Ornavano i balconi dei palazzi nobiliari, opera di abili artigiani dell'isola: le immagini delle inferriate a "petto d'oca" di palazzo Rudinì, a Palermo
L'arte del ferro battuto ha prodotto in Sicilia virtuosistici esempi di arte minore, spesso funzionali alla costruzione di edifici progettati lungo un arco temporale che è iniziato con l'età barocca e che ha avuto il suo epilogo in quella del liberty.
Un'espressione curiosa dell'estro creativo dei mastri ferrai isolani è quella delle ringhiere dette a "petto d'oca" che - da Palermo a Catania, da Acireale a Noto - ornarono i balconi dei palazzi nobiliari fra XVIII e XIX secolo.
Le immagini di questi manufatti riproposte da ReportageSicilia sono tratte dal saggio fuori commercio "Abitare a Palermo, due palazzi e la loro storia fra Cinquecento ed Ottocento", edito nel 1983 da INA Assicurazioni e dall'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani.
Le fotografie mostrano le ringhiere dei palazzi Rudinì, costruito sulla quinta scenografica del cantone di Santa Ninfa nel corso del secolo XVI e più volte ristrutturato, anche in periodi recenti.
"Il motivo delle ringhiere che si ripete su tutti i balconi - scrive con funambolica chiarezza Marina Righetti Tosti-Croce - è costituito in profilo da un unico ferro a sezione piatta che, dal basso verso l'alto, dopo un ricciolo esterno, si ripiega per poi espandersi in un'ampia curva fortemente emergente, ripiegandosi nuovamente su se stessa e avviando infine il ricciolo terminale che si avvolge sul corrimano.
Il disegno di notevole eleganza è tipico dell'architettura palermitana ed è comunemente definito 'a petto d'oca'; il suo disegno, secondo Salvatore Caronia Roberti, sarebbe dovuto ad esigenze funzionali 'per consentire il comodo affacciarsi alle dame infagottate nelle ingombranti crinoline'.
Non sappiamo se questa sia stata veramente la ragione che suggerì questo profilo ai ferri battuti di molti palazzi palermitani, dal palazzo Valguarnera Gangi in piazza Croce dei Vespri a palazzo Mirto in via Lungarini, a palazzo Aragona e palazzo Naselli Flores, entrambi in via Garibaldi; ma il disegno è chiaro esito di una cultura barocca, caratterizzata da ricche e sontuose decorazioni, privilegianti lo snodarsi dialettico di forme curvilinee".
Questi esempi di arte del ferro sono sopravvissuti anche al saccheggio ed all'incendio dell'edificio nel settembre 1866, quando una rivolta popolare - fomentata da contadini ed ex appartenenti alle disciolte confraternite religiose - ebbe fra i suoi bersagli Antonio Starrabba, marchese di Rudinì e sindaco di Palermo.
In quei giorni tumultuosi, le donne del palazzo prudentemente non esibivano sui balconi le loro "ingombranti crinoline" ed oggi stentiamo anche ad immaginarne lo scomodo sporgersi dalle sinuose inferriate.
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