Le pagine siciliane del Novecento italiano ed europeo raccontato dal giornalista lombardo in "La stanza dei fantasmi": da Lucio Piccolo alla Kalsa, dal pentito di mafia Leonardo Vitale alle altre vittime eccellenti di Cosa Nostra
"E' per delusione, per naturale mancanza di fiducia nei propri mezzi, per la violenza subita da parte di chi detiene il potere che in Sicilia gli strati sociali più aggiornati e immuni dalle tentazioni dell'ambiguità rifuggono dalla politica, sconfitti ed esautorati dalle circostanze, chiusi sempre di più tra loro e in sé stessi".
E' grazie a considerazioni come queste - contenute nel suo ultimo saggio "La stanza dei fantasmi, una vita del Novecento", edito da Garzanti - che Corrado Stajano dimostra di conoscere assai bene contraddizioni e patimenti che hanno accompagnato gli ultimi cento anni della storia italiana.
Questa comprensione - e la lucidità di scrittura necessaria ad esprimerla - riguardano anche eventi e personaggi siciliani.
In mezzo secolo di attività, il giornalista e scrittore lombardo ha dedicato molti reportage e non pochi libri alle vicende dell'isola.
Questa comprensione - e la lucidità di scrittura necessaria ad esprimerla - riguardano anche eventi e personaggi siciliani.
In mezzo secolo di attività, il giornalista e scrittore lombardo ha dedicato molti reportage e non pochi libri alle vicende dell'isola.
La realtà siciliana, le contraddizioni della sua storia, i suoi grandi mali e le sue forti risorse hanno trovato nell'impegno civile di Stajano materia di raffinata analisi.
L'eredità familiare paterna che lo lega a Noto, poi, gli ha fornito quella chiave di comprensione della Sicilia che sfugge a chi l'isola non la possiede come parte della propria identità.
L'eredità familiare paterna che lo lega a Noto, poi, gli ha fornito quella chiave di comprensione della Sicilia che sfugge a chi l'isola non la possiede come parte della propria identità.
La cattedrale di Noto in un acquarello di Guillermo Roux ( 1995 ). Il disegno è tratto dall'opera "Immagini di Sicilia" edita nel 1998 da Novecento |
Insieme a Cremona - sua città natale - Noto era stata nel 2001 una delle due "Patrie smarrite" che Stajano aveva descritto in un libro di ispirazione autobiografica, fra i lontani ricordi dell'infanzia di Noto Antica e Cassibile, di Marzamemi e Pantalica.
Così, la visione isolana di Stajano ha sempre guardato al di là del dato presente, del fatto così come si presenta nel momento in cui se ne scrive o se ne parla.
Avventori del Circolo dei Civili, ad Acireale. La fotografia è di Enzo Sellerio e venne pubblicata nel 1962 dal II volume dell'opera "Sicilia" edita da Sansoni e dall'Istituto Geografico De Agostini |
Nel 1991, ad esempio - in piena stagione milanese di Tangentopoli - Stajano scrisse che il punto centrale degli intrecci fra Stato e malaffare si trovava in Sicilia, e che da quel legame si stava pericolosamente distogliendo l'attenzione.
Le stragi di Capaci e di via D'Amelio, un anno dopo, avrebbero dimostrato la sua capacità di sapere leggere gli avvenimenti oltre il dato fornito dall'attualità.
Alla mafia, Stajano ha dedicato opere come "Mafia, l'atto di accusa dei giudici di Palermo" ( edito da Editori Riuniti, nel 1986 ) ed acutissimi articoli.
Nel 1976, ad esempio, raccontò l'omaggio di politici ed altri notabili alla camera ardente del boss nisseno Calogero Volpe, all'interno del palazzo Comunale di Caltanissetta.
In "La Stanza dei fantasmi", Corrado Stajano dedica alla Sicilia quaranta pagine delle sue "memorie imbrogliate" della storia d'Italia: il capitolo si intitola "Sicilia mia" ( lo stesso titolo di un libro scritto decenni fa da Cesare Brandi ).
Annodando le sue memorie al ricordo di una Sicilia rovesciata visibile in una mappa geografica ai Musei Vaticani, il giornalista rievoca gli incontri con gli ultimi Gattopardi, con il poeta Lucio Piccolo, una passeggiata fra i bambini della Kalsa e la storia del pentito di mafia Leonardo Vitale.
Le pagine finali del capitolo sono le più dolenti.
Stajano ripercorre le vie del centro di Palermo scenario di numerosi omicidi eccellenti di mafia: Piersanti Mattarella, Boris Giuliano, Gaetano Costa, Carlo Alberto dalla Chiesa...
"Sono servite tutte queste morti innocenti? E' la domanda più crudele", si chiede Stajano, lasciando al lettore lo sgomento per quel passato di gravissimi crimini e l'angoscia per l'eterno incerto futuro dell'isola.
ReportageSicilia
Qual'è l'impronta narrativa de "La stanza dei fantasmi"?
Corrado Stajano
"Nel mio libro si compongono tante storie in una sola storia, nel tentativo di dare un'immagine unica del tragico Novecento visto da un 'io mascherato', che sono poi io. I vari racconti compongono così una sorta di romanzo storico"
RS
Il capitolo del libro dedicato all'isola è intitolato "Sicilia mia": qual'è il suo rapporto con questa terra e quali ricordi hanno ispirato la sua narrazione?
CS
"Io sono un siciliano mezzosangue - mio padre era di Noto - ed il mio rapporto con l'isola è di amore e disamore.
Sono stato in Sicilia da ragazzo e poi da adulto ho vissuto gli anni Ottanta e Novanta, nelle fasi più terribili del conflitto di mafia e degli omicidi degli uomini dello Stato.
Nel capitolo de "La stanza dei fantasmi" compio un giro reale lungo le strade di Palermo, dal Teatro Massimo al Politeama, attraverso viale della Libertà, cioè lungo le strade di quei delitti: una sorta di cerchio di morte"
RS
Vale ancora la famosa definizione che Sciascia diede della Sicilia, indicandola come "irredimibile"?
CS
"Direi di sì. C'è nel libro una dolorosa battuta di un barone che avevo conosciuto molti anni fa, Corrado Fatta. Alla mia domanda su come sarebbe stato possibile salvare la Sicilia mi rispose: "tenerla per tre minuti sott'acqua".
Mi sembra che negli ultimi anni vi sia stata un'altalena continua di speranze e delusioni"
RS
Giovanni Falcone scrisse che la mafia, come tutti i fenomeni umani, ha avuto un suo inizio ed avrà un giorno fine.
Qual'è il suo parere su questa previsione?
CS
"Certamente c'è da dire una verità assolutamente elementare.
Se la mafia fosse solo un movimento criminale, in più di cento anni ci sarebbe stato tempo e modo di sconfiggerla. Le connivenze con il potere economico e politico sono i puntelli della mafia, che altrimenti non potrebbe esistere"
RS
A Palermo intanto è in corso il processo sulla trattativa Stato-mafia, di cui si parla molto poco...
CS
"Non è colpa dell'opinione pubblica. Piuttosto le responsabilità mi sembrano da riferire a chi dovrebbe informarla: giornali, radio e televisioni.
E' un processo su fatti di gravità eccezionale, e non mi sembra che sia una volontà di farne oggetto di informazione.
Se questo rapporto fra Stato e mafia è esistito, ed io penso di sì, questa circostanza rende il cittadino assolutamente impotente"
RS
Lei ha conosciuto alcuni scrittori siciliani. Quale le è stato più vicino?
CS
"Vincenzo Consolo è stato un mio grande amico.
Lo avevo conosciuto negli anni Sessanta e questa amicizia è durata fino alla sua morte. Allora, nel gennaio di due anni fa, ne ho tracciato un ricordo sul 'Corriere della Sera'.
E' stato un grande scrittore, non soltanto di Sicilia, ma dell'Europa. L'attenzione nei confronti di Consolo all'estero è superiore a quella che c'è oggi in Italia, con seminari e giornate di studio in Spagna, Irlanda e Francia"
RS
Qual'è la sua visione del futuro della Sicilia?
CS
"Sono in tanti, molti di più di quanto non si pensi, ad aspettare una rinascita civile. Solo che ormai c'è la necessità di fornire loro delle risposte, di offrire reali occasioni di rivalsa.
Come scrivo nell'ultima pagina del mio libro, è venuta a mancare anche la speranza, ma la speranza nella speranza è doverosa"
Alla mafia, Stajano ha dedicato opere come "Mafia, l'atto di accusa dei giudici di Palermo" ( edito da Editori Riuniti, nel 1986 ) ed acutissimi articoli.
Nel 1976, ad esempio, raccontò l'omaggio di politici ed altri notabili alla camera ardente del boss nisseno Calogero Volpe, all'interno del palazzo Comunale di Caltanissetta.
Gli affollati funerali del boss di Riesi Giuseppe Di Cristina, nel 1978. La fotografia è tratta dal saggio di Michele Anselmo "Mafia. Che fare?" edito nel 1983 da Il Foglio Palermo |
In "La Stanza dei fantasmi", Corrado Stajano dedica alla Sicilia quaranta pagine delle sue "memorie imbrogliate" della storia d'Italia: il capitolo si intitola "Sicilia mia" ( lo stesso titolo di un libro scritto decenni fa da Cesare Brandi ).
Annodando le sue memorie al ricordo di una Sicilia rovesciata visibile in una mappa geografica ai Musei Vaticani, il giornalista rievoca gli incontri con gli ultimi Gattopardi, con il poeta Lucio Piccolo, una passeggiata fra i bambini della Kalsa e la storia del pentito di mafia Leonardo Vitale.
Le pagine finali del capitolo sono le più dolenti.
Stajano ripercorre le vie del centro di Palermo scenario di numerosi omicidi eccellenti di mafia: Piersanti Mattarella, Boris Giuliano, Gaetano Costa, Carlo Alberto dalla Chiesa...
"Sono servite tutte queste morti innocenti? E' la domanda più crudele", si chiede Stajano, lasciando al lettore lo sgomento per quel passato di gravissimi crimini e l'angoscia per l'eterno incerto futuro dell'isola.
ReportageSicilia
Qual'è l'impronta narrativa de "La stanza dei fantasmi"?
Corrado Stajano
"Nel mio libro si compongono tante storie in una sola storia, nel tentativo di dare un'immagine unica del tragico Novecento visto da un 'io mascherato', che sono poi io. I vari racconti compongono così una sorta di romanzo storico"
RS
Il capitolo del libro dedicato all'isola è intitolato "Sicilia mia": qual'è il suo rapporto con questa terra e quali ricordi hanno ispirato la sua narrazione?
CS
"Io sono un siciliano mezzosangue - mio padre era di Noto - ed il mio rapporto con l'isola è di amore e disamore.
Sono stato in Sicilia da ragazzo e poi da adulto ho vissuto gli anni Ottanta e Novanta, nelle fasi più terribili del conflitto di mafia e degli omicidi degli uomini dello Stato.
Nel capitolo de "La stanza dei fantasmi" compio un giro reale lungo le strade di Palermo, dal Teatro Massimo al Politeama, attraverso viale della Libertà, cioè lungo le strade di quei delitti: una sorta di cerchio di morte"
RS
Vale ancora la famosa definizione che Sciascia diede della Sicilia, indicandola come "irredimibile"?
CS
"Direi di sì. C'è nel libro una dolorosa battuta di un barone che avevo conosciuto molti anni fa, Corrado Fatta. Alla mia domanda su come sarebbe stato possibile salvare la Sicilia mi rispose: "tenerla per tre minuti sott'acqua".
Mi sembra che negli ultimi anni vi sia stata un'altalena continua di speranze e delusioni"
RS
Giovanni Falcone scrisse che la mafia, come tutti i fenomeni umani, ha avuto un suo inizio ed avrà un giorno fine.
Qual'è il suo parere su questa previsione?
CS
"Certamente c'è da dire una verità assolutamente elementare.
Se la mafia fosse solo un movimento criminale, in più di cento anni ci sarebbe stato tempo e modo di sconfiggerla. Le connivenze con il potere economico e politico sono i puntelli della mafia, che altrimenti non potrebbe esistere"
RS
A Palermo intanto è in corso il processo sulla trattativa Stato-mafia, di cui si parla molto poco...
CS
"Non è colpa dell'opinione pubblica. Piuttosto le responsabilità mi sembrano da riferire a chi dovrebbe informarla: giornali, radio e televisioni.
E' un processo su fatti di gravità eccezionale, e non mi sembra che sia una volontà di farne oggetto di informazione.
Se questo rapporto fra Stato e mafia è esistito, ed io penso di sì, questa circostanza rende il cittadino assolutamente impotente"
RS
Lei ha conosciuto alcuni scrittori siciliani. Quale le è stato più vicino?
CS
"Vincenzo Consolo è stato un mio grande amico.
Lo avevo conosciuto negli anni Sessanta e questa amicizia è durata fino alla sua morte. Allora, nel gennaio di due anni fa, ne ho tracciato un ricordo sul 'Corriere della Sera'.
E' stato un grande scrittore, non soltanto di Sicilia, ma dell'Europa. L'attenzione nei confronti di Consolo all'estero è superiore a quella che c'è oggi in Italia, con seminari e giornate di studio in Spagna, Irlanda e Francia"
RS
Qual'è la sua visione del futuro della Sicilia?
CS
"Sono in tanti, molti di più di quanto non si pensi, ad aspettare una rinascita civile. Solo che ormai c'è la necessità di fornire loro delle risposte, di offrire reali occasioni di rivalsa.
Come scrivo nell'ultima pagina del mio libro, è venuta a mancare anche la speranza, ma la speranza nella speranza è doverosa"
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