Un tempo in vendita nelle fiere paesane, da molti anni ormai fanno parte di quel genere di oggetti di uso agricolo e pastorale rintracciabili nei mercatini antiquari o nei ripostigli delle vecchie case rurali.
"Firrizzi", "panari", "cartedde", "coffe", "cavagne", "cufini", "zimmili" e "fasceddi" raccontano il lavoro artigianale un tempo assicurato in Sicilia dall'abilità dei "cannistrari", capaci di creare cesti, canestri e panieri di diverse fogge utilizzando giunco, vimini e canna.
"Tra i diversi tipi - ricordava nel 1966 il saggio "Repertorio dell'artigianato siciliano", edito da Salvatore Sciascia per l'Unione delle Camere di Commercio, Industria ed Agricoltura della Regione Siciliana, con prefazione di Vittorio Fagone - sono particolarmente usati i 'cufini', di grandi dimensioni ( talvolta alti sino ad un metro e mezzo ), costituiti di canna e giunco intrecciati; le 'cartedde', canestri di proporzioni relativamente ridotte che hanno il fondo e i manici in giunco, ma spesso anche tutto il corpo; i 'panari', panieri di giunco, canna e vimini di forme assai varie a seconda della destinazione; così quelli usati per il trasporto del pesce hanno il fondo molto piatto e un manico alto, mentre sono piccoli e profondi in proporzione quelli destinati alla conservazione della frutta.
Le "fasceddi" erano costruite in diverse dimensioni ed erano utilizzate dai pastori nella preparazione delle forme di formaggio e di ricotta. Nella fotografia che segue, il rivestimento di una bottiglia |
La fabbricazione di cesti è attività diffusa in tutta l'isola; però nella Sicilia occidentale sono apprezzati i cesti prodotti a Monreale: qui ogni settimana vengono commerciati.
Ancora ai 'cannistrari' si deve la fabbricazione di piccoli cestini di giunco fittamente intrecciato, 'fasceddi' a corpo stretto e profondo, in genere destinati alla preparazione di ricotte e formaggi.
Il "firrizzu", uno sgabello diffuso soprattutto fra i pastori messinesi dei Peloritani e dei Nebrodi. Sotto, cestini di raffia prodotti nel ragusano |
Nella zona orientale dell'isola questi recipienti, di forma più sottile sono invece di canna legata con sagina; sono confezionati dagli stessi pastori e vengono chiamati 'cavagne'.
I pastori, soprattutto nelle montagne dei Peloritani e dei Nebrodi, usano un tipico sgabello che essi stessi costruiscono: il 'firrizzu' o firrizzo, fabbricato di verghe di ferula intrecciate con virgulti di salice; lo sgabello risulta robusto e nello stesso tempo leggero e facile da trasportare ed è oggi realizzato anche dai cestinai.
Altre forme per la preparazione di prodotti caseari |
Altri tipi particolari di cesti, ottenuti dall'intreccio delle foglie della palma nana nota in Sicilia come 'giummara', sono impiegati per fornire la biada agli animali da soma e da traino quando essi si trovino lontani dalle stalle; questi cesti di forma semicircolare con due manici sono chiamati 'coffe'.
"Bottaccini" di Siracusa, utilizzati per conservare vini di pregio |
Dello stesso materiale sono costituiti i 'zimmili', cesti di profondità sino ad un metro e venti, che vengono usati per il trasporto di materiale agricolo ( paglia, concime etc. ).
Le coffe impiegate per i cavalli dei carretti - conclude il "Repertorio dell'Artigianato Siciliano" - sono spesso decorate con nastri, galloni e cianciane", in ossequio al decorativismo che ha sempre distinto il lavoro degli artigiani dell'isola.
Molto interessante Lo Zimmili ho capito che deriva dalla coffa o coffetta e aveva lo stesso intreccio. A Pantelleria lo Zimmili veniva caricato sull asino per il trasporto dell'uva o dei capperi
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