sabato 15 novembre 2014

L'ATTRAZIONE SCICLITANA

Terra descritta da pittori, scrittori e intellettuali, Scicli sembra essere uno dei luoghi più carichi di ispirazione dell'isola
  
Una veduta di Scicli in una fotografia senza attribuzione
degli anni Cinquanta pubblicata nell'opera "Sicilia",
edita nel 1982 da EDIC Milano
per la collana "Regioni d'Italia" 

"Piombati attraverso cento e più chilometri di Sicilia verde, deserta, araba, greca, gesuita, coperta di fiori e di pietre, con mucchi di città incolori, raggrumate, senza periferia, come le città dei quadri sui fronti delle colline, nelle vallate, un gruppo di gente era ad aspettarci nella piazzetta giallognola di Scicli...".
Fu nella primavera del 1959 che Pierpaolo Pasolini descrisse così la provincia ragusana nel suo viaggio di avvicinamento verso un luogo che Elio Vittorini, in quel periodo, aveva descritto come "forse la più bella di tutte le città del mondo".


Una veduta di palazzo Beneventano
del fotografo M. Pedone.
L'immagine venne pubblicata nell'opera Federico De Agostini
 "Sicilia", edita nel 1965 da Bonetti Editore
per la collana "Italgeo"

Pasolini raggiunse Scicli in compagnia di Carlo Levi, Renato Guttuso, Antonello Trombadori, Paolo Alatri e Maria Antonietta Macciocchi, ospiti del Circolo Vitaliano Brancati: circostanza che testimonia l'attenzione di artisti, scrittori e pittori per questo piccolo paese ibleo rinato dopo il terremoto del Val di Noto.
Di Scicli e della sua storia - fra realtà e leggende popolari - si legge nel libro del giudice Severino Santiapichi "Romanzo di un paese" ( Rizzoli, 1995 ), mentre le cronache locali trovano da quarant'anni spazio nel periodico "Il Giornale di Scicli" http://www.ilgiornalediscicli.it/.
Ultimo capitolo dell'attrazione sciclitana è poi la notorietà televisiva procurata dall'ambientazione della serie del commissario Montalbano. 


Piero Guccione è stato tra i fondatori
del "Gruppo di Scicli", che ha riunito pittori isolani
e della penisola nella raffigurazione di temi
che si ispirano ai paesaggi ed alle atmosfere
della provincia ragusana.
Dal sito http://www.pieroguccione.it/
ReportageSicilia ripropone alcune opere
dell'artista sciclitano.
Il pastello del 2010 prende il nome di
"La grande ombra su Noto"



Ma alla cittadina ragusana è soprattutto legato il nome di una scuola pittorica siciliana - definita appunto, "Gruppo di Scicli" - che agli inizi degli Ottanta comprese ,fra gli altri, Piero Guccione, Franco Sarnari, Giovanni La CognataGiovanni Iudice http://www.ilgruppodiscicli.it/storia.htm.
Renato Guttuso definì l'attività di quegli artisti "un'isola di purezza di intenti", lamentando che "di quella piccola scuola di pittori l'Italia non sapesse nulla, di cui le Biennali non sanno niente o non gliene importa nulla di saperne".


"Collina vicino Modica dopo il tramonto",
pastello del 1985, sito citato

Nel 2004, la giornalista Lea Mattarella avrebbe così descritto l'attività del "Gruppo di Scicli", mettendo in relazione il linguaggio dei suoi pittori con "la luminosità quasi eccessiva di questi luoghi siciliani":

"E' composto da personalità e linguaggi autonomi, originali e anche distanti fra di loro.
Sono artisti di diverse generazioni, nati in Sicilia, magari migrati per qualche tempo in giro per l'Italia, ma poi tornati qui a cercare di rendere tangibile con la loro opera la profondità, la struggente bellezza di quella che Gesualdo Bufalino chiamava 'l'isola plurale'...


"Grande pascolo di agosto", 1983, tecnica mista,
sito citato

Ci sono Sarnari e Guccione nelle vesti di veri e propri catalizzatori di energie.
Il primo mostra dettagli di corpi ingigantiti da una prospettiva ravvicinata e rivela un'attrazione fatale verso un'astrazione apparentemente involontaria.
Guccione dipinge paesaggi infiniti, in cui l'occhio si perde e ritrova una bellezza che credeva dimenticata ed invece era lì ad attendere di essere svelata.


"Paesaggio di luglio", 1989, pastello,
sito citato

A questo proposito è fulminante Vincenzo Consolo che scrive di come l'artista, tornato a Scicli da Roma alla fine degli anni Settanta, 'non ricerca ma ritrova la sua luce, i suoi campi, i suoi cieli, il suo mare'.
Pittura di grande intensità è quella di Giovanni La Cognata che fra le strade di Palermo coglie i lati più segreti della città, quelli di 'luce e lutto', per citare ancora Bufalino.
E quella di Giovanni Iudice, con i suoi interni di cui pare di sentire il caldo. E infatti le donne che dipinge si spogliano e seducono quasi loro malgrado. Sembrano appena uscite da una pagina di Vitaliano Brancati ( ancora uno scrittore! ).


"Forma vagante", 2008-2009,
sito citato

Poi, naturalmente, c'è il colore, la luminosità eccessiva di queste parti: ne sono incantati interpreti come Franco Polizzi, Sonia Alvarez, Giuseppe Colombo, Salvatore Paolino, evocatore anche di misteriose figure della notte.
E poi c'è il mito, un'idea primordiale incarnata dai paesaggi di Lissandrello e Chessari e dalle figure scolpite di Candiano: tra le loro opere sembrano nascondersi gli antichi dei"



Nel 2009, un altro scrittore sarebbe arrivato a Scicli per incontrare Piero Guccione.
Si trattava di Stefano Malatesta, che di quel viaggio e della precedente vendita di un "bellissimo pastello" regalatogli anni prima da Guccione - "segno di un'amicizia non superficiale", ricorda Malatesta - avrebbe fatto materia di un capitolo del suo "La pescatrice del Platani e altri imprevisti siciliani" ( Neri Pozza, 2011 ).
L'incontro con Guccione - tornato nel luogo natìo da Roma dopo l'acquisto di una casa a Cala d'Alga - sarebbe però fallito, non senza una sorpresa:


"Un paio di anni fa sono tornato a Scicli.
Ma non riuscivo a trovare la strada che portava alla sua casa di campagna.
Quando ho chiesto informazioni ad un ragazzo che usciva da un casolare guidando una motoretta, mi sono sentito rispondere:
'Ma chi, il Mahatma?'"


"Il porto di Messina", 1993-1996,
sito citato


In un altro capitolo del libro, Malatesta avrebbe così descritto l'ispirazione e le difficoltà tecniche offerte ai pittori dalla luce e dai toni accesi dei colori siciliani, così presenti nella ricerca del "Gruppo di Scicli":

"La luce del sud ha spesso affascinato, ma ancora di più spaventato, i pittori forestieri almeno fino a quando la pittura è stata un'arte fondata su una tecnica che s'imparava faticosamente con gli anni a bottega o privatamente ( da come l'apprendista riusciva a impastare colore e luce si facevano scommesse sulla sua carriera" ).
Non sto parlando della luce cristallina dell'Attica in primavera o dell'atmosfera simile a un pulviscolo rosato di Roma in autunno.
Sto parlando di quel laser che illumina impietosamente le torride estati di alcune aree del Mediterraneo, così forte da annullare ogni rilievo e da schiacciare la prospettiva in un unico piano.


Paesaggio per il Gattopardo", 1987,
sito citato

La Sicilia è sempre stata una terra dove il mare sembra più blu, il cielo più violetto, la terra nello stesso tempo più aspra e più lussureggiante, con i colori e i sapori diversi o più forti, di cui i siciliani menano gran vanto.
La trasposizione di questi fenomeni di una natura generosa in opere d'arte presenta sempre difficoltà, perchè i tramonti infuocati, il mare che passa dal turchino al verde giada, il vulcano che erutta lava incandescente, risultano eccessivi a tradurli in una pittura accettabile, che sia giustamente colorata, ma non folkloristica, che non esiti a rendere la forza dei paesaggi, ma che non cada nel genere 'impepata di cozze'...".


Piero Guccione in una delle fotografie
tratte dal sito http://www.pieroguccione.it/.
L'artista di Scicli ha lungamente lavorato a Roma
per poi tornare nei luoghi di origine


   






    

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