domenica 9 giugno 2013

PUPI E PUPARI, LE PAGINE DI LI GOTTI

Cartello che annuncia lo spettacolo di pupi della sera
in un angolo di strada del centro storico di Palermo.
Da notare il foglio con il riassunto e il cartellino con la scritta "oggi" posto sugli scacchi corrispondenti allo spettacolo in programma.
La fotografia risale agli anni Cinquanta dello scorso secolo e, al pari delle altre riproposte nel post,
è tratta dal saggio di Ettore Li Gotti  
"Il teatro dei pupi" pubblicato nel 1957 da Sansoni 
e riedito da S.F.Flaccovio nel 1978

Ettore Li Gotti, palermitano ( 1910-1956 ), ordinario di filologia romanza e tra i fondatori del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani, ha dedicato le sue attenzioni anche al teatro dei pupi.
Negli ultimi mesi di vita, Li Gotti scrisse una serie di articoli sull'argomento su riviste e sul "Giornale di Sicilia"; nel 1957, la moglie Maria Stella Carta raccolse quel materiale giornalistico e lo pubblicò nel saggio "Il teatro dei pupi", edito da Sansoni.

Pupi palermitani di Francesco Sclafani, costruiti da Nicola Pirrotta negli anni Trenta e Quaranta dello scorso secolo.
Da sinistra a destra: Orlando, Rinaldo, Ruggiero,
Carinda, Astolfo, Fiorindo, Ferraù, un cavaliere e Carlo Magno

A distanza di 21 anni, quel libro venne ripubblicato con lo stesso titolo dall'editore S.F.Flaccovio, con una prefazione di Giuseppe Cusimano. 
L'opera di Li Gotti - riferita ad anni in cui l'"opra" siciliana cominciava a perdere il suo pubblico - individua la crisi di questa forma di spettacolo popolare già negli anni del primo conflitto mondiale.

Prospettiva del teatro dei pupi di Francesco Sclafani a Palermo

"Li Gotti - notava Cusimano - scriveva nel 1956, quando i pochi teatrini rimasti minacciavano di chiudere in un'atmosfera di generale disinteresse. Egli si preoccupò per questo di raccogliere quante più notizie poteva: in apparenza non diversamente da quanto aveva fatto il Pitrè parecchi anni prima, in realtà ricomponendo i vari dati in una visione più organica capace di dare l'idea delle proporzioni assunte come fatto culturale e sociale della diffusione delle idee e delle immagini presentate sulle scene dell'opra".

Il puparo palermitano Giuseppe Argento

I pupi - sottolineava l'autore del libro - "oggi volgono al tramonto perchè quella sonorità malinconica, eloquente e melodrammatica non trova più il pubblico ingenuo e appassionato di un tempo, non fa più presa su di esso; e se ancora... meravigliano il forestiere ed incantano il ragazzo colla magnificenza delle armature e la vivacità delle vesti e dei pennacchi e con la varietà degli intrecci delle fantastiche storie interessano la loro fantasia, non arrivano più dritti al loro cuore troppo distratto...".

Annuncio pubblicitario del teatro dei pupi
di Giacomo Cuticchio a Palermo,
palesemente rivolto ai turisti

Ettore Li Gotti narra, con la nostalgia di un mondo perduto, la storia siciliana di Orlando e di Rinaldo, di Angelica e di Carlo, di cristiani e mori, del problema delle origini dei pupi fino alla fine degli anni Cinquanta, insieme con quella del mondo vario e pittoresco che li animava e che si muoveva intorno ad essi: il cantastorie, il contastorie, il puparo, il pittore di cartelloni e di carretti, lo scrittore di dispense, i nuovi personaggi creati allora dalla fantasia popolare, le diverse interpretazioni di storie e leggende.

I pupi di Francesco Sclafani in singolare tournée
con il teatro montato su un camion 

Lo studioso individua fra l'altro i prototipi iconografici dei pupi nei guerrieri cristiani rappresentati nel trecentesco soffitto della Sala Magna dello Steri di Palermo. 
Del suo saggio - oggi di non facile ricerca, e che continua l'opera di ricerca condotta decenni prima da Giuseppe Pitrè - - ReportageSicilia ripropone alcune fotografie, gran parte delle quali portano la firma di Vincenzo Brai ( Pubblifoto ).
Di seguito si riportano inoltre uno stralcio del capitolo II, intitolato "L'opra". 

Il pubblico di un teatro di pupi a Palermo
in una fotografia degli anni Cinquanta

"I contastorie sono artisti o mestieranti isolati ( e forse è questo uno dei motivi dell'essere stati essi sempre in minor numero ); i pupari invece presuppongono o riuniscono in sé o hanno intorno a sé tutta un'organizzazione, anzi l'organizzazione più complessa fra le tante attività che riguardano i pupi, quella che meglio le raggruppa e le coordina. Perciò il puparo merita il più ampio discorso e il maggior riconoscimento artistico, quello che si deve ad esempio al regista-attore di una compagnia teatrale, che, nel caso particolare, è il teatrino dei pupi.


Cavaliere cristiano e re saraceno ( pupi catanesi provenienti dal teatro di Natale Meli di Reggio Calabria,
con armature costruite da Puddu Maglio
negli anni Venti dello scorso secolo )


L'opra infatti non può nascere senza il teatro, anzi senza la preesistenza di una struttura teatrale di marionette già bell'e costituita e già in voga; poichè essa non è se non la teatralizzazione marionettistica ( scusate la brutta definizione ) del racconto del contastorie.
Basterà rifarsi alle origini dell'opra per accorgersene meglio: da un lato alle varie rappresentazioni popolari dalle vastasate al tutùi, e dall'altro ai primi passi dell'opra stessa nei grandi teatri catanesi o nelle ampie piazze messinesi, che sono altra cosa dai teatrini palermitani, più piccoli e più raggentiliti e perfezionati nei particolari.

Dama nera e dama bianca, pupi catanesi

E si potrà riconoscere che, con un intuito ed una abilità veramente notevoli, l'oprante ha sfruttato tutti gli elementi che confluivano da varie parti verso il gusto comune del racconto romanzato dei paladini, ha persino ricavato dalla rappresentazione trecentesca e quattrocentesca del cantastorie elementi tecnici ( per esempio la figura del salace buffone, l'accompagnamento musicale fatto da violinisti orbi, la funzione del prologo ) nella forma più recente, quella settecentesca semipopolareggiante persino con inframesse di cantate femminili, con cui erano giunti sino a lui.
E inoltre ha dato prova, specie nella Sicilia occidentale, di una tale varietà e abbondanza di repertorio, di una tale abilità organizzativa ( sempre in relazione alla lentezza dei procedimenti popolari ), che si riuscirebbe a fatica a credere avvenute in sì breve tempo tante trasformazioni, che si continuano tuttora.
E continuano perchè ( giova ripeterlo! ) il puparo è sempre un artista, e le sue invenzioni, grosse o piccole che siano, hanno la genialità e le freschezza di quella degli artigiani ancora non sopraffatti dalle esigenze della età della macchina e dell'automazione..." 

   

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