Lavoro contadino nelle campagne agrigentine di Cammarata. La fotografia è tratta dall'opera "Il folklore, tradizioni, vita e arti popolari" edita nel 1967 per la collana "Conosci l'Italia" dal TCI |
"Dove è il mondo contadino? Nelle fabbriche e nelle miniere di Milano e Torino, della Germania, della Svizzera, del Belgio, senza terra o sotto terra, negli astratti purgatori dove anche la lingua è altra.
Si disse dunque che il problema contadino, il problema della terra, non esisteva più: una certa politica, un certo sviluppo storico li aveva eliminati.
I 'poli di sviluppo', la riforma, la nuova fase dell'economia europea, li aveva respinti nella secolare inesistenza: essi ora non serviranno più, erano tornati nell'ombra".
Con quella domanda posta come incipit e con le considerazioni che ne seguono, Carlo Levi inserì nel 1966 questo passaggio nell'introduzione al saggio di Mario Farinella "Profonda Sicilia", edito da Libri Siciliani-Célèbes.
Era quello il periodo del grande abbandono delle terre agricole dell'isola, spopolate dall'urbanizzazione costiera e dalle prospettive di meno faticosi e più remunerativi lavori cittadini, possibilmente lontano dalla Sicilia.
A distanza di quasi mezzo secolo da quegli anni, l'agricoltura isolana continua ad essere una straordinaria occasione mancata di sviluppo; tanto più in un periodo in cui il mondo produttivo e del lavoro non offre più quell'alternativa di occupazione industriale o nel terziario, nel resto d'Italia ed in Europa.
Le campagne siciliane continuano oggi ad essere spopolate e scarsamente sfruttate.
Il senso comune delle cose fa supporre che una terra ricca di potenzialità agricole potrebbe garantire prosperità e benessere ai suoi abitanti.
A questo senso comune sfuggono però le venali logiche del mercato comune e le regole imposte dalla grande industria alimentare per le quali - ad esempio - nei supermercati di Palermo o Catania si trovano limoni argentini e non siciliani.
Certo, sarebbe oggi anacronistico riproporre politiche protezionistiche o di autarchia; e, tuttavia, bisognerebbe comprendere che ogni comunità ha il diritto di vivere e produrre sfruttando anzitutto i prodotti della propria terra, alimentando un mercato che avrebbe ricadute positive su molti altri aspetti della locale vita quotidiana.
A distanza di cinquant'anni, insomma, la domanda di Levi "dove è il mondo contadino?" grava ancora sulla storia della Sicilia, rivelando una datata ed illogica dissipazione di potenzialità umane ed economiche nell'isola.
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