post da ReportageSicilia - è tratta dal sito www.artbrut.ch

   

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