martedì 26 novembre 2024

UN PROGETTO INDUSTRIALE CHE AVREBBE POTUTO DEVASTARE FAVIGNANA

Il porto di Favignana.
Fotografia di Franco Patini,
opera citata nel post


Il 19 maggio del 1992 la Gazzetta Ufficiale pubblicò il decreto di istituzione della Area Marina Protetta delle Isole Egadi, risalente al 27 dicembre dell'anno precedente. Venne così riconosciuta l'importanza ambientale e faunistica dell'arcipelago trapanese, sui cui fondali prospera una delle più estese praterie di Posidonia Oceanica del Mediterraneo. Negli anni successivi, la creazione dell'Area Marina Protetta non ha impedito a Favignana, Levanzo e Marettimo di sviluppare le attività turistiche, talora - soprattutto a Favignana, negli ultimi anni - con un numero di presenze estive soverchiante rispetto alla capacità ricettiva delle tre isole. L'attuale scenario delle Egadi - un luogo che conserva ancora le sue attrattive naturalistiche e storiche - avrebbe potuto subire un traumatico stravolgimento tra gli anni Sessanta e gli inizi del decennio successivo del Novecento.



Fu un quindicennio in cui l'arcipelago rischiò di seguire la sorte di altre località marine siciliane all'epoca sacrificate in nome dello sviluppo dell'industria petrolchimica ed elettrochimica ( Gela, Priolo, Augusta, Milazzo, e, con diverse modalità produttive, Termini Imerese ). In quel periodo, questi litorali della Sicilia vennero devastati - sottolineò Fulco Pratesi nel 1974 - da "pestilenziali insediamenti industriali, dal beneficio economico illusorio e discutibile ma dall'inequivocabile peso territoriale e contenuto d'inquinamento". Analoga sorte avrebbero dovuto subire le Egadi - in particolare, Favignana - secondo quanto riferito nell'aprile del 1969 dalla rivista del Touring Club Italiano "Vie d'Italia e del Mondo". Dopo avere illustrato la crisi della pesca del tonno, dell'attività estrattiva del tufo e delle attività agricole, il giornalista Franco Patini - autore anche delle fotografie riproposte nel post - nel suo reportage così illustrò un progetto promosso allora dall'IRFIS ( l'Istituto Regionale per il Finanziamento alle Industrie in Sicilia ) per lo "sviluppo" dell'isola: 

"Il problema di creare a Favignana e nella Sicilia Occidentale condizioni di vita migliori viene preso in esame dall'IRFIS in uno studio forse ambizioso ma senza dubbio organico. La soluzione proposta situa la piccola isola al centro del progetto tendente a creare nella Sicilia occidentale un polo industriale capace di realizzare un processo evolutivo pari a quello sviluppatosi su altri versanti della Sicilia. L'idea motrice consiste nella localizzazione nel Trapanese di industrie elettrochimiche ed elettrometallurgiche che dovrebbero utilizzare l'energia prodotta a basso costo da una centrale da costruire in zona franca. Certamente non manca da queste parti, sia sotto forma di salgemma che di sale marino da raffinare ulteriormente, il cloruro di sodio indispensabile ai relativi procedimenti tecnologici, mentre l'acqua dolce necessaria potrebbe essere distillata dal mare, a somiglianza di quanto è stato fatto in altre località dell'Italia meridionale. Lo studio dell'IRFIS, situa il suo fulcro proprio a Favignana, che se da un lato si presterebbe alla creazione del porto, con relativi depositi, necessario per ricevere il grezzo e gli idrocarburi nordafricani con i quali alimentare la centrale elettrica e fornire la materia prima all'industria di raffinazione e a quella chimica. 



Giocherebbero a favore dell'isola la ubicazione al centro del Mediterraneo, la disponibilità di aree pianeggianti anche per installazioni industriali, gli eccellenti fondali del versante sud-orientale che permetterebbero lo scarico delle superpetroliere di pescaggio superiore ai venti metri. Come si vede, non si può dire che manchino i progetti. Quando se ne formulano di così ambiziosi e capaci di mutare radicalmente la immobilità della situazione ambientale di una vasta area, molto si può sacrificare a quella vocazione..."

Lo spaventoso progetto dell'IRFIS che avrebbe dovuto trasformare il mare delle isole Egadi in un luogo di transito e stazionamento di enormi "superpetroliere", distruggendo per sempre uno degli habitat che raccontano la storia del Mediterraneo, rimase fortunatamente incompiuto. Come sono rimasti inattuati altri analoghi progetti di impianti industriali la cui installazione venne prospettata in quegli anni nel trapanese, a Castelluzzo e a Torretta Granitola: luoghi scampati alla irreparabile alterazione del patrimonio ambientale subita dalla Sicilia in nome di un fallace sviluppo economico, pagato a caro prezzo dal territorio dell'Isola.




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