mercoledì 15 agosto 2018

L'ONDA DELLA TV E L'INCURIA COMPLICI DEL FURTO DEL CARAVAGGIO

La "Natività" di Caravaggio,
rubata all'interno dell'Oratorio di San Lorenzo,
a Palermo, la notte fra il 17 ed il 18 ottobre del 1969

"Questo Oratorio possedeva un quadro di Caravaggio ( 1608 ) che illustrava la "Natività con San Francesco e San Lorenzo", ma sfortunatamente venne rubato nell'ottobre del 1969.
Riproduciamo l'opera in questa pagina e cogliamo l'occasione per deplorare gli episodi di vandalismo commessi contro l'arte ed il suo valore"

Con questa didascalia, la pubblicazione "Sicilia" edita a Palermo nel 1981 da Poligraf volle ricordare il furto della più nota e preziosa fra le opere d'arte mai trafugate nell'Isola.
Con la sua nota di biasimo, l'autore dimostrò postuma considerazione nei confronti di un capolavoro della pittura che Palermo - sino al  momento del furto, la notte fra il 17 ed il 18 ottobre di 49 anni fa  - aveva invece quasi del tutto ignorato e trascurato.
Come è noto, la storia della sparizione della "Natività" di Caravaggio è degna di un grande romanzo giallo in cui si intrecciano più trame: le vicende artistiche del quadro, le modalità del suo furto e quelle - ancor oggi oggetto di indagini - della sorte dell'opera, oggetto delle recenti attenzione della Commissione Parlamentare Antimafia.



Una scrupolosa ricostruzione dei fatti - arricchita dalla pubblicazione degli atti d'indagine condotte in mezzo secolo ad opera soprattutto dei Carabinieri - è stata condotta nei mesi scorsi da Riccardo Lo Verso ( "La tela dei boss. Pentiti e segreti. La verità sul Caravaggio rubato", Gruppo Editoriale Novecento, 2018 ).
Il saggio di Lo Verso fissa alcuni punti plausibili e circostanziati nella storia del trafugamento e del successivo destino della "Natività": nomi e cognomi dei ladri forse improvvisati, ruoli e responsabilità di alcuni boss della mafia palermitana dell'epoca che si fecero consegnare il preziosissimo reperto per piazzarlo sul mercato clandestino ( da Stefano Bontade a Pietro Vernengo, da Gerlando Alberti a Gaetano Badalamenti ).



Questi ultimi - ed un numero non irrilevante di "fedelissimi" delle rispettive famiglie mafiose - appaiono come i gestori della successiva vendita del capolavoro portato via dall'Oratorio di San Lorenzo, noto anche per la presenza di un ciclo di stucchi del Serpotta.
Il quadro - passato pure tra le mani di un restauratore di fiducia della mafia - sarebbe stato in seguito piazzato sul mercato antiquario clandestino della Svizzera ( non è chiaro se integro, o tagliato in diversi pezzi ).
Qui si chiude la ricostruzione di Riccardo Lo Verso, lasciando ancora credibili le possibilità di un clamoroso recupero della tela trafugata a Palermo.




Il contributo che quest'articolo può aggiungere alla comprensione dell'intricata vicenda, riguarda ciò che accadde intorno alla tela caravaggesca prima della sua scomparsa: circostanze e coincidenze che ispirarono ed agevolarono il compito dei ladri, in una Palermo all'epoca ignara e incurante della presenza dell'opera d'arte da allora più ricercata d'Italia.
Basta rileggere le cronache del tempo per "deplorare" il contesto di omissioni ed ignoranza che aprirono il mistero sulla sorte della tela, il cui valore fu stimato all'epoca in un miliardo di lire. 
Scrisse a questo proposito con sarcasmo il cronista del "Giornale di Sicilia" Giuseppe Servello:

"Al demerito del gesto, i ladri possono opporre un merito culturale, perché con la loro iniziativa hanno fatto conoscere alla stragrande maggioranza dei palermitani l'esistenza di un capo d'arte in famiglia..."
( "E' mezzanotte messer Caravaggio", in "Giornale di Sicilia" del 30 ottobre del 1969 )

La "Natività con San Francesco e San Lorenzo" era ospitata all'interno di un Oratorio ubicato nel ventre sofferente del centro storico di Palermo: una zona cittadina in condizioni di degrado strutturale e nella quale si muovono ancor oggi disperate figure di persone costrette a sbarcare il lunario con espedienti, a cominciare dai furti.
Nel 1966, quell'ambiente era stato così descritto da Mario Farinella ( "Profonda Sicilia", Libri Siciliani, Célèbes ):

"Il mestiere del ladro occasionale, del borsaiolo, del lestofante, ha piena cittadinanza nella casbah: all'Albergeria, al Capo, alla Kalsa, a Castellammare è uno dei più praticati e persistenti, staremmo per dire uno dei più popolari.
Più che un mestiere è una alternativa che, prima o poi, si pone dinanzi a molte famiglie, quando l'uomo non riesce a trovare un lavoro qualsiasi o va incontro ad un lungo periodo di disoccupazione e, quindi, alla fame certa, al pianto dei bambini, al lamento della moglie..." 



I ladri del capolavoro caravaggesco penetrarono attraverso una porticina laterale, aprendola con un coltello: bastò infilare la lama a ridosso del battente per sollevare un vecchio ferro che avrebbe dovuto proteggere l'accesso.
Quel trafugamento fu straordinariamente facile; ma era destinato a scrivere una storia complicatissima ed ancor oggi aperta ad un epilogo ancora da raccontare.
Uniche custodi dell'Oratorio erano all'epoca le sorelle Gelfo, una sposata, l'altra nubile: dormivano entrambe ad un piano superiore, condividendo l'alloggio che dal 1935 fu del padre, più per necessità che per devozione o attenzione nei confronti degli stucchi del Serpotta o del Caravaggio
In assenza di qualsiasi sistema di sicurezza o di allarme, le Gelfo non potevano essere considerate come responsabili della custodia dell'Oratorio.



Dopo il furto, non fu trovato alcun documento che assegnasse alle due sorelle un compito di sorveglianza, ereditando in modo ufficiale l'incarico che era stato del padre.
Qualche anno prima, le autorità ecclesiastiche palermitane avevano anzi tentato di affittare la loro abitazione: intenzione venuta meno perché le Gelfo rivendicarono di avere ricevuto l'alloggio in dono dalla Congregazione di San Lorenzo.
Sembra così che la tutela del Caravaggio fosse piuttosto affidata alla scarsa conoscenza dell'opera in città, nota soprattutto fra gli studiosi di storia dell'arte ed i dirigenti della Soprintendenza.
Pochissimi palermitani e turisti avevano avuto l'occasione di ammirare la preziosissima tela, ignorata da buona parte delle guide: in quella "Rossa" del TCI dedicata nel 1968 alla Sicilia ( un anno prima della scomparsa ), la descrizione si limitava a questa semplice citazione:

"All'altare, "Natività di Gesù'", grande tela del Caravaggio"



Meno di tre mesi prima del trafugamento, tuttavia, il quadro   ignoto a buona parte dei palermitani venne mostrato dalla televisione all'Italia intera.
Le immagini della tela - le uniche, oggi conservate nelle teche RAI, che ne documentino l'esistenza - vennero mandate in onda il 1 agosto del 1969, in una trasmissione dal titolo "Capolavori nascosti".
Il documentario era dedicato agli stucchi di Giacomo Serpotta presenti all'interno dell'Oratorio; le telecamere del primo canale RAI indugiarono però a lungo sulla tela della "Natività", indicandola come un'opera di grandissimo pregio artistico.
E' possibile che proprio quel programma abbia suggerito a qualcuno l'idea di rubare l'opera?




E che i ladruncoli che la portarono via usando una lametta - spinti dal passaparola su quelle riprese televisive - avessero agito in maniera autonoma, salvo poi dovere consegnare il Caravaggio ai boss della mafia?
Ciò che è certo, è che dopo il furto il programma televisivo venne messo sotto accusa da quanti, a Palermo, non si erano nel frattempo preoccupati di proteggere il quadro con adeguate misure di sicurezza.
Don Benedetto Rocco - che da quattro anni dirigeva l'Oratorio di San Lorenzo - ricordò all'epoca di avere segnalato già da molto tempo l'assenza di efficaci sistemi di vigilanza.
"Se qui non si prendono provvedimenti si porteranno via pure gli stucchi", andava ripetendo, inascoltato.
Non meno consapevole dei rischi fu il Sovrintendente Vincenzo Scuderi, cui i cronisti, dopo la notizia del furto, attribuirono un lapidario commento: "me lo aspettavo".
Il professore Giuseppe Bellafiore - già all'epoca noto studioso del patrimonio artistico siciliano - sottolineò invece "l'assenza di una catalogazione minuziosa del patrimonio delle chiese a Palermo, oggi del tutto assente".




"Per quanto riguarda il clero" - spiegò senza mezzi termini alla stampa il prefetto di Palermo, Giovanni Ravalli - "è indispensabile che quando possiede opere d'arte ne affidi la custodia allo Stato, se non riesce a garantirla.
Per quanto riguarda la Soprintendenza, non risulta che essa abbia mai sollecitato o imposto all'autorità ecclesiastica l'azione di specifiche misure di sicurezza delle opere d'arte, e ciò è valso anche per il quadro di Caravaggio.
La Questura non è stata mai interessata per adottare una sorveglianza"
Il giallo dunque del furto della "Natività con San Francesco e San Lorenzo" è anche la storia del disinteresse e dell'abbandono sofferto per molti anni dagli oggetti d'arte e dalle opere architettoniche a Palermo.
Non è un caso che appena due anni dopo il furto del Caravaggio, crollasse l'ala destra del palazzo normanno della Zisa, lasciato colpevolmente per decenni in stato di degrado.



Il peso dell'insipienza e dell'incuria nelle vicende siciliane ed italiane, compresa quella della scomparsa della "Natività", venne infine così commentato da Leonardo Sciascia, con una lettura di sconcertante attualità:

"Ancora una volta dobbiamo amaramente constatare che questo non è un Paese civile.
Non è nelle baracche dei terremotati e degli immigrati, a Montevago come nella periferia torinese; e non lo è nella conservazione e custodia delle opere di arte e delle testimonianze storiche.
Sembra che non ci sia relazione tra un Caravaggio facilmente rubato a Palermo e una famiglia costretta a vivere in sei metri quadrati di baracca: e invece c'è, precisa, assoluta.
Se il baraccato costituisse effettiva preoccupazione, uguale preoccupazione costituirebbe il Caravaggio di San Lorenzo, la Zisa, sabbione ed il disegno di Leonardo.
C'è una interdipendenza, un legame d'ordine: del solo e vero ordine che un Paese civile deve tenere..."





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