Le fotografie riproposte in questo post da ReportageSicilia sono la testimonianza di un fenomeno documentario che a partire dagli inizi degli anni Cinquanta mise in primo piano Aci Trezza ed i suoi pescatori.
Le immagini sono tratte da varie pubblicazioni dedicate alla Sicilia, edite sino all’ultimo scorcio degli anni Sessanta, ed indicano l’interesse per un luogo che sino al 1950 era rimasto ignorato da gran parte degli stessi siciliani.
I motivi per cui schiere di cronisti e fotoreporter scoprirono il sino ad allora sconosciuto villaggio bagnato dallo Jonio sono ovviamente legati al clamore riscosso nel 1948 dal film di Luchino Visconti “La terra trema”.
Il regista ambientò proprio ad Aci Trezza il romanzo “I Malavoglia” di Giovanni Verga, soggiornandovi quasi ininterrottamente dall’ottobre del 1947 e sino a maggio dell’anno successivo.
La scelta di non utilizzare attori ma interpreti scelti fra pescatori e donne del villaggio che in scena recitavano nella parlata locale contribuì al fallimento commerciale dell’opera, il cui lancio – nel 1948 - era stato pure preceduto dal riconoscimento del premio speciale della giuria del Festival del Cinema di Venezia.
L’investitura della critica non servì a promuovere l’interesse verso il film di un pubblico italiano appena travolto dall’onda di un boom economico assai lontano dall’arcaica condizione della piccola comunità di pescatori siciliani raccontata da Visconti.
La conseguenza più importante della realizzazione della pellicola fu semmai quella di stravolgere l’aspetto di Aci Trezza e la mentalità di buona parte dei suoi abitanti.
Gratificati dalla notorietà ottenuta grazie al film e dai benefici economici ottenuti durante la sua lavorazione – gli abitanti venivano pagati 450 lire a ripresa ed altri compensi venivano loro garantiti dall’affitto di barche, reti da pesca ed alloggi usati come set – i pescatori furono irretiti dall’improvviso benessere.
Molti di loro abbandonarono il duro lavoro in mare per diventare affittacamere o ristoratori, mentre il borgo acquisiva sempre più l’aspetto di una qualsiasi località turistica. La trasformazione determinò anche la demolizione di una parte delle storiche case con le loro ringhiere in ferro e le piccole porte d’accesso, sostituite da un’edilizia anonima e di avvilente qualità architettonica.
“Se “La terra trema” ha reso famoso il villaggio, ne ha segnato anche la lenta agonia ed infine la morte – scriverà nel 1981 il giornalista Francesco Russo – perché Aci Trezza, oggi, non esiste più. Prima della realizzazione del film, era ancora un mondo idilliaco, pulito, immerso nella sua quasi innocenza primordiale, con una trattoria di nessuna pretesa sul lungomare dove si mangiava modestamente guardando i tre faraglioni di lava rappresa che si ergevano con nera prepotenza sul cobalto del mare.
Gli scogli di lava su cui un tempo giocavano i bambini e le donne stendevano il bucato furono ricoperti di cemento per sistemare cabine, piazzole per bar, sedie a sdraio e piste da ballo”.
Negli anni successivi, la devastazione dello straordinario paesaggio di Aci Trezza sarebbe stata completata con la costruzione di una diga lunga 160 metri, responsabile della stagnazione di un’enorme e maleodorante quantità di alghe.
Pescatori in strada, luogo che in tutte le borgate marinare del Mediterraneo - come lo era Aci Trezza - diventava uno spazio di discussione e di lavoro |
L’opera avrebbe dovuto proteggere le imbarcazioni dalle violente mareggiate; scettici nei confronti della sua efficacia, i pescatori avrebbero invece continuato a tirare in secca le barche.
Sullo scomparso paesaggio verghiano, infine, sarebbe calata la scure dell’inquinamento. I primi divieti di balneazione comparvero nel 1979, ed oggi l’immagine di Aci Trezza non è più quella delle fotografie riproposte da ReportageSicilia: un epilogo comune a tanti altri borghi marinari – non solo siciliani – e che dimostra l’incapacità dell’uomo di far sopravvivere le bellezze ambientali alla scelta di farne oggetto di sfruttamento turistico.
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