Successi teatrali e movimentata vita privata di un'attrice celebrata nel 1905 dalla rivista milanese "Varietas" e oggi quasi dimenticata
Mimi' Aguglia in una fotografia che la ritrae negli anni giovanili dei caffè-concerto. Le immagini del post illustrarono un servizio dedicatole nell'aprile del 1905 dalla rivista "Varietas" |
"La signorina Mimì Aguglia è giovanissima.
Non ha che vent'anni.
Bruna, pallida, sorridente, con i capelli corti tagliati alla nazzarena e un po' scomposti sulla fronte, con due occhi neri e fiammeggianti, offre tutte le attraenti caratteristiche delle fanciulle siciliane, che ondeggiano nella linea del loro profilo tra la Spagna e l'Oriente"
Così nell'aprile del 1905 la rivista mensile illustrata "Varietas", edita a Milano da Sonzogno, descrisse ai lettori una ragazza che sino a pochi mesi addietro "era completamente ignota nel mondo del teatro italiano, o meglio - precisava il giornalista e critico teatrale Stanis Manca - era conosciuta in una breve zona, in una penisola dell'arte scenica, cioè fra i frequentatori dei 'cafès-chantants'".
La recente fama di Mimì Aguglia - tale da farle meritare le attenzioni di Manca - era legata al suo recente e brillante esordio nel teatro di prosa come prima attrice nelle compagnie di Nino Martoglio, al fianco di Giovanni Grasso ed Angelo Musco.
In precedenza, si era esibita anche a Roma, calcando il palco dell'"Olympia", ma anche - nota il critico - "le tavole di un piccolo teatro di piazza Gugliemo Pepe, a breve distanza dai minuscoli serragli, dai giuochi di bersaglio e dai musei di galvanoplastica, in quella paurosa piazza romana dove l'arte spicciola attirava e agglomerava parecchi strati di delinquenza".
Mimì Aguglia ritratta con la sorella Rosina |
In precedenza, si era esibita anche a Roma, calcando il palco dell'"Olympia", ma anche - nota il critico - "le tavole di un piccolo teatro di piazza Gugliemo Pepe, a breve distanza dai minuscoli serragli, dai giuochi di bersaglio e dai musei di galvanoplastica, in quella paurosa piazza romana dove l'arte spicciola attirava e agglomerava parecchi strati di delinquenza".
L'articolo di "Varietas" è un testo prezioso per ricordare un'attrice palermitana oggi dimenticata, ma che agli inizi del Novecento visse anni di successi internazionali di critica e di pubblico.
La sua carriera fu ricca di riconoscimenti quanto la vita fu piena di sregolatezze ed eccessi, in linea con i pregiudizi allora correnti sulla dissolutezza di artisti ed attori, specie se donne.
Si racconta che anche la sua nascita abbia abbandonato gli schemi tradizionali di un parto: figlia di Ignazio - direttore di modeste compagnie di varietà - e di Giuseppina Di Lorenzo ( parente di Tina Di Lorenzo, anche lei attrice ), Mimì sarebbe venuta alla luce dietro le quinte di un teatro palermitano, il 23 dicembre del 1884, mentre la madre stava interpretando Desdemona in "Otello".
In questa e nelle altre fotografie, la Aguglia in scena nella "Figlia di Jorio" |
A cinque anni - ricorda Stanis Manca - la piccina esordiva in una vecchia operetta drammatica, 'La Bastiglia', sostenendo la parte d'una bambina rapita che l'elemosina ai passanti, e già strappava molte lacrime all'ingenuo pubblico dei piccoli teatri siciliani.
A sette anni cantava delle canzonette allegre nell'Arena San Giorgio di Palermo, e un anno appresso destava nuova commozione recitando 'così va il mondo, bimba mia', a Mistretta.
La ragazzina, in tal guisa, foggiava sé stessa, quasi inconsciamente, ad un doppio gioco drammatico e comico.
Per un momento i genitori pensarono di allontanarla dal teatro e di farne una maestrina.
Infatti la mandarono a studiare nelle scuole, qua e là.
Ma la nostalgia del palcoscenico era in Mimì così forte che a dodici anni ritornò giuliva alle farse ed alle canzonette"
Il critico di "Varietas" non mancò di riferire le precoci esperienze sentimentali della Aguglia, mettendole in relazione a presunte consuetudini siciliane del tempo:
"La bella Mimì è passata, come la proverbiale salamandra, attraverso il fuoco scottante del mondo canzonettistico, accontentandosi di eludere la fiera vigilanza paterna con qualche scappatella sentimentale.
Del resto l'amore, l'amore a tinte romantiche, è un'istituzione radicata in Sicilia, e Mimì Aguglia mi ha confessato di essere stata furiosamente amata a dodici anni e di avere, in quell'età infantile, provocato i primi clamorosi rabbuffi di suo padre"
Quindi Stanis Manca racconta un altro movimentato episodio nella carriera giovanile dell'attrice in Campania, con la compagnia di Luigi Maggi ( nella quale si esibiva anche la sorella di Mimì, Sarina ):
"Ella cantava in un caffè di Salerno delle canzonette napoletane, e tra le altre una intitolata 'La serva', un po' libera, ma appunto per questo accolta con speciali applausi.
Una sera capitò nel caffè un delegato di pubblica sicurezza, e le sue orecchie pudiche rimasero offese dalle strofe a doppio senso della 'Serva'.
Senz'altro salì sul palcoscenico ed ingiunse all'Aguglia di non cantare più la gioconda canzone.
La sera appresso, quando il pubblico salernitano si vide defraudato del numero prediletto, incominciò ad urlare e a strepitare, minacciando di porre a soqquadro il locale.
Accorso un altro delegato che non aveva gli stessi scrupoli del collega, per evitare maggiori disordini tolse il divieto, e Mimì riprese subito 'La serva' tra un uragano di applausi.
Ma il delegato amico della pudicizia, sconfessando l'operato del collega, stese una feroce denuncia, obbligando la graziosa canzonettista a comparire dinanzi al Pretore, sotto la duplice accusa di contravvenzione ai regolamenti di pubblica sicurezza e di oltraggio al pudore.
Tutta Salerno insorse a favore di Mimì Aguglia ed il processo - svoltosi innanzi una folla enorme - si tramutò in un'apoteosi.
L'accusata non diede tempo al suo avvocato di profferire una sola parola.
Essa dimostrò eloquentemente che 'La serva' era una delle canzoni meno immorali del suo repertorio, mentre le altre, più pepate, non erano state colpite dalla censura.
E a richiesta del pubblico ministero, ne accennò, canticchiando maliziosamente, qualcuna, e disse, per esempio, due versi della 'Farenara'...
Il pubblico intanto incominciava ad appassionarsi e ad applaudire come al caffè!
Sicché il Pretore, esaurientemente convinto che il primo delegato aveva preso un granchio ed il secondo meritava una promozione, si levò e lesse una sentenza di non farsi luogo a procedere per inesistenza di reato"
Ai tempi dell'articolo dedicatole da "Varietas", Mimì Aguglia aveva cominciato a godere della notorietà grazie ai trionfi nel dramma "Figlia di Jorio" in siciliano, con la compagnia di Martoglio.
Nel suo articolo, però, Stanis Manca non mancò di sottolineare il perdurante legame dell'attrice palermitana con gli ambienti del "café-chantant", assai diversi da quelli del teatro tragico.
Entrambi erano generi che la Aguglia sapeva ormai affrontare senza incertezze:
"Una sera, a Termini Imerese, la canzonettista si tramutò un'altra volta in attrice drammatica, e recitò, insieme a Giacinta Pezzana, nel 'Signor Alfonso' di Dumas.
In seguito, Mimì Aguglia fece la sua prima comparsa accanto a Giovanni Grasso, il formidabile attore siciliano non ancora svelato all'Italia, in quel sotterraneo teatro Machiavelli, dal quale è balzata una nuova arte, impressionante per la sua cruda verità.
La scrittura offerta a Mimì Aguglia la obbligava a sostenere tutte le parti, dalla vecchia caratterista alla giovine amorosa, e di più l'obbligava a cantare e a ballare.
Da quel caos rappresentativo uscirono le prime affermazioni drammatiche della giovinetta, che delineava la propria arte in 'Cavalleria Rusticana', nella 'Zolfara' e nei 'Mafiusi'.
Con il grasso, allora, rimase poco tempo.
Ragioni economiche attrassero di nuovo lei e la famiglia verso gli spettacoli di varietà e di operetta.
Mimì fu anche operettista al Rossini e alla Fenice di Napoli, ma il 'café-chantant' rimaneva sempre il suo campo preferito.
Mimì Aguglia, nella sua colorita narrazione, ha pure accennato alle prime rivalità artistiche con le compagne, a nuovi amori sentimentali sempre bruscamente interrotti dal focoso don Ignazio, e soprattutto ad una solenne bastonatura che egli somministrò ad uno pseudo giornalista teatrale, che aveva tentato un grossolano ricatto contro la figlia.
Ma questi - ha osservato ridendo la mia narratrice - sono gli incidenti inevitabili del mondo canzonettistico"
La carriera di Mimì Aguglia durò a lungo, svolgendosi sempre più spesso lontano dall'Italia.
Nel 1922 oltrepassò l'Atlantico con Giovanni Grasso, rappresentando con enorme successo i suoi spettacoli in siciliano a Chicago ed in California; furono i fortunati tempi di attività della Compagnia Teatrale Siciliana nei teatri internazionali, compresi quelli del Messico negli anni della rivoluzione.
Nel 1945, Mimì Aguglia ottenne la cittadinanza americana, vivendo in California, vicino al mare del Pacifico.
La giovanissima attrice incontrata anni prima dal critico teatrale di "Varietas" continuò a recitare per il cinema sino al 1970, quando morì per un infarto.
Sembra che il suo fascino abbia irretito anche lo scrittore Henry Miller, che per l'attrice avrebbe scritto nel dopoguerra "The Rosy Crucifixion": circostanza altrettanto memorabile nella carriera di un'artista cresciuta nei teatri popolari palermitani e diventata una delle eroine del teatro italiano del primo Novecento.
La ragazzina, in tal guisa, foggiava sé stessa, quasi inconsciamente, ad un doppio gioco drammatico e comico.
Per un momento i genitori pensarono di allontanarla dal teatro e di farne una maestrina.
Infatti la mandarono a studiare nelle scuole, qua e là.
Ma la nostalgia del palcoscenico era in Mimì così forte che a dodici anni ritornò giuliva alle farse ed alle canzonette"
Il critico di "Varietas" non mancò di riferire le precoci esperienze sentimentali della Aguglia, mettendole in relazione a presunte consuetudini siciliane del tempo:
"La bella Mimì è passata, come la proverbiale salamandra, attraverso il fuoco scottante del mondo canzonettistico, accontentandosi di eludere la fiera vigilanza paterna con qualche scappatella sentimentale.
Del resto l'amore, l'amore a tinte romantiche, è un'istituzione radicata in Sicilia, e Mimì Aguglia mi ha confessato di essere stata furiosamente amata a dodici anni e di avere, in quell'età infantile, provocato i primi clamorosi rabbuffi di suo padre"
Quindi Stanis Manca racconta un altro movimentato episodio nella carriera giovanile dell'attrice in Campania, con la compagnia di Luigi Maggi ( nella quale si esibiva anche la sorella di Mimì, Sarina ):
"Ella cantava in un caffè di Salerno delle canzonette napoletane, e tra le altre una intitolata 'La serva', un po' libera, ma appunto per questo accolta con speciali applausi.
Una sera capitò nel caffè un delegato di pubblica sicurezza, e le sue orecchie pudiche rimasero offese dalle strofe a doppio senso della 'Serva'.
Senz'altro salì sul palcoscenico ed ingiunse all'Aguglia di non cantare più la gioconda canzone.
La sera appresso, quando il pubblico salernitano si vide defraudato del numero prediletto, incominciò ad urlare e a strepitare, minacciando di porre a soqquadro il locale.
Accorso un altro delegato che non aveva gli stessi scrupoli del collega, per evitare maggiori disordini tolse il divieto, e Mimì riprese subito 'La serva' tra un uragano di applausi.
Ma il delegato amico della pudicizia, sconfessando l'operato del collega, stese una feroce denuncia, obbligando la graziosa canzonettista a comparire dinanzi al Pretore, sotto la duplice accusa di contravvenzione ai regolamenti di pubblica sicurezza e di oltraggio al pudore.
Tutta Salerno insorse a favore di Mimì Aguglia ed il processo - svoltosi innanzi una folla enorme - si tramutò in un'apoteosi.
L'accusata non diede tempo al suo avvocato di profferire una sola parola.
Essa dimostrò eloquentemente che 'La serva' era una delle canzoni meno immorali del suo repertorio, mentre le altre, più pepate, non erano state colpite dalla censura.
E a richiesta del pubblico ministero, ne accennò, canticchiando maliziosamente, qualcuna, e disse, per esempio, due versi della 'Farenara'...
Il pubblico intanto incominciava ad appassionarsi e ad applaudire come al caffè!
Sicché il Pretore, esaurientemente convinto che il primo delegato aveva preso un granchio ed il secondo meritava una promozione, si levò e lesse una sentenza di non farsi luogo a procedere per inesistenza di reato"
Ai tempi dell'articolo dedicatole da "Varietas", Mimì Aguglia aveva cominciato a godere della notorietà grazie ai trionfi nel dramma "Figlia di Jorio" in siciliano, con la compagnia di Martoglio.
Nel suo articolo, però, Stanis Manca non mancò di sottolineare il perdurante legame dell'attrice palermitana con gli ambienti del "café-chantant", assai diversi da quelli del teatro tragico.
Entrambi erano generi che la Aguglia sapeva ormai affrontare senza incertezze:
"Una sera, a Termini Imerese, la canzonettista si tramutò un'altra volta in attrice drammatica, e recitò, insieme a Giacinta Pezzana, nel 'Signor Alfonso' di Dumas.
In seguito, Mimì Aguglia fece la sua prima comparsa accanto a Giovanni Grasso, il formidabile attore siciliano non ancora svelato all'Italia, in quel sotterraneo teatro Machiavelli, dal quale è balzata una nuova arte, impressionante per la sua cruda verità.
La scrittura offerta a Mimì Aguglia la obbligava a sostenere tutte le parti, dalla vecchia caratterista alla giovine amorosa, e di più l'obbligava a cantare e a ballare.
Da quel caos rappresentativo uscirono le prime affermazioni drammatiche della giovinetta, che delineava la propria arte in 'Cavalleria Rusticana', nella 'Zolfara' e nei 'Mafiusi'.
Con il grasso, allora, rimase poco tempo.
Ragioni economiche attrassero di nuovo lei e la famiglia verso gli spettacoli di varietà e di operetta.
Mimì fu anche operettista al Rossini e alla Fenice di Napoli, ma il 'café-chantant' rimaneva sempre il suo campo preferito.
Mimì Aguglia, nella sua colorita narrazione, ha pure accennato alle prime rivalità artistiche con le compagne, a nuovi amori sentimentali sempre bruscamente interrotti dal focoso don Ignazio, e soprattutto ad una solenne bastonatura che egli somministrò ad uno pseudo giornalista teatrale, che aveva tentato un grossolano ricatto contro la figlia.
Ma questi - ha osservato ridendo la mia narratrice - sono gli incidenti inevitabili del mondo canzonettistico"
La carriera di Mimì Aguglia durò a lungo, svolgendosi sempre più spesso lontano dall'Italia.
Nel 1922 oltrepassò l'Atlantico con Giovanni Grasso, rappresentando con enorme successo i suoi spettacoli in siciliano a Chicago ed in California; furono i fortunati tempi di attività della Compagnia Teatrale Siciliana nei teatri internazionali, compresi quelli del Messico negli anni della rivoluzione.
Nel 1945, Mimì Aguglia ottenne la cittadinanza americana, vivendo in California, vicino al mare del Pacifico.
La giovanissima attrice incontrata anni prima dal critico teatrale di "Varietas" continuò a recitare per il cinema sino al 1970, quando morì per un infarto.
Sembra che il suo fascino abbia irretito anche lo scrittore Henry Miller, che per l'attrice avrebbe scritto nel dopoguerra "The Rosy Crucifixion": circostanza altrettanto memorabile nella carriera di un'artista cresciuta nei teatri popolari palermitani e diventata una delle eroine del teatro italiano del primo Novecento.
super
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