Privilegio e conforto di una giornata d'autunno trascorsa in spiaggia, fra i richiami letterari al siciliano Ercole Patti e alla sarda Michele Murgia
Mese di settembre.
Le città riassumono l'aspetto caotico di gran parte dell'anno; l'inizio delle scuole e la routine del lavoro quotidiano allontanano sempre più il ricordo di un viaggio estivo in una località di mare.
Forse per sopperire ad altre carenze esistenziali loro riservate dall'isola, per i siciliani la giornata marina è un privilegio che non necessita di prenotazioni, di viaggi e di faticosi e definitivi ritorni a casa.
Dopo i primi temporali di fine agosto, le luci del cielo e del mare hanno richiamato i toni pastello dell'autunno; le spiagge poco affollate hanno permesso di riscoprire la percezione della cadenza dell'onda spumosa che si frange sulla sabbia o sulla roccia.
Il pensiero del mare di settembre rimanda così a certe pagine catanesi di Ercole Patti:
"Erano gli ultimi giorni di settembre, faceva un tempo dolce e calmo, l'acqua era appena mossa e faceva leggeri risucchi fra gli scogli.
Il cielo era striato da lontane e trasparenti nuvole"
In ogni mese dell'anno il mare offre al siciliano la possibilità di qualche ora di vento salmastro; e di uno sguardo verso la sua infinita linea d'orizzonte, ostacolo e insieme via di fuga per quella che Gesualdo Bufalino definì come "isolitudine".
In tempi più recenti, un'altra scrittrice isolana - la sarda Michela Murgia - ha così spiegato l'idea naturale di vacanza per chi vive abitualmente in una terra circondata dal mare:
"Per i sardi come me ( ed è lo stesso per i siciliani, i ponzesi, chi vive alle Eolie, alle Egadi e nelle oltre 80 isole abitate in Italia ) il concetto di vacanza o non esiste o è di natura molto diversa da quello concepito nei territori peninsulari e nelle città.
Spiaggia di Mazzarò. La fotografia è di Nino Teresi ed è stata pubblicata nel gennaio del 1960 dalla rivista "Sicilia", edita dall'Assessorato Turismo e Spettacolo |
Mese di settembre.
Le città riassumono l'aspetto caotico di gran parte dell'anno; l'inizio delle scuole e la routine del lavoro quotidiano allontanano sempre più il ricordo di un viaggio estivo in una località di mare.
Forse per sopperire ad altre carenze esistenziali loro riservate dall'isola, per i siciliani la giornata marina è un privilegio che non necessita di prenotazioni, di viaggi e di faticosi e definitivi ritorni a casa.
Dopo i primi temporali di fine agosto, le luci del cielo e del mare hanno richiamato i toni pastello dell'autunno; le spiagge poco affollate hanno permesso di riscoprire la percezione della cadenza dell'onda spumosa che si frange sulla sabbia o sulla roccia.
Il pensiero del mare di settembre rimanda così a certe pagine catanesi di Ercole Patti:
"Erano gli ultimi giorni di settembre, faceva un tempo dolce e calmo, l'acqua era appena mossa e faceva leggeri risucchi fra gli scogli.
Il cielo era striato da lontane e trasparenti nuvole"
In ogni mese dell'anno il mare offre al siciliano la possibilità di qualche ora di vento salmastro; e di uno sguardo verso la sua infinita linea d'orizzonte, ostacolo e insieme via di fuga per quella che Gesualdo Bufalino definì come "isolitudine".
Spiaggia dello Spisone a Taormina. E' un'altra fotografia di Nino Teresi pubblicata dalla rivista "Sicilia" nel giugno del 1964 |
In tempi più recenti, un'altra scrittrice isolana - la sarda Michela Murgia - ha così spiegato l'idea naturale di vacanza per chi vive abitualmente in una terra circondata dal mare:
"Per i sardi come me ( ed è lo stesso per i siciliani, i ponzesi, chi vive alle Eolie, alle Egadi e nelle oltre 80 isole abitate in Italia ) il concetto di vacanza o non esiste o è di natura molto diversa da quello concepito nei territori peninsulari e nelle città.
Non è solo la vicinanza al mare a rendere inutili i preparativi del viaggio, le lunghe assenze dalla propria casa e il distacco da tutto, ma è l'idea stessa di quotidianità a fare la differenza, consentendo anche a chi ha vite complicate di stare ogni giorno a contatto con gli elementi rigeneranti del mare e del vento e di non sentirsi mai davvero prigionieri neanche quando si fanno gli stessi lavori di chi vive in città.
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