Luoghi e volti dell'isola nelle fotografie che nel 1938 illustrarono la guida in lingua francese "Sicile", edita dall'Enit e dalle Ferrovie dello Stato
Si tratta di una guida turistica dell'isola in lingua francese, stampata nel 1938 dall'Istituto Romano di Arti Grafiche Tumminelli di Roma e che all'epoca venne pubblicata anche in lingua italiana ed inglese.
L'interesse e la curiosità di questa guida risiedono in primo luogo nella rappresentazione di alcune località della Sicilia negli anni che avrebbero preceduto il secondo conflitto mondiale.
La scelta delle località ricalca il cliché del tradizionale tour turistico dell'isola: da Palermo a Siracusa, da Erice ( allora Monte San Giuliano ) a Segesta, da Agrigento a Taormina, da Cefalù a Selinunte.
Accanto a immagini di maniera della Sicilia - l'Etna fumante sullo sfondo di un mandorlo in fiore, il chiostro di Monreale o la fontana d'Aretusa con i suoi papiri - i curatori della guida inserirono fotografie meno convenzionali.
La più curiosa - e che potrebbe essere il frutto di un fotomontaggio - è forse quella che ritrae una ragazza che non nasconde gambe e braccia sullo sfondo del porto e del monte Pellegrino, a Palermo.
Un altro singolare scatto sorprende invece i componenti di un gruppo folcloristico mentre osservano divertiti una scena fuori dalla ripresa del fotografo.
Nell'introduzione dell'opuscolo "Sicile" si legge:
Accanto a immagini di maniera della Sicilia - l'Etna fumante sullo sfondo di un mandorlo in fiore, il chiostro di Monreale o la fontana d'Aretusa con i suoi papiri - i curatori della guida inserirono fotografie meno convenzionali.
La più curiosa - e che potrebbe essere il frutto di un fotomontaggio - è forse quella che ritrae una ragazza che non nasconde gambe e braccia sullo sfondo del porto e del monte Pellegrino, a Palermo.
Uno scatto rubato coglie l'immagine non convenzionale di un gruppo folclorico |
Un altro singolare scatto sorprende invece i componenti di un gruppo folcloristico mentre osservano divertiti una scena fuori dalla ripresa del fotografo.
Nell'introduzione dell'opuscolo "Sicile" si legge:
"C'est l'ile de la Méditerranée la plus grande ( sic ), la plus belle et la plus pittoresque...".
La pubblicazione di questa guida coincise con uno dei periodi più oscuri per l'economia turistica della Sicilia, regione al centro del Mediterraneo penalizzata da quelle tensioni ideologico-politiche internazionali che due anni più tardi sarebbero sfociate nella seconda guerra mondiale.
A pesare sui flussi di visitatori stranieri verso l'isola fu anche la politica finanziaria promossa da Mussolini, che rivalutò la lira italiana nei confronti della sterlina ( 90 lire per una sterlina ); la misura ebbe effetti negativi in primo luogo sulle esportazioni dell'industria verso l'estero e sul turismo internazionale in Italia.
Una preziosa ricostruzione della situazione di quegli anni ci viene da un reportage pubblicato nel giugno 1955 dalla rivista mensile del TCI "Le Vie d'Italia", intitolato "La Sicilia e il turismo".
"Tutti i dati di cui possiamo disporre - scriveva Flavio Colutta - ci dimostrano che fino al 1928 il turismo nell'isola era assai fiorente.
Decadde rapidamente subito dopo che il governo emise quel provvedimento finanziario chiamato 'quota 90', che provocò la messa in crisi del movimento turistico in tutto il Paese.
A questo punto vennero avanti le nubi e la Sicilia fu la prima a subirne le pesanti conseguenze, a causa della sua posizione nel punto più lontano dalle frontiere continentali.
Così l'isola, che del turismo aveva sempre fatto gran conto, piombò in uno stato di depressione economica che contribuì per la sua parte a sospingere nel basso l'industria del forestiero.
Nelle popolazioni si venne formando una psicologia di inerzia, di incapacità di progettare e di ardire; poche erano le amministrazioni comunali che avevano a cuore il turismo; ovunque vi era un contrasto evidente tra l'importanza delle città e l'attrezzatura degli alberghi; né le cose andavano meglio per ciò che riguarda i ristoranti e i ritrovi.
L'ultima guerra lasciò l'isola povera di tutto.
Alla vigilia del conflitto, nel 1939, il patrimonio alberghiero era rappresentato in cifra assoluta da 6.711 posti letto, pari al 2,70 per cento del patrimonio nazionale. Nella graduatoria la Sicilia veniva undicesima.
I risultati conclusivi della guerra furono disastrosi; il bilancio delle perdite per requisizioni, bombardamenti, occupazioni, desolante.
Nel 1944 l'isola poteva contare su 2352 posti letto; in altre parole la Sicilia aveva perduto 4.359 posti letto ( in particolare Taormina registrò una perdita di circa 1.000 posti letto ), e cioè il 60 per cento della disponibilità d'anteguerra.
Il prezzo di tanta rovina? Oltre un miliardo di lire...".
Ai nostri giorni, il turismo è una delle poche risorse economiche dell'isola.
I dati dell'Osservatorio Turistico della Regione indicano in 4.332.589 gli arrivi e in 14.218.445 le presenze nel 2012; in 201.772 invece i posti letti, suddivisi fra le varie categorie di alberghi, i campeggi, gli agriturismo, i BB e gli alloggi in affitto.
Nel corso del 2013, località come Cefalù, Taormina e le isole Eolie hanno visto diminuire il numero di visitatori, complice a volte la carenza di servizi essenziali di accoglienza ( la recente denuncia sul precario stato di quelli igienici del teatro antico di Taormina ne è solo un esempio ).
Così, fra musei spesso chiusi e difficoltà di gestione economica di monumenti ed aree archeologiche sul turismo isolano - ormai lontani i tempi delle penalizzanti politiche fasciste - pesano ancora le parole raccolte da Flavio Colutta nel 1955:
"Ci diceva uno studioso, parlando amaramente dei monumenti antichi di Catania:
'Può la Sicilia tenere una parte delle sue inestimabili meraviglie in stato di abbandono?
Sono queste le cose che i turisti si attendono dalla Sicilia, che vengono a vedere in Sicilia: una manifestazione sportiva in più o in meno, non ci se ne accorge neppure...'".
Il prospetto di castello Utveggio, in cima al Pellegrino, a Palermo. All'epoca della fotografia, l'edificio ospitava un albergo di lusso che durante la guerra sarebbe stato utilizzato come base militare |
La pubblicazione di questa guida coincise con uno dei periodi più oscuri per l'economia turistica della Sicilia, regione al centro del Mediterraneo penalizzata da quelle tensioni ideologico-politiche internazionali che due anni più tardi sarebbero sfociate nella seconda guerra mondiale.
A pesare sui flussi di visitatori stranieri verso l'isola fu anche la politica finanziaria promossa da Mussolini, che rivalutò la lira italiana nei confronti della sterlina ( 90 lire per una sterlina ); la misura ebbe effetti negativi in primo luogo sulle esportazioni dell'industria verso l'estero e sul turismo internazionale in Italia.
Sciatori di fondo sulla neve dell'Etna |
Una preziosa ricostruzione della situazione di quegli anni ci viene da un reportage pubblicato nel giugno 1955 dalla rivista mensile del TCI "Le Vie d'Italia", intitolato "La Sicilia e il turismo".
"Tutti i dati di cui possiamo disporre - scriveva Flavio Colutta - ci dimostrano che fino al 1928 il turismo nell'isola era assai fiorente.
Decadde rapidamente subito dopo che il governo emise quel provvedimento finanziario chiamato 'quota 90', che provocò la messa in crisi del movimento turistico in tutto il Paese.
A questo punto vennero avanti le nubi e la Sicilia fu la prima a subirne le pesanti conseguenze, a causa della sua posizione nel punto più lontano dalle frontiere continentali.
Bagnanti sulla spiaggia di Mazzarò |
Così l'isola, che del turismo aveva sempre fatto gran conto, piombò in uno stato di depressione economica che contribuì per la sua parte a sospingere nel basso l'industria del forestiero.
Nelle popolazioni si venne formando una psicologia di inerzia, di incapacità di progettare e di ardire; poche erano le amministrazioni comunali che avevano a cuore il turismo; ovunque vi era un contrasto evidente tra l'importanza delle città e l'attrezzatura degli alberghi; né le cose andavano meglio per ciò che riguarda i ristoranti e i ritrovi.
L'ultima guerra lasciò l'isola povera di tutto.
Una classica vista di Cefalù. L'immagine rivela l'originario ambiente naturale della sua periferia, lungo il tracciato dell'attuale strada statale 113 |
Alla vigilia del conflitto, nel 1939, il patrimonio alberghiero era rappresentato in cifra assoluta da 6.711 posti letto, pari al 2,70 per cento del patrimonio nazionale. Nella graduatoria la Sicilia veniva undicesima.
I risultati conclusivi della guerra furono disastrosi; il bilancio delle perdite per requisizioni, bombardamenti, occupazioni, desolante.
Nel 1944 l'isola poteva contare su 2352 posti letto; in altre parole la Sicilia aveva perduto 4.359 posti letto ( in particolare Taormina registrò una perdita di circa 1.000 posti letto ), e cioè il 60 per cento della disponibilità d'anteguerra.
Il prezzo di tanta rovina? Oltre un miliardo di lire...".
Ai nostri giorni, il turismo è una delle poche risorse economiche dell'isola.
I dati dell'Osservatorio Turistico della Regione indicano in 4.332.589 gli arrivi e in 14.218.445 le presenze nel 2012; in 201.772 invece i posti letti, suddivisi fra le varie categorie di alberghi, i campeggi, gli agriturismo, i BB e gli alloggi in affitto.
Nel corso del 2013, località come Cefalù, Taormina e le isole Eolie hanno visto diminuire il numero di visitatori, complice a volte la carenza di servizi essenziali di accoglienza ( la recente denuncia sul precario stato di quelli igienici del teatro antico di Taormina ne è solo un esempio ).
Così, fra musei spesso chiusi e difficoltà di gestione economica di monumenti ed aree archeologiche sul turismo isolano - ormai lontani i tempi delle penalizzanti politiche fasciste - pesano ancora le parole raccolte da Flavio Colutta nel 1955:
"Ci diceva uno studioso, parlando amaramente dei monumenti antichi di Catania:
'Può la Sicilia tenere una parte delle sue inestimabili meraviglie in stato di abbandono?
Sono queste le cose che i turisti si attendono dalla Sicilia, che vengono a vedere in Sicilia: una manifestazione sportiva in più o in meno, non ci se ne accorge neppure...'".
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