domenica 23 giugno 2013

I CONTASTORIE, GLI ULTIMI RAPSODI DELL'ISOLA

Un contastorie nella Palermo degli inizi del secolo XX.
La fotografia è opera di Eugenio Interguglielmi ed è riproposta dall'opera "Natale e Capo d'Anno" dell'Illustrazione Italiana,
"La Sicilia e la Conca d'oro", Fratelli Treves, Milano, 1908-1909  

"Una volta pare che il contastorie recitasse e d'inverno e d'estate, almeno a Palermo; e d'inverno - scriveva nel 1957 Ettore Li Gotti in "Il teatro dei pupi", riedito da S.F.Flaccovio nel 1978 -  recitasse al coperto nei magazzini vicino alla Cala o vicino alle porte della città.
Il pubblico era composto più di marinai e di scaricatori, come ci dice Vincenzo Linares nel suo racconto, che è del 1837.
Poi, un pò a Catania e un pò a Palermo e un pò altrove, i contastorie han finito per recitare all'aperto, nei giardini, e quindi secondo la stagione, essendo quella invernale meno propizia.
A poco a poco il pubblico dei marinai è diradato anche perchè le zone del porto ( a Palermo ad esempio ) sono state le più danneggiate e sconvolte dai bombordamenti dell'ultima guerra; e le più trasformate dal piccone risanatore...".
La citazione di Li Gotti permette a ReportageSicilia di dedicare un post alle scomparse figure dei contastorie, che sino a 50 anni fa potevano ancora ritrovarsi in qualche piazza dei centri storici dell'isola.

Il contastorie palermitano Giuseppe "Peppino" Celano, 
che svolse il suo "cuntu"
 nel quartiere del Capo e, in seguito, 

nell'area del nuovo Palazzo di Giustizia.
La fotografia riproposta da ReportageSicilia 

è tratta dall'opera
di Ettore Li Gotti "Il teatro dei pupi", 

edita da S.F.Flaccovio nel 1978

I loro progenitori - gli iniziatori di un genere che offriva motivo di ricreazione ad un pubblico esclusivamente maschile - a Palermo hanno i nomi di "maestro Pasquale" ( che nel 1837 recitava in prosa nel piano di Santa Oliva ), "maestro Antonino", Camillo Lo Piccolo, Camillo Camarda ed i figli Nino e Paolo ( che recitavano per gli scaricatori di porto ), del raisi Turi ( che si esibiva al Foro Borbonico oggi Italico, sopra una sedia ).
In tempi più recenti, la lunga lista di contastorie palermitani citati da Ettore Li Gotti comprende i nomi di Giacomo Mira ( detto Rinaldo ), Salvatore Aiello, Francesco Gagliano, Salvatore Ferreri, zu Masi Tantillo, Francesco Russo ( che recitava al Capo nel 1916 ), Gaetano Lo Verde, Salvatore Palermo, don Tanu ( a Villa Bonanno ), don Peppino Celano ( nel quartiere Capo sino al 1953, ed in seguito dietro il nuovo Palazzo di Giustizia ) e don Tommaso Fiorentino ( che dalle 14 alle 16 si esibiva a Villa Giulia ).


Loro colleghi catanesi furono invece, fra gli altri, Giovanni Cifaloto, don Piddu Giammaria detto Orlando, don Puddu detto Burgutano e Giovanni Marino. 
Col passare dei decenni, prima della loro definitiva scomparsa, il repertorio di questi artisti di strada - basato principalmente sulla storia dei paladini e sul  ciclo dei reali di Francia, ( 340 parti di due ore l'una, cioè quasi 700 ore di narrazione ) -  cambiò ispirazione.
Negli ultimi anni della loro attività, i contastorie avrebbero  infatti dato spazio ad opere come "I mafiusi della Vicaria", "Petrosino il poliziotto italo-americano", "I Vespri Siciliani" o il "Brigante Musolino".
In altri casi, invece, le storie avrebbero preso spunto da recenti e lacrimosi fatti di cronaca, spesso interrotte negli snodi salienti per assicurarsi il ritorno del pubblico, il giorno successivo. 
L'ultimo di questi rapsodi popolari è oggi riconosciuto in Francesco "Ciccio" Busacca di Paternò ( 1925-1989 ), la cui fama riuscì ad oltrepassare i confini siciliani, valendogli una collaborazione aristica con Dario Fo e diverse partecipazioni a trasmissioni radiofoniche.
Di lui - e dell'evoluzione dell'arte e del pubblico dei contastorie - avrebbe così scritto nel settembre del 1962 il giornalista Glauco Licata:

Particolare di un cartellone di contastorie dedicato alle gesta
del bandito messinese Pasquale Bruno,
giustiziato a Palermo nel 1803.
L'immagine, accreditata a Publifoto, è tratta dalla rivista trimestrale "Sicilia" edita nel settembre del 1962 dall'Assessorato Regionale
Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Siciliana  

"Quando declama le tristi ed eroiche vicende di Turiddu Carnevale o del bandito Giuliano, piange e trascina alla commozione l'uditorio, composto spesso di qualificati e inizialmente scettici 'curiosi', i quali vengono a volte da lontane città del Settentrione per ricercare col lumicino quel guizzo di poesia popolare che tempi e macchine insidiano ovunque.
Ciccio Busacca - ex contadino analfabeta - compone da sè le strofe che declava accompagnandosi con la chitarra.
Il commento, la morale, è estemporaneo.
A Busacca bisogna chiedere soltanto le epopee di Carnevale e Giuliano.
Ad altri cantastorie - appartenenenti costoro ad una classe tradizionale - bisogna chiedere invece fatti ritenuti dalla tradizione popolare effettivamente accaduti in un trascorso - ma ben circoscritto - periodo storico: il periodo al quale rimandano le avventure di Guerrino il Meschino e quello di Buovo d'Antona.
Il popolo vuol sentirsi ripetere pure questi fatti, retaggio oramai della nazione siciliana". 


Una "Composizione sul contastorie" di Santuzza Calì.
Il disegno è tratto dall'opera "Sicilia" citata da ReportageSicilia
 nella precedente didascalia


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