mercoledì 2 giugno 2021

QUANDO NOBILI E BORGHESI DISPREZZAVANO L'OPERA DEI PUPI

Pubblico dell'opera dei pupi a Palermo
agli inizi degli anni Cinquanta del Novecento.
Fotografia di Quintino Di Napoli
pubblicata in "Le Vie d'Italia" del TCI
nell'agosto del 1951


Ne scrisse già Giuseppe Pitrè, alla fine dell'Ottocento, del disprezzo dell'aristocrazia e della borghesia palermitana nei confronti dell'opera dei pupi, segnalando un articolo in cui un giornalista del tempo sottolineava "il secolare malvezzo delle vandaliche rappresentazioni, che giornalmente hanno luogo nei teatrini di marionette..."

Della scarsa considerazione meritata dall'opera dei pupi fu portavoce agli inizi del Novecento l'inglese Henry Festing Jones, collaboratore e biografo di quel Samuel Butler passato alla storia per avere ipotizzato la sicilianità di Omero e l'ambientazione dell'Odissea nel trapanese. Autore di più opere sulla cultura popolare in Sicilia, Jones fu particolarmente attratto proprio dal teatro dei pupi, scrivendone nel 1909 e nel 1911 nei saggi "Diversions in Sicily""Castellinaria and other sicilian diversions". Nel 1987, Sellerio pubblico alcuni capitoli delle due opere in "Un inglese all'opera dei pupi", con una prefazione di Attilio Carapezza.



In quello intitolato "Michele e la principessa di Biserta", Henry Festing Jones così testimoniò l'astio delle classi "colte" dell'Isola verso burattini e pupari:

"Ai siciliani colti il teatro dei pupi piace poco, e con loro si fa spesso fatica soltanto a parlarne. Sostengono che le marionette sono fatte per le classi più umili e le ritengono la causa di molte delle liti di cui si legge sui giornali. Il popolo verrebbe talmente suggestionato dall'esaltazione eroica in cui vive sera dopo sera da imitare nella vita quotidiana il comportamento cavalleresco dei guerrieri che vede combattere nei teatrini, sicché avverrebbe talvolta che quella che inizia come una rievocazione scherzosa di qualcosa vista nello spettacolo della sera prima si risolva in una ripetizione sin troppo accurata di un duello e si concluda tragicamente.



L'analogia con quanto scrivono i giornali inglesi su ragazzi che si trasformano in teppisti o si imbarcano come clandestini per effetto di cattive letture, accrebbe il mio desiderio di assistere a uno spettacolo di pupi, ma non volevo andarci da solo, perché nel caso di una rissa tra il pubblico, con coltelli, sarebbe stato meglio essere in compagnia di uno del posto..."

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