giovedì 1 dicembre 2022

AVOLA, QUEL TRAGICO GIORNO DELLO SCONTRO FRA PIETRE E PIOMBO

Il luogo dei drammatici incidenti
fra braccianti e poliziotti
alla periferia di Avola,
il 2 dicembre del 1968.
Persero la vita
Giuseppe Scibilia e Angelo Scibona.
Foto tratta da "Fotocronaca 1968",
opera citata


"Durante uno sciopero per il rinnovo del contratto di lavoro ad Avola presso Siracusa, due braccianti sono rimasti uccisi in scontri con la Polizia: blocchi stradali da parte dei scioperanti, automezzi in fiamme, sassi contro le forze dell'ordine che hanno reagito con bombe lacrimogene e raffiche di mitra a scopo intimidatorio"

Questa didascalia accompagnò sulla pubblicazione "Fotocronaca 1968" edita dalla Cassa di Risparmio di Roma la fotografia che mostrava lo scenario del tragico scontro avvenuto ad Avola fra braccianti e poliziotti, il 2 dicembre di 54 anni fa. Morirono allora al km.20 della strada statale 115, colpiti dalle armi da fuoco della polizia - in contrada Chiusa di Carlo - il 46enne Giuseppe Scibilia e il 25enne Angelo Sigona, il primo di Avola, il secondo di Modica. La protesta dei braccianti, che rivendicavano un adeguamento dei salari e la loro equiparazione a livello provinciale, li aveva portati a bloccare la strada con grosse pietre e tronchi d'albero. Quando sul posto giunse una colonna di mezzi della polizia del reparto mobile di Catania - nove mezzi con poco meno di cento uomini a bordo - scoccò la scintilla del furioso scontro. Pare che tutto ebbe inizio quando i poliziotti fronteggiarono i 400 braccianti indossando elmetti grigi in ferro: un gesto che qualche manifestante interpretò come una provocazione. Cominciò allora verso gli uomini in divisa una fitta sassaiola. 



A quel punto, una scellerata decisione - non si seppe mai se ordinata da un vice-questore o se frutto di iniziativa personale di qualche agente - diede avvio all'esplosione a distanza ravvicinata di lacrimogeni. Il vento contrario indirizzò il fumo urticante verso gli stessi poliziotti; fu in quel frangente di confusione e paura che alcuni di loro cominciarono a sparare raffiche di mitra contro i braccianti, con uno scopo per nulla intimidatorio ma di offesa-difesa armata. Al termine degli scontri costati la vita a Scibilia e Sigona, si contarono altri tre braccianti feriti gravemente da colpi di arma: Giuseppe Buscemi, Giorgio Garofalo e Salvatore Agostino.  Un centinaio furono i contusi, e fra questi una quarantina di agenti. L'episodio ebbe vasta eco a livello nazionale, con una generalizzata condanna dell'operato della polizia. Il ministro dell'Interno, il palermitano Franco Restivo, dispose l'immediata rimozione del questore di Siracusa, Politi, che divenne così il parafulmine della fallimentare gestione in strada di quella tragica giornata siciliana. Il giorno dei funerali di Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona, ad Avola, in piazza dei Cappuccini si riunì una folla compatta e silenziosa sotto gli ombrelli sferzati dalla pioggia. Per stemperare le tensioni, furono evitati i discorsi dei sindacalisti, mentre  il presidio delle forze dell'ordine si limitò alla presenza di pochi carabinieri. 



Quelli che passarono allora alle cronache come i "tragici fatti di Avola" dimostrarono all'Italia che la Sicilia e vaste aree del Meridione vivevano in uno stato di depressione capace di sfociare in drammatici scontri fra braccianti armati di pietre e poliziotti armati di piombo: eventi dolorosi in uno Stato in cui, oggi come allora, Nord e Sud vivono due realtà economiche e sociali assai lontane fra loro.    

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