lunedì 17 dicembre 2018

LA CASETTA BIANCA DELLA "SPIAGGIA POP" DI SANT'ELIA

Fotografia di ReportageSicilia
"Questa è sempre stata una spiaggia dalle frequentazioni molto pop ed un luogo per le passeggiate dei morosi", mi spiega Paolo Di Salvo, mentre affondiamo le scarpe sulla sabbia di Sant'Elia.
Dinanzi ai miei occhi si stagliano il mare di Santa Flavia e soprattutto la casetta bianca incastonata su una scogliera traforata da numerose pozze di acqua: una delle costruzioni più singolari e amabili della costa palermitana, che da chissà quanti decenni sfida l'incessante logorio delle onde e della salsedine.
In questo angolo di Sant'Elia si respira l'atmosfera di un passato remoto, tipico di certe località che sono state a lungo naturale e quasi reclusorio teatro di vita quotidiana per le comunità locali.
Qui si è vissuto per secoli di pesca, in condizioni di sussistenza ed isolamento ( così è accaduto per lungo tempo in un borgo ormai conquistato dal turismo come Scopello, nel trapanese ).


La zona conserva tratti riconoscibili di quell'antica bellezza così raccontata nell'estate del 1955 da Carlo Levi:

"Rocce scoscese - si legge in "Le parole sono pietre", edito da Einaudi - terminano in mare con una specie di cornice o di piedistallo di pietra appena sopra il livello dell'onda, che, gonfiandosi dolce, la ricopre a tratti; e questa cornice piena di alghe e di conchiglie e di madrepore e di animali marini, dove si può passeggiare protetti alla vista delle rocce strapiombanti e scavate sotto all'acqua in mille invisibili anfratti, è forata qua e là da larghe buche rotonde o in forma di cuore, come dei piccoli laghi o delle vasche naturali tappezzate di alghe tenere e piene di un'acqua appena mossa.
Qui, in questi cuori marini, ci si può adagiare, mentre dai fori della roccia sale in spruzzi e in getti subitanei, con un gorgoglio sotterraneo, una doccia improvvisa, e, avvolti teneramente dal mare, rimanere a lungo senza pensieri, con null'altro davanti che un impenetrabile azzurro..."

Più avanti, nel tratto che da capo Zafferano conduce sino alla borgata di Aspra, la costa rocciosa offre un esempio dell'illuminata  azione della nomenclatura palermitana degli anni Sessanta e Settanta.


Qui infatti massicci cancelli in ferro ed alti muraglioni proteggono sontuose ville con accesso esclusivo al mare: una cementificazione di lusso ( nulla a che vedere con la coeva e misera fungaia edilizia sorta fra Carini e punta Raisi ), che ha accolto lungo qualche chilometro di magnifico litorale ricchi commercianti, imprenditori edili, dirigenti sanitari, assessori regionali, alti burocrati, stimati magistrati e sanguinari killer della mafia.
Da quelle ville, la splendida vista bifronte di capo Zafferano e del golfo di Palermo ha rappresentato uno status di blindato prestigio sociale e di benessere economico: nulla a che vedere con la vicina "spiaggia pop" di Sant'Elia, con la sua leggiadra casetta bianca e le libere passeggiate dei morosi.


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