venerdì 14 giugno 2019

TRAPANI E LA QUASI IMPOSSIBILE LOTTA AL POTERE MAFIOSO

Panoramica di Trapani.
La fotografia è stata pubblicata nel marzo del 1963
dalla rivista "Viaggiare" edita a Palermo
dalla Società per l'Incremento Turistico

Agli inizi degli anni Ottanta, investigatori e cronisti abituati ad occuparsi di mafia non poterono che prendere atto della straordinaria presenza di banche a Trapani, in buona parte frutto dei capitali alimentati dalla speculazione edilizia e dai traffici di eroina.
Chiara Valentini, giornalista autrice del reportage "Piovra City" pubblicato da "Panorama" il 24 settembre del 1984, scrisse che dall'inizio di quel decennio erano stati inaugurati in città "130 nuovi sportelli bancari, che fanno capo a ben 23 diverse banche".
Il 25 gennaio del 1983 la mafia aveva ucciso il giudice Gian Giacomo Ciaccio Montalto, e pochi giorni prima dell'articolo della Valentini un altro giudice - Antonio Costa - era stato arrestato con l'infamante accusa di essere stato corrotto dai boss Antonio e Calogero Minore.
A seguito di queste cronache, nel 1985 il giornalista Sergio Turone così descrisse la realtà di una città che a distanza di decenni - oltre l'ombra della latitanza nella sua provincia di Matteo Messina Denaro - conserva immutati certi caratteri di pervasiva ingerenza affaristico-mafiosa:

"Se Palermo è la Roma della Sicilia - ha scritto Turone in "Partiti e mafia, dalla P2 alla droga" ( Laterza ) -  Trapani ne è la Palermo.
Si tratta di una periferia estrema in cui i caratteri dell'insularità e della lontananza - in tutti i sensi - acquistano accentuazioni acute, nemmeno temperate dagli effetti di una tradizione culturale che a Palermo ha raffinatezze cospicue ed esercita un suo peso.
L'anticonformismo della cultura trova nel capoluogo di regione ambienti ed echi, di cui a Trapani rintracci qualche presenza solo in pochi intellettuali isolati, sovente desiderosi di trasferirsi altrove.
Se la lotta contro il potere mafioso appare difficile a Palermo, a Trapani rasenta l'impossibile" 

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