Punteggiano la costa fra Palermo e Messina, in posizioni che spesso lambiscono tratti di azzurre acque del Tirreno.
Le loro strutture – da anni in stato di totale abbandono e rovina – riescono a suscitare ancora l’impressione di quella armonia costruttiva sorta agli inizi del secolo scorso grazie ad una perfetta compenetrazione fra opera dell’uomo ed ambiente naturale.
Le stazioni e le case cantoniere in disuso disseminate lungo la linea ferrata che corre non lontano dalla strada statale 113 sono però diventate da tempo un esempio di architettura ferroviaria a perdere.
I primi esempi di edilizia di servizio alla linea ferrata Palermo-Messina nacquero nel 1863, con il collegamento fra il capoluogo isolano e Bagheria.
I primi esempi di edilizia di servizio alla linea ferrata Palermo-Messina nacquero nel 1863, con il collegamento fra il capoluogo isolano e Bagheria.
Soltanto nel 1895 – dopo avere superato numerose difficoltà tecniche, legate alle asperità naturali presenti lungo il percorso – la linea a binario unico venne definitivamente ultimata.
Le piccole stazioni e case cantoniere presenti lungo i 224 chilometri della strada ferrata scandivano con i loro tetti spioventi il paesaggio costiero, fra il mare e le colline che subito dopo lo scalo di Cefalù offrivano squarci di ricca macchia mediterranea: un viaggio in treno fra Palermo e Messina costituiva allora anche l’occasione di ammirare un paesaggio di straordinaria e non del tutto perduta bellezza paesaggistica.
Le piccole stazioni e case cantoniere presenti lungo i 224 chilometri della strada ferrata scandivano con i loro tetti spioventi il paesaggio costiero, fra il mare e le colline che subito dopo lo scalo di Cefalù offrivano squarci di ricca macchia mediterranea: un viaggio in treno fra Palermo e Messina costituiva allora anche l’occasione di ammirare un paesaggio di straordinaria e non del tutto perduta bellezza paesaggistica.
I panorami offerti dai finestrini di un vagone in viaggio sulla costa del Tirreno furono così descritti dal giornalista e scrittore svizzero Daniel Simon.
“Questo versante Nord dell’isola, che rappresenta la più gran parte di quella regione denominata Val Demone – scrisse nel 1956 nel volume ‘Sicilia’, edito da Salvatore Sciascia - è costantemente dominato dalla montagna che ora s’avvicina ora s’allontana dal mare, proiettando qua e la promontori e dirupi, aprendo golfi orlati da pigre spiagge, sciorinando fertili pianure alluvionali dove crescono magnifiche piantagioni d’olivi, di mandorli e d’agrumi”.
L’affermarsi del traffico su gomma – con l’entrata in funzione dell’autostrada A20 – l’automazione delle procedure di servizio ed il progressivo smantellamento degli investimenti delle Ferrovie dello Stato hanno decretato la dismissione della quasi totalità di questi edifici.
“Questo versante Nord dell’isola, che rappresenta la più gran parte di quella regione denominata Val Demone – scrisse nel 1956 nel volume ‘Sicilia’, edito da Salvatore Sciascia - è costantemente dominato dalla montagna che ora s’avvicina ora s’allontana dal mare, proiettando qua e la promontori e dirupi, aprendo golfi orlati da pigre spiagge, sciorinando fertili pianure alluvionali dove crescono magnifiche piantagioni d’olivi, di mandorli e d’agrumi”.
L’affermarsi del traffico su gomma – con l’entrata in funzione dell’autostrada A20 – l’automazione delle procedure di servizio ed il progressivo smantellamento degli investimenti delle Ferrovie dello Stato hanno decretato la dismissione della quasi totalità di questi edifici.
La maggior parte versano in condizioni statiche precarie, ma altri resistono senza danni irreparabili all’azione delle intemperie e dei vandalismi.
La visita di queste costruzioni – ubicate nei pressi di ponti, passaggi a livello e diramazioni stradali - suggerisce ancora oggi la loro funzione insieme tecnica ed abitativa. La prima veniva svolta dal casellante o dall’addetto alla manutenzione della linea ferrata al piano terra; quello superiore era adibito ai bisogni domestici di un nucleo familiare.
La funzione residenziale delle case cantoniere era quindi completata dalla presenza di uno scantinato, di un piccolo appezzamento di terreno e di un forno esterno.
La visita di queste costruzioni – ubicate nei pressi di ponti, passaggi a livello e diramazioni stradali - suggerisce ancora oggi la loro funzione insieme tecnica ed abitativa. La prima veniva svolta dal casellante o dall’addetto alla manutenzione della linea ferrata al piano terra; quello superiore era adibito ai bisogni domestici di un nucleo familiare.
La funzione residenziale delle case cantoniere era quindi completata dalla presenza di uno scantinato, di un piccolo appezzamento di terreno e di un forno esterno.
Non è forse esagerato affermare che per decenni queste strutture furono anche un punto di riferimento per molti abitanti di frazioni e piccoli paesi sparsi lungo la costa fra Palermo e Messina; case cantoniere e piccole stazioni rappresentavano un microcosmo di aggregazione sociale incentrato intorno alla figura del casellante e del suo nucleo familiare.
La fotografia di Josip Ciganovic che ritrae un gruppo di bambini nel cortile interno della stazione di Gioiosa Marea, fra il bucato steso al sole, è una testimonianza della vita quotidiana che si svolgeva in questi edifici.
Nel post, ReportageSicilia mostra lo stato attuale di tre di case cantoniere ferroviarie in disuso lungo la linea ferrata che fiancheggia la strada statale 113, fra la frazione di Sant’Ambrogio-Cefalù, Finale di Pollina e Tusa.
La proprietà di questi manufatti è oggi del Demanio o delle Ferrovie dello Stato.
E’ chiaro che il recupero di questi suggestivi esempi di edilizia potrebbe essere favorito da una riconversione di tipo culturale o ricreativa, legata strettamente al territorio.
Le ristrettezze economiche dei nostri tempi – specie quelle delle casse dei piccoli Comuni – non facilitano certo l’elaborazione di validi progetti.
Il degrado di queste semplici case cantoniere ferroviarie rischia così di diventare l’ennesimo caso di perdita di identità culturale del territorio siciliano.