giovedì 14 giugno 2012

LA PERENNE TRATTATIVA FRA STATO E MAFIA

Vito Ciancimino, dirigente della Democrazia Cristiana di Palermo per un trentennio, vice capo corrente di Fanfani ed amministratore del Comune di Palermo per oltre un quarto di secolo, rappresenta efficacemente la continuità storica della politica della "trattativa" fra Stato e mafia.
L'immagine è tratta dal saggio di John Dickie "Cosa Nostra",
edito da Laterza nel 2004 
Mentre si avvicina il ventennale dalla strage Borsellino – eccidio per il quale la ricerca del movente prospetta inconfessabili verità giudiziarie – le cronache siciliane di queste ore rilanciano sui media l’argomento del rapporto fra Stato e mafia.
La Procura di Palermo ha infatti chiuso l’inchiesta sulla presunta trattativa avviata da pezzi delle istituzioni e Cosa Nostra, nel periodo che va dal 1992 al 1993: dall’omicidio Lima alle stragi Falcone e Borsellino e sino alle bombe fatte esplodere a Roma, Firenze e Milano.
Secondo la ricostruzione dei magistrati palermitani, l’ex ministro Calogero Mannino sarebbe stato il primo ad avviare le trattative con i boss, all’inizio del 1992, nel periodo dell’uccisione a Mondello del leader siciliano della Democrazia Cristiana.


Il vecchio capomafia nisseno Giuseppe Genco Russo in conviviale compagnia con il Prefetto di Caltanissetta, il sindaco di Acquaviva Platani e l'onorevole Nino Gullotti, segretario regionale della DC nel 1954 e poi, nel 1975 e nel 1979, rispettivamente ministro della Sanità e vicesegretario nazionale
della stessa Democrazia Cristiana.
La fotografia - al pari delle due che seguono - sono tratte dal saggio di Michele Pantaleone "Mafia: pentiti?", edito da Cappelli editore nel 1985 
 L’inchiesta – che potrebbe portare al rinvio a giudizio dei personaggi indicati nell’ordinanza, frutto di quattro anni di indagini – chiama in causa fra gli altri l’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso, quello dell’Interno, Nicola Mancino, l’ex capo dell’amministrazione carceraria Adalberto Capriotti, l’ex europarlamentare Giuseppe Gargani, i boss corleonesi Riina, Provenzano e Bagarella, Giovanni Brusca ed Antonino Cinà e gli allora ufficiali dei Carabinieri del ROS Subranni, Mori e De Donno.
Proprio questi ultimi – secondo la Procura di Palermo – grazie alla mediazione dell’ex sindaco Vito Ciancimino con Riina e Provenzano, avrebbero agevolato “l’instaurazione di un canale di comunicazione finalizzato a sollecitare eventuali richieste di Cosa Nostra”.

Altra rilassata foto di gruppo per Giuseppe Genco Russo con politici nisseni del suo tempo: il senatore democristiano Angelo Di Rocco, più volte Sottosegretario di Stato alla Pubblica Istruzione e l'onorevole Salvatore Aldisio, uno dei fondatori della DC nell'isola e ministro della Marina Mercantile, dei Lavori Pubblici e del Commercio 
Come riassume oggi Giovanni Bianconi sul “Corriere della Sera”, Calogero Mannino, “vittima predestinata della campagna avviata con l’uccisione di Salvo Lima, proprio per avviare quella sorta di contrattazione con la mafia avvicinò ‘esponenti degli apparati info-investigativi’ per acquisire informazioni sui boss. Dopodichè, consumate le stragi del 1993, avrebbe esercitato ‘ indebite pressioni finalizzate a condizionare in senso favorevole a detenuti mafiosi la concreta applicazione dei decreti di cui all’articolo 41 bis dell’ordinamento giudiziario’, cioè il carcere duro”.
Il clamore suscitato in queste ore dalle conclusioni della magistratura palermitana – conclusioni che attendono ora il riscontro processuale – non può non fare dimenticare che “le trattative” fra Stato e mafia fanno parte della storia stessa del rapporto fra le politica italiana e siciliana e Cosa Nostra.
Basta rispolverare i cinquantennali atti della Commissione Parlamentare Antimafia per trovare indicazioni precise sui tanti casi in cui esponenti politici hanno concluso accordi con boss mafioso, partendo dall’appoggio elettorale.
ReportageSicilia ripropone alcune immagini che testimoniano l’antica propensione alla “trattativa” fra Stato e mafia, ed in particolare quelle promosse dal vecchio capomafia  Giuseppe Genco Russo con politici di primo piano della sua stessa provincia. 
Frequentazioni impresentabili - quelle esemplificate da queste fotografie - che indicano la natura cancerosa del rapporto fra Stato e mafia, gravato in Italia anche dall'ingerenza di camorra e 'ndrangheta.

L'onorevole democristiano Calogero Volpe - al centro della foto, con la coppola - in visita in uno
dei paesi del suo colleggio elettorale.
Volpe - Sottosegretario di Stato ai Trasporti, alla Sanità ed alle Poste - venne indicato come uno dei politici più legati a Giuseppe Genco Russo



Nessun commento:

Posta un commento