domenica 8 dicembre 2019

L'ESTENUANTE RICCHEZZA DELLA SCRITTURA DI STEFANO D'ARRIGO

Mare e pescatori di pescespada
sullo Stretto di Messina.
Le fotografie sono di Alfredo Camisa
e vennero pubblicate in
"Lo Stretto di Messina e le Eolie" ( LEA, 1961 )
Pinnacoli lessicali ed ardite costruzioni linguistiche intessute in una sterminata serie di personaggi, visioni e figure simboliche.
La scrittura di "Horcynus Orca" di Stefano D'Arrigo - 49 episodi racchiusi in 1257 pagine - costò all'autore oltre un decennio di febbrili ripensamenti e correzioni, alla ricerca del perfetto cesello di una lingua "unica nella inesauribile proliferazione delle sue invenzioni e, al tempo stesso, totalmente realizzata nelle sue potenzialità di comunicazione e di espressione" ( così si legge  in un pieghevole allegato alla I edizione del romanzo, pubblicata da Arnoldo Mondadori nel gennaio del 1975 ). 
La sua eccezionale genesi creativa rende la lettura di "Horcynus Orca" un impegno faticoso e necessariamente diluito nel tempo.
Chi non abbia la tempra necessaria per sottoporsi all'impresa, può ripiegare sulla lettura dei singoli capitoli, gustando a piccole dosi il linguaggio ricco di contaminazioni e neologismi.
Il lettore avrà così modo di diluire il vertiginoso scorrere di invenzioni stilistiche e i sorprendenti recuperi filologici presenti nell'opera.



Sin dalle prime pagine del romanzo, D'Arrigo dimostra la sua scrittura di smagliante densità: 

"Qualcosa, in Sicilia, che per la grande coloritura violacea riflessa dall'acqua, sembrava una grande troffa di buganvillea pendente sulla linea dei due mari, brillò per un attimo dal mezzo della nuvolaglia, poi il brillio cessò e lo seguì un risplendere breve breve e bianco di pietra, e allora, nel momento in cui spariva la fumèa, riconobbe lo sperone corallino che dalla loro marina s'appruava, quasi al mezzo, come per spartirli, fra Tirreno e Jonio"

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