Immagini delle credenze magiche nell'isola in un reportage dell'etnologo Ernesto De Martino pubblicato nel 1958 da "L'Illustrazione Italiana"
"Questa immagine di un amuleto siciliano contro il malocchio può servire di simbolo per l'ampia e curiosissima inchiesta che 'L'Illustrazione Italiana' dedica in questo numero alla superstizione in Italia.
Alcuni dei più curiosi cerimoniali ancora in uso oggi in molte zone del Meridione, vengono illustrati dal professor Ernesto De Martino, uno dei maggiori esperti in materia.
L'inchiesta, accompagnata da una vasta documentazione fotografica, apre prospettive per molti inaspettate sul sopravvivere di forme magiche anche in epoca atomica"
Con questa didascalia il mensile "L'Illustrazione Italiana" commentò nel maggio del 1958 la copertina di un numero che diede spazio a un resoconto delle pratiche e delle credenze popolari nelle regioni del Sud d'Italia.
Il reportage - illustrato da tre fotografie realizzate a Palermo, nel catanese ed a Comiso - fu affidato ad uno studioso ( 1908-1965 ) all'epoca già considerato il massimo esponente italiano delle discipline etno-antropologiche, già esposte nei saggi "Il mondo magico" ( 1947 ), "Morte e pianto rituale nel mondo antico" ( 1948 ), "Sud e magia" ( 1959 ) e "Terra del rimorso" ( 1961 ).
Insieme alla "curiosissima inchiesta" intitolata "Fattucchiere, maghi e scongiuri" di Ernesto De Martino, quel numero della rivista edita a Milano da Garzanti presentava fra gli altri articoli un carteggio inedito tra Einstein e Freud e l'ultima parte dell'indagine "Risultati e aspettative della scienza".
Facile dunque scorgere oggi in quelle pagine dedicate alla superstizione nel Meridione la rappresentazione del divario culturale e sociale fra il Nord e il Sud d'Italia incapace di modernizzare la sua identità rurale: un solco economico che nel 1958 stava diventando profondissimo e testimoniato dall'emigrazione disperata verso le città industriali del Paese.
La lettura di questo contesto storico e sociale affiora con chiarezza nel reportage dello studioso napoletano.
La sua visione razionalistica delle credenze popolari nelle aree più arretrate dell'Italia - e fra queste, la Sicilia - dà infatti conto delle condizioni di sottosviluppo che ancora ai nostri giorni ne causano limitati casi di sopravvivenza.
Incantesimi, fatture e altri riti magici descritti da "L'Illustrazione Italiana" sono un altro elemento di analisi sociologica per comprendere la drammatica spaccatura economica e sociale dell'Italia:
"Per quanto culturalmente miserabili - scrive Ernesto De Martino - i comportamenti superstiziosi hanno tuttavia le loro ragioni, ubbidiscono ad una loro coerenza, e svolgono in condizioni determinate una funzione definita.
Essi tendono ad eliminare, o almeno a ridurre, gli elementi di incertezza della vita reale, e la prospettiva di incidenti e di resistenze possibili che occorrerebbe affrontare con piena responsabilità e consapevolezza individuali.
Mediante i comportamenti superstiziosi il divenire della storia è sottratto al peso della decisione individuale realisticamente orientata e consapevole di sé, ed è ricondotto ad una decisione fantastica e arbitraria, che riassorbe l'incerto nel certo, ed elimina nell'immaginazione gli incidenti e le resistenze a cui vanno incontro i desideri umani.
Al limite, il mondo della superstizione è un mondo in cui sostanzialmente non accade nulla: il superstizioso, protetto dai suoi amuleti, tende appunto a vivere in un mondo del genere, senza incidenti e senza storia, senza rischi e senza vere respèonsabilità morali.
Ben si comprende come i comportamenti superstiziosi affondino le loro radici in una condizione di miseria psicologica, cioè di minorata forza morale di decisione e di scelta a cagione di un regime di esistenza in cui l'angustia dello sviluppo civile moltiplica i motivi di insicurezza, intensifica il senso di precarietà dei beni elementari della vita, e assegna all'efficacia dell'azione umana, realisticamente orientata, una prospettiva limitata, compromessa e annientata di continuo da forze naturali e sociali non dominabili.
La condizione di miseria psicologica ci aiuta dunque a comprendere la genesi e la funzione della superstizione, ma a sua volta la debolezza morale del superstizioso accenna a determinati regimi esistenziali e a determinate strutture della società.
La superstizione e la magia fioriscono nelle società cosiddette primitive, dove il distacco dalle condizioni naturali non va oltre la raccolta e la caccia, o la pastorizia nomade, o l'agricoltura della zappa; si mantengono nelle civiltà cerealicole del mondo antico, almeno nella misura in cui la fondamentale economia agricola lasciava ancora largo margine alla precarietà dei beni, alla incertezza del futuro e alla insicurezza civile; e ancora oggi sopravvivono nelle aree arretrate della civiltà moderna non ancora raggiunte dalla trasformazione industriale, o anche presso quei ceti medi cittadini che vanno perdendo la funzione attiva che in altra epoca hanno avuto"
Le fotografie dell'inchiesta dell'"Illustrazione Italiana" vengono ora riproposte da ReportageSicilia insieme alle didascalie che le commentarono.
Quelle immagini e quelle parole diventano così un documento del "sentimento di classe" che una parte della pubblicistica del Nord Italia mantenne allora nei confronti della realtà meridionale, "sangue ed anima" del così detto "boom economico".
Fra i soggetti di quegli scatti vi è una donna indicata come "indovina" a Comiso; si tratta forse di uno dei vecchi compaesani così descritti da Gesualdo Bufalino in "Museo d'Ombre", edito da Bompiani nel 1993:
"Fu con la mano nella mano di una vendicativa prozia che conobbi bambino le magarie di Donna Tònchila Scaglione.
Magarie contro un baffuto seduttore in paglietta: il primo che da noi osasse uscire a braccio con una ballerina di varietà; l'unico di cui si conta e riconta che con le carezze della parola e le coltellate degli occhi, e abbagliandola con un riso di pròtesi d'oro, seppe persuadere al peccato la ricca zitella Maugerri Isidora, terziaria di San Francesco.
Ma in me in quel pomeriggio un'immagine sola resiste: d'una fotografia di lui, che brucia e si raggrinzisce in un ramaiuolo, mentre una voce adunca, di sotto un fazzoletto da testa color tanè, ripete narcoticamente incantevoli nomi di diavoli: Furcu, Rifurcu, Lurcu, Cataturcu..."
Insieme alla "curiosissima inchiesta" intitolata "Fattucchiere, maghi e scongiuri" di Ernesto De Martino, quel numero della rivista edita a Milano da Garzanti presentava fra gli altri articoli un carteggio inedito tra Einstein e Freud e l'ultima parte dell'indagine "Risultati e aspettative della scienza".
Facile dunque scorgere oggi in quelle pagine dedicate alla superstizione nel Meridione la rappresentazione del divario culturale e sociale fra il Nord e il Sud d'Italia incapace di modernizzare la sua identità rurale: un solco economico che nel 1958 stava diventando profondissimo e testimoniato dall'emigrazione disperata verso le città industriali del Paese.
La lettura di questo contesto storico e sociale affiora con chiarezza nel reportage dello studioso napoletano.
La sua visione razionalistica delle credenze popolari nelle aree più arretrate dell'Italia - e fra queste, la Sicilia - dà infatti conto delle condizioni di sottosviluppo che ancora ai nostri giorni ne causano limitati casi di sopravvivenza.
Incantesimi, fatture e altri riti magici descritti da "L'Illustrazione Italiana" sono un altro elemento di analisi sociologica per comprendere la drammatica spaccatura economica e sociale dell'Italia:
"Per quanto culturalmente miserabili - scrive Ernesto De Martino - i comportamenti superstiziosi hanno tuttavia le loro ragioni, ubbidiscono ad una loro coerenza, e svolgono in condizioni determinate una funzione definita.
Essi tendono ad eliminare, o almeno a ridurre, gli elementi di incertezza della vita reale, e la prospettiva di incidenti e di resistenze possibili che occorrerebbe affrontare con piena responsabilità e consapevolezza individuali.
Mediante i comportamenti superstiziosi il divenire della storia è sottratto al peso della decisione individuale realisticamente orientata e consapevole di sé, ed è ricondotto ad una decisione fantastica e arbitraria, che riassorbe l'incerto nel certo, ed elimina nell'immaginazione gli incidenti e le resistenze a cui vanno incontro i desideri umani.
Al limite, il mondo della superstizione è un mondo in cui sostanzialmente non accade nulla: il superstizioso, protetto dai suoi amuleti, tende appunto a vivere in un mondo del genere, senza incidenti e senza storia, senza rischi e senza vere respèonsabilità morali.
Ben si comprende come i comportamenti superstiziosi affondino le loro radici in una condizione di miseria psicologica, cioè di minorata forza morale di decisione e di scelta a cagione di un regime di esistenza in cui l'angustia dello sviluppo civile moltiplica i motivi di insicurezza, intensifica il senso di precarietà dei beni elementari della vita, e assegna all'efficacia dell'azione umana, realisticamente orientata, una prospettiva limitata, compromessa e annientata di continuo da forze naturali e sociali non dominabili.
La condizione di miseria psicologica ci aiuta dunque a comprendere la genesi e la funzione della superstizione, ma a sua volta la debolezza morale del superstizioso accenna a determinati regimi esistenziali e a determinate strutture della società.
La superstizione e la magia fioriscono nelle società cosiddette primitive, dove il distacco dalle condizioni naturali non va oltre la raccolta e la caccia, o la pastorizia nomade, o l'agricoltura della zappa; si mantengono nelle civiltà cerealicole del mondo antico, almeno nella misura in cui la fondamentale economia agricola lasciava ancora largo margine alla precarietà dei beni, alla incertezza del futuro e alla insicurezza civile; e ancora oggi sopravvivono nelle aree arretrate della civiltà moderna non ancora raggiunte dalla trasformazione industriale, o anche presso quei ceti medi cittadini che vanno perdendo la funzione attiva che in altra epoca hanno avuto"
Le fotografie dell'inchiesta dell'"Illustrazione Italiana" vengono ora riproposte da ReportageSicilia insieme alle didascalie che le commentarono.
Quelle immagini e quelle parole diventano così un documento del "sentimento di classe" che una parte della pubblicistica del Nord Italia mantenne allora nei confronti della realtà meridionale, "sangue ed anima" del così detto "boom economico".
Fra i soggetti di quegli scatti vi è una donna indicata come "indovina" a Comiso; si tratta forse di uno dei vecchi compaesani così descritti da Gesualdo Bufalino in "Museo d'Ombre", edito da Bompiani nel 1993:
"Fu con la mano nella mano di una vendicativa prozia che conobbi bambino le magarie di Donna Tònchila Scaglione.
Magarie contro un baffuto seduttore in paglietta: il primo che da noi osasse uscire a braccio con una ballerina di varietà; l'unico di cui si conta e riconta che con le carezze della parola e le coltellate degli occhi, e abbagliandola con un riso di pròtesi d'oro, seppe persuadere al peccato la ricca zitella Maugerri Isidora, terziaria di San Francesco.
Ma in me in quel pomeriggio un'immagine sola resiste: d'una fotografia di lui, che brucia e si raggrinzisce in un ramaiuolo, mentre una voce adunca, di sotto un fazzoletto da testa color tanè, ripete narcoticamente incantevoli nomi di diavoli: Furcu, Rifurcu, Lurcu, Cataturcu..."
Nessun commento:
Posta un commento