lunedì 14 dicembre 2015

GLI ALTARELLI DI NICOLOSI SCAMPATI ALLA LAVA DELL'ETNA

Un esempio di piccola architettura religiosa e di devozione popolare a Nicolosi, ricorrente scenario delle imprevedibili colate laviche del vulcano
 
I "Tre Altarelli" di Nicolosi, risalenti al 1776.
L'immagine del post è tratta dall'opera di Giuseppe Di Lorenzo
"L'Etna", edita nel 1907
dall'Istituto Italiano D'Arti Grafiche di Bergamo
per la collana "Italia Artistica" 
 
In un recente post, ReportageSicilia ha riproposto la  fotografia di una processione degli abitanti di Bronte al cospetto di un minaccioso fronte lavico dell'Etna spintosi in prossimità del paese http://reportagesicilia.blogspot.it/2015/10/la-processione-dei-brontesi-contro-la.html.
Un'altra testimonianza di questi atti di fede delle comunità etnee è rappresentata dalla costruzione a quasi due chilometri a Nord di Nicolosi dei "Tre Altarelli": un'edicola votiva  a tre  arcate dipinte con le raffigurazioni di Sant'Antonio da Padova, Sant'Antonio Abate e la Madonna delle Grazie, protettori del paese.
La storia di questo monumento religioso - costruito nel 1776 sul luogo in cui l'anno prima la lava si era fermata dinanzi ad una processione - attesta la secolare minaccia costituita per i nicolositi dalle eruzioni del vulcano.
 
 
A dare corpo alla devozione religiosa per i "Tre Altarelli" fu l'insperato epilogo della corsa di un fronte lavico largo tre chilometri, nel maggio del 1886: quando la popolazione era già rassegnata a vederla distrutta, le rocce incandescenti superarono la costruzione senza distruggerla.
La fotografia riproposta da ReportageSicilia mostra questa edicola votiva nel 1892, in occasione di un'eruzione che cancellò ampie zone coltivate alla periferia di Nicolosi.
 
 
L'immagine venne pubblicata nel volume di Giuseppe Di Lorenzo "L'Etna", edito nel 1907 dall'Istituto Italiano D'Arti Grafiche di Bergamo per la collana "Italia Artistica".
Così scriveva Di Lorenzo a proposito di quell'eruzione:     
 
"L'Etna però, per la sua stessa origine e funzione eruttiva, offre ben altri mutamenti, che non siano quelli dovuti al semplice variare delle stagioni.
Non sono ancora scorsi 15 anni da che io lo vidi per la prima volta, nel 1891, e già uno di tali mutamenti è ben visibile nel suo fianco meridionale.
Guardando infatti da Catania quelle falde nevate si scorgono, un po' a sinistra dell'asse mediano e tra 1750 e 2000 metri d'altezza, su quel candore immacolato alcune macchie nere, allineate da Nord a Sud, su cui la neve pare non abbia fatto presa: sono i crateri ancora caldi dell'eruzione del 1892.

 
Il 9 luglio 1892 nella zona su accennata, dopo che v'erano state per tutto il dì innanzi le scosse sismiche premonitorie, crescenti sempre d'intensità, che sogliono precedere le eruzioni, e dopo che dal cratere centrale s'era innalzato il gigantesco pino pliniano, che ne è un sicuro sintomo, si squarciò il fianco dell'Etna con due grandi fratture radiali, sulle quali immediatamente si formarono due serie di bocche, eruttanti le più alte vapor d'acqua e materiali frammentarii e le più basse correnti di lava incadescente, che si diresse verso i castagneti e le vigne di Nicolosi, tutto distruggendo e coprendo sul loro passaggio.
L'attività di questo apparato eruttivo durò, con varie intermittenze, pause e recrudescenze, fino a tutto il dicembre del 1892: il risultato di tutta l'eruzione fu una serie di bocche e di coni craterici di poche decine di metri d'altezza, ed una nera corrente di lava di circa 8 chilometri di lunghezza e 1-2 chilometri di larghezza media.
Nel 1883 e nel 1886 su quella medesima zona v'erano state altre due eruzioni simili, ma d'importanza minore; la seconda delle quali aveva spinto le sue lave fin presso l'abitato di Nicolosi, con grave danno delle campagne e molto spavento degli abitatori..."

 
 
FONTI ON LINE
 

1 commento:

  1. Complimenti per l'articolo, molto interessante. Grazie per aver citato il nostro sito www.nicolosietna.it :)

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