venerdì 1 luglio 2016

LE DONNE DI ARAGONA AI TEMPI DELLA CACCIA ALLA BANDA GIULIANO

Una pagina di Tommaso Besozzi sulla "inutile e odiosa" azione di repressione contro la popolazione nel periodo della lotta al banditismo nell'isola


Donne di Aragona in una fotografia
pubblicata nel maggio del 1949 da "L'Europeo"
ad illustrazione di un reportage di Tommaso Besozzi sulla banda Giuliano.
Poco più di un anno dopo,
lo stesso Besozzi avrebbe scritto uno storico articolo
sulla uccisione del bandito di Montelepre

La memoria siciliana del giornalista Tommaso Besozzi è legata alla prima pagina de "L'Europeo" del 16 luglio del 1950.
"Un segreto nella fine di Giuliano. Di sicuro c'è solo che è morto", scrisse il titolista a presentazione del reportage in cui Besozzi elencava tutte le incongruenze nella versione ufficiale della morte del bandito di Montelepre.
Al cronista di Vigevano si devono tuttavia molte altre preziose pagine che descrivono le cronache siciliane nei confusi ed ambigui anni del separatismo e dell'indipendentismo isolano.
In una di queste, ancora una volta su "l'Europeo" - in data 29 maggio del 1949, intitolata "Perchè Giuliano è ancora vivo" - Tommaso Besozzi non nasconde il carattere inutilmente repressivo per la popolazione delle azioni di polizia condotte contro il banditismo.



L'articolo era accompagnato da una fotografia che ritrae un gruppo di contadine siciliane nelle campagne agrigentine di Aragona.
Nella didascalia si legge:

"Aragona.
Un gruppo di donne ascolta notizie sulla caccia al bandito Giuliano. I compagni di Giuliano sono Madonìa Castrense, Pietro Licari, Francesco Barone e Francesco Fuoco. 
La superficie del territorio nel quale agisce la banda è di circa 5.000 km quadrati" 
    
"... Gli abitanti della zona, sono, salvo rare eccezioni, assolutamente favorevoli a Giuliano. 
Si sostiene - considerava Besozzi nel suo resoconto - che lo siano per paura o per calcolo; perché il favoreggiatore colto in fallo potrà essere condannato a qualche mese di carcere o a qualche anno di confino, mentre il delatore e, spesso, anche chi si limita a rifiutare ai banditi l'aiuto richiesto, viene punito con la morte; ed è umano che la gente di Montelepre, di Carini, di San Cipirello, scelga, tra i due rischi, il minore.
Questo era vero, in parte, fino a qualche tempo fa.
Oggi parteggiano tutti per Giuliano e non è affatto quel calcolo ad inclinare il piatto della bilancia, ma la convinzione di essere dalla parte del giusto.



E' triste dire queste cose; ma fu proprio la polizia a creare quell'atmosfera, il rancore, lo spirito di rivolta.
Ha usato metodi spietati; ed ancora una volta, la repressione indiscriminata non ha risolto nulla; anzi, ha raggiunto l'effetto contrario. 
A Montelepre, per impedire che i briganti fossero riforniti di viveri, sono stati chiusi d'autorità, e per molti giorni, tutti i negozi di alimentari; donne e bambini hanno sofferto la fame.
Per attingere alla fontana, le donne dovevano dichiarare il numero dei familiari ( e dimostrarlo ) perché fosse loro concesso di prendere la quantità di acqua ritenuta sufficiente.
Era un controllo inutile e odioso.
Un poliziotto indicava a ciascuna, col dito, fino a che livello potesse riempire il secchio.
Chi conosce questa parte della Sicilia può facilmente immaginare le liti.
La faccenda andava avanti per le lunghe; l'ora di erogazione finiva; ed i più restavano con il secchio asciutto... "




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