La denuncia della speculazione edilizia fra il 1956 ed il 1964 in un reportage dello storico dell'arte Giuseppe Agnello
Nell'agosto del 1964 la rivista mensile del Touring Club Italiano "Le Vie d'Italia" pubblicò un reportage che denunciava lo stravolgimento edilizio subìto in quegli anni dal centro storico di Siracusa.
Nell'agosto del 1964 la rivista mensile del Touring Club Italiano "Le Vie d'Italia" pubblicò un reportage che denunciava lo stravolgimento edilizio subìto in quegli anni dal centro storico di Siracusa.
L'articolo - intitolato "Le ferite di Siracusa" - fu firmato da Giuseppe Agnello, uno dei più importanti studiosi siracusani di storia ed architettura della Sicilia.
La rivista del TCI non poteva all'epoca certo definirsi come un periodico radicale o estremista; eppure, Agnello non mancò di elencarvi i numerosi abusi edilizi compiuti in città, chiamando in causa - pur senza fare nomi e cognomi - "il piano regolatore, gli ordinamenti edilizi, le leggi sulla tutela delle cose d'interesse artistico o storico e sulla protezione delle bellezze naturali e panoramiche, che hanno come unici interpreti gli accaparratori delle aree fabbricabili, stretti in una consociazione d'affari, i cui tentacoli si affondano nei più delicati settori della vita pubblica.
Tentare di reciderli è impresa ormai disperata. Proposte di vincoli da parte degli organismi competenti sono state avanzate in questi ultimi anni per porre un freno alla dilagante marea di abusi ma, come è noto, la procedura che dovrebbe renderle operanti è estremamente lunga; ed è proprio nelle more opposte dalla complicata macchina burocratica che l'offensiva, incoraggiata oltretutto dall'abulia della pubblica amministrazione, viene compiendo i maggiori misfatti".
Il reportage del TCI disegnò insomma a Siracusa quella stessa realtà di interessi affaristico-mafiosi che in quegli anni stavano realizzando a Palermo il famoso "sacco edilizio": un metodo clientelare legato agli interessi di pochi costruttori ed applicato alla città capoluogo di quella che era allora definita come una "provincia babba" della Sicilia.
Discussi protagonisti di quella stagione di speculazione - operata senza un piano regolatore e giustificata dall'esigenza di "riparare" i danni provocati dal secondo conflitto mondiale, edificando 27.000 vani fra il 1956 ed il 1958 - furono il sindaco Raffaello Caracciolo ed alcuni assessori comunali ai lavori pubblici, strettamente legati a gruppi di imprenditori locali ( Caracciolo, morto nel 2009, è stato ricordato allora dal sindaco di Siracusa Roberto Visentin come "uno degli artefici della rinascita della città in anni difficili, anni in cui chi amministrava doveva farsi carico anche delle esigenze di una popolazione bisognosa di tutto e piegata dal conflitto" ).
Quella stagione di devastazione incontrollata in una delle città a più alta concentrazione di beni archeologici dell'isola cominciò nel 1956, con una prima lottizzazione fra viale Zecchino e corso Gelone: qui il cemento cominciò a prendere il posto di giardini e ricchi terreni agricoli.
Il racconto di Giuseppe Agnello elenca gli abusi partendo da Ortigia, "colpita da una progressiva forma di deformante alopecia che va facendo, un pò dappertutto, dei vuoti paurosi. Ed è in questi vuoti che la speculazione s'insedia sovrana e dirige, incontrastata, le sue campagne di conquista".
Il trecentesco palazzo Montalto ed il quattrocentesco palazzo Gargallo furono i primi edifici storici "a rimanere sopraffatti e quasi schiacciati dalla massa incombente del progettato casermone a sei e più piani, che s'inserirà fra di essi in maniera anacronistica": un'operazione definita anni dopo da Elio Tocco come "una distruzione sistematica di tutto l'ambiente circostante che ha reso i due palazzi assurdamente avulsi dalla città, imbalsamandoli e distruggendo quel rapporto urbano che è il vitale cordone ombelicale dal quale il monumento dipende".
Tra la via Giudecca e la via Logoteca, di fronte all'ex convento di San Francesco di Paola - scrive ancora Agnello - "si è fatto un pauroso vuoto con l'abbattimento di un nucleo di palazzi barocchi, che, con opportuni e tempestivi restauri, avrebbero potuto conferire alla contrada un tono di più dignitosa elevazione".
Ancora, Agnello segnala la "non migliore sorte riserbata ai grandiosi ruderi dell'Apollonion, tempio arcaico del sesto secolo, nelle cui vicinanze sorgerà un grande edificio bancario" ed il rischio che in piazza Archimede vada presto demolito un "sobrio palazzo barocco".
La famelica smania edilizia di quegli anni non risparmiò a Siracusa neppure gli ultimi resti della cinta muraria di epoca spagnola, le catacombe di Santa Maria, il lungomare ed il paesaggio circostante offerto dall'anfiteatro romano e dal teatro greco.
"Il forte Vigliena - scrive Agnello - è ormai scomparso sotto un'ibrida costruzione moderna, divenuta la meta di ritrovi clandestini. Lo smantellamento del poderoso forte San Giovannello
è pressocché completo. Con falso pudore, che vorrebbe sembrare ancora un residuo senso di rispetto, si è lasciato sopravvivere un lembo di 'crosta', mentre è stato completamente svuotato l'interno per creare un ambiente, vasto come una piazza, destinato ad accogliere baracconi di circhi equestri".
La speculazione edilizia non si fermò in quegli anni neppure dinanzi ai veti della Sopraintendenza, estendendosi le zone dell'alta e bassa Acradina e della Neapoli un tempo occupate da case coloniche ed agrumeti.
"Lo stesso indegno scenario - scriveva Agnello al termine del suo accorato reportage - è stato creato di fronte alla non lontana necropoli di Grotticelle, dove la leggenda addita la tomba di Archimede: pittoresca necropoli, dall'aspetto rupestre, comprendente migliaia di sepolcri, che vanno dal periodo classico fino all'età bizantina. Se il suo carattere monumentale l'ha salvata dall'invasione, non ha potuto evitarne l'accerchiamento, che si va sempre più restringendo, annullandone, in maniera definitiva, il colore ambientale...".
La denuncia di Giuseppe Agnello sull'indiscriminata avanzata del cemento a Siracusa non servì a frenare gli abusi.
Soltanto il 7 maggio del 1976 infatti - 12 anni dopo quel reportage pubblicato su "Le Vie d'Italia" - sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana sarebbe comparsa la legge n.70 sulla "Tutela dei Centri Storici e norme speciali per il quartiere Ortigia di Siracusa e per il centro storico di Agrigento": uno strumento legislativo giunto in ritardo e che, per nuove insipienze e lungaggini della burocrazia, avrebbe trovato applicazione quando il volto di Siracusa mostrava già le incancellabili cicatrici di vecchie ferite.
Accerchiamento edilizio intorno alla necropoli di Grotticelle |
Tentare di reciderli è impresa ormai disperata. Proposte di vincoli da parte degli organismi competenti sono state avanzate in questi ultimi anni per porre un freno alla dilagante marea di abusi ma, come è noto, la procedura che dovrebbe renderle operanti è estremamente lunga; ed è proprio nelle more opposte dalla complicata macchina burocratica che l'offensiva, incoraggiata oltretutto dall'abulia della pubblica amministrazione, viene compiendo i maggiori misfatti".
Demolizioni di edilizia storica nell'isola di Ortigia. La fotografia raffigura il quartiere tra la via Giudecca e via Logoteta |
Altro spianamento di edilizia monumentale fra i palazzi Gargallo e Montalto |
Il reportage del TCI disegnò insomma a Siracusa quella stessa realtà di interessi affaristico-mafiosi che in quegli anni stavano realizzando a Palermo il famoso "sacco edilizio": un metodo clientelare legato agli interessi di pochi costruttori ed applicato alla città capoluogo di quella che era allora definita come una "provincia babba" della Sicilia.
Un angolo dell'anfiteatro romano. La visione di Ortigia venne occultata dai nuovi caseggiati |
Discussi protagonisti di quella stagione di speculazione - operata senza un piano regolatore e giustificata dall'esigenza di "riparare" i danni provocati dal secondo conflitto mondiale, edificando 27.000 vani fra il 1956 ed il 1958 - furono il sindaco Raffaello Caracciolo ed alcuni assessori comunali ai lavori pubblici, strettamente legati a gruppi di imprenditori locali ( Caracciolo, morto nel 2009, è stato ricordato allora dal sindaco di Siracusa Roberto Visentin come "uno degli artefici della rinascita della città in anni difficili, anni in cui chi amministrava doveva farsi carico anche delle esigenze di una popolazione bisognosa di tutto e piegata dal conflitto" ).
I ruderi dell'Apollonion e, dietro, il vuoto ricavato per la costruzione di un edificio bancario |
Un torrione elevato alle spalle del quattrocentesco palazzo Lanza |
Quella stagione di devastazione incontrollata in una delle città a più alta concentrazione di beni archeologici dell'isola cominciò nel 1956, con una prima lottizzazione fra viale Zecchino e corso Gelone: qui il cemento cominciò a prendere il posto di giardini e ricchi terreni agricoli.
Il racconto di Giuseppe Agnello elenca gli abusi partendo da Ortigia, "colpita da una progressiva forma di deformante alopecia che va facendo, un pò dappertutto, dei vuoti paurosi. Ed è in questi vuoti che la speculazione s'insedia sovrana e dirige, incontrastata, le sue campagne di conquista".
Effetti di sventramenti nel cuore dell'edilizia storica |
Un palazzo barocco destinato alla demolizione per fare posto ad un moderno edificio |
Il trecentesco palazzo Montalto ed il quattrocentesco palazzo Gargallo furono i primi edifici storici "a rimanere sopraffatti e quasi schiacciati dalla massa incombente del progettato casermone a sei e più piani, che s'inserirà fra di essi in maniera anacronistica": un'operazione definita anni dopo da Elio Tocco come "una distruzione sistematica di tutto l'ambiente circostante che ha reso i due palazzi assurdamente avulsi dalla città, imbalsamandoli e distruggendo quel rapporto urbano che è il vitale cordone ombelicale dal quale il monumento dipende".
Tra la via Giudecca e la via Logoteca, di fronte all'ex convento di San Francesco di Paola - scrive ancora Agnello - "si è fatto un pauroso vuoto con l'abbattimento di un nucleo di palazzi barocchi, che, con opportuni e tempestivi restauri, avrebbero potuto conferire alla contrada un tono di più dignitosa elevazione".
Ancora, Agnello segnala la "non migliore sorte riserbata ai grandiosi ruderi dell'Apollonion, tempio arcaico del sesto secolo, nelle cui vicinanze sorgerà un grande edificio bancario" ed il rischio che in piazza Archimede vada presto demolito un "sobrio palazzo barocco".
La famelica smania edilizia di quegli anni non risparmiò a Siracusa neppure gli ultimi resti della cinta muraria di epoca spagnola, le catacombe di Santa Maria, il lungomare ed il paesaggio circostante offerto dall'anfiteatro romano e dal teatro greco.
"Il forte Vigliena - scrive Agnello - è ormai scomparso sotto un'ibrida costruzione moderna, divenuta la meta di ritrovi clandestini. Lo smantellamento del poderoso forte San Giovannello
è pressocché completo. Con falso pudore, che vorrebbe sembrare ancora un residuo senso di rispetto, si è lasciato sopravvivere un lembo di 'crosta', mentre è stato completamente svuotato l'interno per creare un ambiente, vasto come una piazza, destinato ad accogliere baracconi di circhi equestri".
La speculazione edilizia non si fermò in quegli anni neppure dinanzi ai veti della Sopraintendenza, estendendosi le zone dell'alta e bassa Acradina e della Neapoli un tempo occupate da case coloniche ed agrumeti.
Il prospetto di un edificio monumentale. La speculazione edilizia compiuta in quegli anni a Siracusa cancellò l'identità architettonica ed il suo omogeneo rapporto con le strade e le piazze della città |
"Lo stesso indegno scenario - scriveva Agnello al termine del suo accorato reportage - è stato creato di fronte alla non lontana necropoli di Grotticelle, dove la leggenda addita la tomba di Archimede: pittoresca necropoli, dall'aspetto rupestre, comprendente migliaia di sepolcri, che vanno dal periodo classico fino all'età bizantina. Se il suo carattere monumentale l'ha salvata dall'invasione, non ha potuto evitarne l'accerchiamento, che si va sempre più restringendo, annullandone, in maniera definitiva, il colore ambientale...".
Proliferazione edilizia sul lungomare di Ortigia. Solo nel 1976 la Regione Siciliana, a speculazione già compiuta, avrebbe varato una legge per la tutela dell'isola |
La denuncia di Giuseppe Agnello sull'indiscriminata avanzata del cemento a Siracusa non servì a frenare gli abusi.
Soltanto il 7 maggio del 1976 infatti - 12 anni dopo quel reportage pubblicato su "Le Vie d'Italia" - sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana sarebbe comparsa la legge n.70 sulla "Tutela dei Centri Storici e norme speciali per il quartiere Ortigia di Siracusa e per il centro storico di Agrigento": uno strumento legislativo giunto in ritardo e che, per nuove insipienze e lungaggini della burocrazia, avrebbe trovato applicazione quando il volto di Siracusa mostrava già le incancellabili cicatrici di vecchie ferite.
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