Il paesaggio della Conca d'oro ai piedi del complesso architettonico normanno in quattro fotografie e in una litografia, dal 1836 agli inizi degli anni Cinquanta
"S'apre tutt'intorno uno scenario immane di pareti e strapiombi e, dinanzi, una veduta da togliere il fiato.
Una vista della Conca d'oro e le case di Monreale. La fotografia di Rudolf Pestalozzi è tratta dall'opera "Sicilia" di Giovanni Comisso edita a Ginevra nel 1953 da Pierre Callier |
La mia piccola realtà umana è minimizzata, l'occhio è impotente ad assorbire nel suo limite l'immensa conca smagliante di aranceti, la chiostra vaporante dei monti che l'incastonano, la mobile e fulgida luce della rada di Palermo...
Ai miei occhi, questo paesaggio ha la purezza, l'essenzialità antica e casta di una pastorale..."
Nel 1958 la scrittrice e giornalista milanese Delfina Pettinati così descrisse il paesaggio di Monreale della Conca d'oro dopo una breve scarpinata che la condusse sino al Santuario della Madonna delle Croci, sulle pendici di monte Caputo.
Almeno sino a quel periodo fitti giardini ed orti lambivano ancora integri la cittadina palermitana, cresciuta secoli prima intorno al complesso architettonico del Duomo normanno.
Il Duomo di Monreale, costruito a ridosso dei giardini di aranci della Conca d'oro. La fotografia è ancora una volta di di Rudolf Pestalozzi, opera citata |
Almeno sino a quel periodo fitti giardini ed orti lambivano ancora integri la cittadina palermitana, cresciuta secoli prima intorno al complesso architettonico del Duomo normanno.
A partire dal secondo dopoguerra, l'inarrestabile attività edilizia e lo sviluppo della viabilità - oltre a cancellare le campagne più vicine alle vecchie mura di Palermo - hanno intaccato pesantemente il patrimonio ambientale delle campagne monrealesi.
A farne le spese sono stati soprattutto i fitti agrumeti che dalla seconda metà dell'Ottocento dalla periferia cittadina si spingevano lungo il corso dell'Oreto, inglobando i giardini di Monreale, di San Martino delle Scale e di Altofonte.
La trasformazione urbanistica di Palermo non ha risparmiato neppure l'alberatura disposta alla fine del secolo XVI lungo lo stradone che collegava la città a Monreale.
"Era un doppio filare di pioppi, integrati nel 1628 da platani - ha scritto Giuseppe Barbera in "Conca d'oro" ( Sellerio 2012 ) - piantati lungo una 'strada di gran comodo', per le ragioni dichiarate di rimediare "all'oltraggio, che faceva il sole al tempo dell'està ai Monrealesi perché quelli, venendo la mattina a Palermo, avevano il sole negli occhi e similmente la sera quando tornavano"
Le immagini riproposte da ReportageSicilia documentano il vecchio volto rurale di Monreale e restituiscono un'idea della "immensa conca smagliante" ammirata da Delfina Pettinati poco meno di sessant'anni fa da monte Caputo.
La scomparsa di quel paesaggio hanno tolto molto al fascino del Duomo e del suo famoso chiostro, che gli architetti di età normanna progettarono e realizzarono su una quinta prospettica a vista su uno straordinario scenario ambientale.
Le fotografie di quel paesaggio perduto sono tratte dalla guida "Sicilia" edita nel 1921 dal Touring Club Italiano e dall'Ente della Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato per la collana "Guide regionali illustrate", e dall'opera "Sicilia" di Giovanni Comisso, edita a Ginevra nel 1953 da Pierre Cailler ( i due scatti portano la firma di Rudolf Pestalozzi ).
Il disegno con la veduta di Monreale e le campagne circostanti è invece una litografia datata 1836 di Ferdinando Cona prodotta da Minneci e Filippone a Palermo.
A farne le spese sono stati soprattutto i fitti agrumeti che dalla seconda metà dell'Ottocento dalla periferia cittadina si spingevano lungo il corso dell'Oreto, inglobando i giardini di Monreale, di San Martino delle Scale e di Altofonte.
Una veduta di Monreale agli inizi del Novecento tratta dalla guida "Sicilia", edita nel 1921 dal Touring Club Italiano e dall'Ente della Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato |
La trasformazione urbanistica di Palermo non ha risparmiato neppure l'alberatura disposta alla fine del secolo XVI lungo lo stradone che collegava la città a Monreale.
"Era un doppio filare di pioppi, integrati nel 1628 da platani - ha scritto Giuseppe Barbera in "Conca d'oro" ( Sellerio 2012 ) - piantati lungo una 'strada di gran comodo', per le ragioni dichiarate di rimediare "all'oltraggio, che faceva il sole al tempo dell'està ai Monrealesi perché quelli, venendo la mattina a Palermo, avevano il sole negli occhi e similmente la sera quando tornavano"
Le immagini riproposte da ReportageSicilia documentano il vecchio volto rurale di Monreale e restituiscono un'idea della "immensa conca smagliante" ammirata da Delfina Pettinati poco meno di sessant'anni fa da monte Caputo.
La scomparsa di quel paesaggio hanno tolto molto al fascino del Duomo e del suo famoso chiostro, che gli architetti di età normanna progettarono e realizzarono su una quinta prospettica a vista su uno straordinario scenario ambientale.
Una veduta di Monreale dalle campagne di Palermo. Anche questa fotografia è tratta dalla guida "Sicilia", opera citata |
Le fotografie di quel paesaggio perduto sono tratte dalla guida "Sicilia" edita nel 1921 dal Touring Club Italiano e dall'Ente della Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato per la collana "Guide regionali illustrate", e dall'opera "Sicilia" di Giovanni Comisso, edita a Ginevra nel 1953 da Pierre Cailler ( i due scatti portano la firma di Rudolf Pestalozzi ).
Il disegno con la veduta di Monreale e le campagne circostanti è invece una litografia datata 1836 di Ferdinando Cona prodotta da Minneci e Filippone a Palermo.
Una litografia di una veduta di Monreale realizzata nel 1836 da Ferdinando Cona, opera citata |
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