giovedì 28 agosto 2014

GLI SPAGHETTI D'AGOSTO DI GIUSEPPE LONGO

Il rapporto fra gastronomia e scrittori di Sicilia: l'esempio del saggista e giornalista messinese, cultore di una ricetta ispirata ai semplici sapori dell'isola

Fotografia di ReportageSicilia


Si racconta che la titolare di un agriturismo nelle campagne di Agrigento sia solita portare sulle tavole dei suoi ospiti "continentali" vassoi di frittura fumante; e che nel servirla sui piatti, declami "ed ecco i famosi arancini siciliani del commissario Montalbano!", suscitando immediati applausi e languori fra i presenti milanesi o romani.
Detto che la millenaria storia degli arancini ( o delle arancine, secondo la denominazione più in voga utilizzata a Palermo ) nulla ha a che fare con le gesta del poliziotto creato da Camilleri - cui l'agriturismo dovrebbe versare le royalties per l'appropriazione del personaggio - è indubbio lo stretto rapporto che lega gli scrittori isolani alla loro gastronomia.
Da Tomasi di Lampedusa a Consolo, da Bufalino a Sciascia ( celebre il suo "la piazza era silenziosa nel grigio dell'alba, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice: solo il rombo dell'autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante e ironica" ), la letteratura siciliana celebra spesso i piatti della tradizione regionale.
A questa consuetudine non si è sottratto neppure il giornalista e scrittore messinese Giuseppe Longo, autore del saggio "La Sicilia è un'isola" ( Martello, 1962 ) e del romanzo "L'isola perduta" ( Mursia, 1970 ).
   

Il giornalista e scrittore messinese Giuseppe Longo.
La fotografia è tratta dal saggio di Guglielmo lo Curzio
"Questi siciliani", edito da Mursia nel 1989


Ha scritto infatti un altro saggista messinese, Guglielmo Lo Curzio, commentando un articolo giornalistico di Longo:

"Non avremmo mai immaginato che, fra articoli di critica - si legge in "Questi siciliani", edito da Mursia nel 1989 - ci toccasse di dovere parlare di lui gastronomo, rivelandolo in un profilo del tutto insospettabile, e per giunta esponente dei più preparati ed esigenti della scienza cuciniera, non senza qualche sorpresa in merito a certi piatti, diciamo così, di umili e quotidiane origini, del tutto privi di blasoni culinari, apparentemente fuori da ogni fasto e gloria, e non tali da generar problemi di arte buongustaia...
Sentite Longo:

'Gli spaghetti sono la pasta più difficile da cuocere, e non ci basta l'animo, dopo 52 anni di approcci, di affrontarne la cottura a cuor leggero, senza il riguardo che gli spetta.
In verità, gli spaghetti, che sembrano il piatto più semplice e ovvio, sono invece una pietanza di elementare e difficilissima preparazione, e soltanto pochi iniziati riescono a gustarli cotti a puntino'.

Egli fa anche sapere che l'ideale sarebbe poterli mangiare in Sicilia, in casa di qualche contadino, in campagna, alla stagione dei pomodori, in agosto, con olio non ancora giunto ai centri di sofisticazione.
Gli spaghetti, come avrete capito, Longo li sogna siciliani al cento per cento. Non ci son cristi:

'un buon piatto di spaghetti al pomodoro con le fette di melenzane, tagliate per il corto, stese sopra, con alcune foglioline di basilico, infrante, irrorate di parmigiano.
Che tenerezza!'"
  


 



1 commento:

  1. Quante royalties dovresti versare tu per le citazioni fatte? Cretino e banale

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