domenica 21 novembre 2021

LA PERCEZIONE DI PANTELLERIA IN UNA PAGINA DI GIOSUE' CALACIURA

Il varo della motobarca "Francesco Rizzo",
destinata dal 20 giugno del 1954
al collegamento fra Trapani e Pantelleria.
Foto tratta da "Sicilia Turistica"
del luglio-agosto del 1954


Emergente dal Mediterraneo dai colori più cupi - il viola della sera , il blu della notte - Pantelleria è isola che da sempre attrae o sgomenta chi, per scelta o per ventura, abbia l'occasione di arrivarvi. In "Pantelleria. L'ultima isola" ( Editori Laterza, 2016 ), Giosuè Calaciura ne racconta l'anima, sottolineando l'immediata percezione del carattere estremo di una roccia vulcanica dal perimetro di 51 chilometri; un continente aspro e tagliente, distante 70 dall'Africa e 110 dalla Sicilia:

"Dai traghetti si percepisce subito che questo non è il mare addomesticato dei nostri arcipelaghi a portata di aliscafo, dove le agavi si specchiano come Narcisi nelle baiette placide dei bagni estivi e basta una voce per richiamare i bambini al pranzo dei ristoranti Miramare costruiti sulla  sabbia delle spiagge. Qui non ci sono spiagge. Il mare tra l'isola madre e Pantelleria con mezze parole, sicilianamente, fa intuire che è capace di furie oceaniche perché sta a guardia di due continenti e ha consumato e consuma avventure dello stesso respiro...

... Infine all'arrivo, entrando in porto, scansando gli scogli affioranti del molo cartaginese a ribadire che a Pantelleria l'approdo bisogna desiderarlo fortemente, nel sintomo conclamato e violento del nero ossidiana e del verde fosforescente dello Zibibbo, l'uva che altrove chiamano Moscato d'Alessandria, l'angoscia inesprimibile di avere messo nell'estremo conclusivo della Creazione e nello stesso tempo nel laboratorio dove la Natura sperimenta se stessa e il suo atto definitivo. Per alcuni il malessere è diventato panico..."

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