mercoledì 20 dicembre 2017

UNO STORICO REPORTAGE SULLO STATO DEI BARACCATI A MESSINA

Vita quotidiana nella baraccopoli dello "Zuccarello",
sorta a Messina a metà degli anni Cinquanta.
Le fotografie riproposte da ReportageSicilia
illustrarono un reportage pubblicato nel dicembre del 1957
dal periodico palermitano "Il Ciclope"
Centonove anni dopo il devastante terremoto del 27 dicembre del 1908, risale allo scorso marzo il via libera ad un piano di riqualificazione urbanistica per le baraccopoli messinesi di Fondo Fucile e Fondo Saccà.
Grazie ad un finanziamento da 18 milioni di euro dovrebbe essere finalmente cancellata la presenza nei sobborghi della città di strutture fatiscenti, retaggio di una cultura abitativa - quella delle baracche - mai completamente superata dopo le distruzioni del terremoto e del secondo conflitto mondiale.
Già poche settimane dopo il sisma, Messina si riempì di baraccapoli.
Sorsero anche in quello che era stato il centro storico della città, spalando le macerie degli edifici crollati: in viale Mazzini, nelle piazze Vittorio, XX Settembre, Santa Maria di Gesù ed Ugo Bassi.
Altre furono via via costruite in maniera estemporanea con materiale di fortuna nei quartieri periferici e lungo le rive del torrente Gazzi
Queste ultime baracche sorsero  in maniera incontrollata, sull'abbrivio di quella edilizia dell'emergenza che aveva trovato ragion d'essere nei primi mesi della grande carenza abitativa post-terremoto.
Il primo conflitto mondiale - con le requisizioni degli alloggi appena costruiti per uso del personale militare - e i pesantissimi bombardamenti alleati, fra il 1941 ed il 1943, furono anch'essi eventi che hanno favorito a Messina la diffusione delle baracche per almeno un cinquantennio dello scorso secolo.


Una sorta di assuefazione storica a questa forma precaria di edilizia abitativa ha dunque segnato fino ai nostri giorni la vita di migliaia di messinesi, sottoponendoli a malattie - tubercolosi in primis - e temperature gravose: torride in estate, gelide per la tramontana in inverno. 
Gli occupanti di baracche sono stati calcolati in circa 30.000 sino al 1977, quando in città nacque l'Unione Baraccati Inquilini Messinesi.
Emerse allora che soltanto lungo il torrente Gazzi erano in piedi 2.136 alloggi costruiti in mattoni, lamiera, plastica e legno.
Risultò pure che centinaia di baracche erano occupate saltuariamente  da quanti speravano così di scalare le graduatorie che davano diritto all'assegnazione di una casa popolare.
Il rapporto fra i messinesi e quest'edilizia precaria è stato così illustrato dallo scrittore e giornalista Giuseppe Longo in "La Sicilia è un'isola" ( Aldo Martello Editore, 1961 ): 

"La sorte volle che io nascessi, dopo il terremoto di Messina, in una città nuova, tutta odorosa di legno di 'picpine'.
Nei primi mesi del 1909, quando era presidente degli Stati Uniti Teodoro Roosevelt, ci arrivarono i primi aiuti americani sotto specie di immense quantità di assi piallate di 'picpine', uno dei legni più duri che si conoscano, destinate a fabbricare baracche per i sopravvissuti del terremoto del 28 dicembre 1908.
Tutte le navi che giungevano nel porto sconvolto erano cariche di legname proveniente da tutte le parti del mondo.
Si trattava, nientemeno, di costruire abitazioni per cinquantamila persone.
Io nacqui nel deposito tramviario, dentro una vettura del tram a vapore Messina- Barcellona, rimasta inutilizzata per la scomparsa dei binari.
Vi si installò la mia famiglia.
Tutto intorno sorgevano baracche e si può dire che i miei primi vagiti li emisi in una baracca.
Me ne è rimasta una forma quasi allergica di ripugnanza per l'odore del legno fresco e della colla e l'amore per i saltimbanchi e per il provvisorio.
Di quel tempo non ho nessuna memoria.


Ho, invece, sempre davanti agli occhi le sterminate distese di baracche del quartiere americano, le strade dritte e intersecantisi che lo percorrevano, chiamate quali col nome di personaggi americani, della politica e dell'esercito, talvolta oscuri sottufficiali, e quali con numeri romani: via Bicknel o Traversa XIV che i messinesi pronunciavano quattordici...
Conosco i rioni più poveri di Napoli, gli slums di Londra, i quartieri del porto di Marsiglia, i carruggi di Genova, le miserabili strade di Comacchio e di Chioggia, certi miseri paesi jugoslavi e greci, ma non è possibile istituire paragoni.
La miseria è dunque nel nostro paese qualcosa che non potrà mai essere intaccata, sia pure a danno di qualche grattacielo o di qualche inutile strada panoramica?
Messina vent'anni fa era una città nuova, tutta fatta di case di cemento armato sorte nei luoghi in cui per trent'anni avevano allignato le baracche del terremoto.
Eppure non si riuscì mai a far sparire interamente le casupole di legno e in certe zone periferiche si salvarono incredibili isole di miseria nelle quali una magra umanità poté apprendere, per prodigioso fenomeno, nonostante tutto, i rudimenti del vivere civile, così che essa parla e veste panni anche se non legge né scrive..."

Quattro anni prima la pubblicazione del saggio di Giuseppe Longo, la rivista palermitana "Il Ciclope" diretta da Beppe Fazio pubblicò le fotografie della baraccopoli messinese sorta in quegli anni nei pressi della caserma "Zuccarello".
Il reportage - un fotoservizio a firma di "Arbusi", apparso sul numero del dicembre del 1957 - si può considerare come una delle prime severe denunce sulle condizioni abitative patite ancora oggi da qualche migliaio di persone a Messina:

"Questa segnalazione non è una speculazione politica, ma è solo un tentativo di aprire gli occhi alle autorità responsabili.
Alla periferia di Messina vivono, ormai da anni, circa 350 famiglie di senza tetto.
Il centro di raccolta di questi derelitti è la 'Zuccarello', uno squallido edificio già adibito a caserma.
Attorno alle sue mura si vanno raccogliendo baracche di legno; alcune, le più sconnesse e decrepite, furono già le abitazioni provvisorie dei terremotati del 1908, e accolgono ora nuova sventura.
Così il ricordo di un antico dolore si congiunge alla realtà della miseria attuale.
Inutile descrivere come vive questa gente.
Non è certo l'unico caso, questo, di ammasso di povertà, che si registri in Sicilia.


Da Palermo a Caltanissetta, a Catania, un turista non distratto o un siciliano che non cammini con gli occhi bendati può assistere a spettacoli di questo genere.
Ultimamente il Municipio di Messina si è vivamente interessato alle condizioni igieniche di queste famiglie, mandando i messi comunali a riscuotere la tassa della nettezza urbana.
Come funzioni bene questo servizio sul luogo lo si può vedere dalle fotografie che seguono.
E' un piccolo dettaglio che il Comune non ha trascurato"

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