Il portico d'ingresso di un edificio del periodo "Liberty" in un bosco del palermitano. Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia |
"Essi operavano spesso in proprio - si legge nel saggio di Eugenio Rizzo e Maria Cristina Sirchia "Sicilia Liberty" ( Libreria Dario Flaccovio Editore, Palermo, 1986, pp.18-19 ) - senza la direzione di un architetto: L.Maiorca di Francavilla infatti, nel suo opuscolo relativo alla storia del Palazzo di famiglia sito in piazza Verdi, testimonia che alla fine dell'Ottocento gli ingegneri e gli architetti costituivano un'esigua schiera; ad essi si ricorreva solo eccezionalmente mentre per il lavoro di manutenzione e per le piccole fabbriche era ritenuta sufficiente l'opera dei capimastri.
Questo costume è comune a tutta la Sicilia come attesta la tradizione orale dalla provincia di Trapani a quella di Ragusa; nei centri meno evoluti esso si perpetua in tutta la prima metà del Novecento.
Non di rado dunque ci imbatteremo in costruzioni ideate e realizzate da semplici capimastri..."
Uno di questi edifici - una palazzina rurale immersa in un bosco della provincia di Palermo - versa da qualche decennio in stato di abbandono.
La fabbrica, strutturata su un piano terra ed una prima elevazione, si presenta sostanzialmente integra; l'ingresso è scandito da un portico colonnato che sostiene una terrazza che offre una magnifica vista sulle vallate circostanti.
Il loro fu un ruolo da umili gregari di quella cultura del Liberty che, anche nei suoi protagonisti più noti, ha finito a volte col riproporre un'arte diventata semplice ripetizione di se stessa.
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