giovedì 18 luglio 2024

IL PESCE SPADA, I RAGIONAMENTI E LE VERITA' SICILIANE AMATE DA BARZINI JUNIOR

Il banco del pescespada ad Agrigento.
Fotografia di Silvano Cappelletti
tratta dal periodico "Il Mondo"
del febbraio 1965



 "La Sicilia, così come è, mi piace. Mi ci sento a mio agio. Amo tutto, il pesce spada arrosto, la sottigliezza dei ragionamenti, il sole implacabile, gli aranceti dalle foglie verdi-nere lustre, il mare immobile di stoppie d'oro da orizzonte a orizzonte senza una macchia di ombra, le città barocche, gli immensi tonni, i gelati, i pupi, le antichissime e stanche famiglie nei loro palazzi in disfacimento, gli uomini nuovi e nervosi che vogliono sembrare milanesi ( e ci riescono quando tengono gli occhi chiusi, perché gli occhi li tradiscono ), la povera gente rassegnata e saggia, la pazienza, il senso guardingo e spietato della vita, le verità che sanno solo i siciliani, il greve sapore dei vini, i proverbi che usa Milazzo ( Silvio, allora presidente della Regione, ndr ), l'accettazione dignitosa della morte. Amo queste cose, e molte altre ancora, al punto di difenderle qualche volta contro i siciliani, i quali sono capaci di fare alla loro isola e a loro stessi accuse così gravi che costerebbe la pace di un continentale che le ripetesse, anche perché sono quasi tutte vere..."

Nel giugno del 1959, 6 anni prima di dedicare 29 pagine del suo saggio "Gli italiani" edito da Mondadori alla Sicilia - un racconto quasi del tutto incentrato sul tema della mafia - Luigi Barzini junior rivelò la sua incondizionata attrazione per l'Isola e per i siciliani. L'inviato del "Corriere della Sera", figlio d'arte del grande Barzini e formatosi negli Stati Uniti prima del ritorno in Italia, dal 1958 al 1968 fu deputato liberale, ricoprendo anche l'incarico di componente della Commissione Parlamentare sul fenomeno della mafia. Da cronista, Barzini junior lavorò più volte in Sicilia: nel 1937, ad esempio, per seguire la visita di Mussolini, sul cui conto avrebbe in seguito espresso in seguito giudizi negativi costatigli un periodo di carcere. Negli anni dell'adolescenza, di ritorno ed in partenza per gli Stati Uniti, per motivi familiari avrebbe frequentato con regolarità Palermo, tornandovi da adulto "molte volte a far nulla, per andare in giro a vedere cose e ascoltare le incredibili e terribili storie vere che tutti i siciliani sanno". In città, il giornalista milanese aveva come riferimenti la libreria Flaccovio e "gente che vedo, ad intervalli, da anni". Il suo dichiarato rimpianto fu quello di non avere avuto l'occasione di incontrare Giuseppe Tomasi di Lampedusa, per discutere del successo de "Il Gattopardo".

"L'abbiamo tutti letto troppo tardi - scrisse ancora Barzini nel 1959, considerando i mali e i pregi degli italiani come un'iperbole di quelli siciliani   - per potergli dire quanto importante fosse, e farci capire il fondo della nostra vita e della nostra storia. Solo i siciliani pensano di essere diversi da tutti noi. Noi continentali sappiamo che l'isola è come quegli specchi concavi che servono a radersi, in cui si vede la nostra immagine ingrandita spietatamente, difetti e virtù..."

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