Abusivismo edilizio su una spiaggia fra Tusa e Finale di Pollina. Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia |
In sosta su una piazzola di servizio della strada statale 113, fra Palermo e Messina, a ridosso della deserta costa sassosa fra Tusa e Finale di Pollina. C'è un magnifico silenzio, il mare di novembre - blu scuro, appena increspato dal vento - quando lo sguardo scopre proprio a ridosso della battigia un gruppo di casette a schiera: una sfrontata lottizzazione abusiva, visibile a chiunque si sia mai affacciato da questo luogo per godere di un paesaggio sfregiato da chissà quanti anni.
Di posti così in Sicilia se ne contano tanti, e in un periodo in cui nell'Isola si prospettano nuove sanatorie, ennesimi condoni edilizi. Il primo disegno di legge presentato per questa materia all'assemblea regionale siciliana - in nome del diritto di costruire ovunque, magari con la giustificazione dello "stato di necessità" - risale all'ottobre del 1976.
Il provvedimento ebbe il via libera il 30 settembre del 1978, legittimando nell'Isola l'idea stessa che costruire edifici come quelli visibili fra Tusa e Finale di Pollina, con la complicità delle leggi, fosse cosa del tutto lecita.
Secondo uno studio della facoltà di Ingegneria di Palermo, nel solo decennio 1971-1981 sono sorti in Sicilia almeno 345.000 alloggi abusivi.
Da allora, il cancro cementizio che non ha mai smesso di crescere, deturpando il paesaggio, favorendo la politica clientelare, l'economia illegale e la piaga della burocrazia: sino al 2016, le pratiche di sanatoria edilizia giacenti negli uffici comunali dell'Isola erano oltre 360.000, inequivocabile certificazione del disinteresse dei siciliani nei confronti della bellezza della propria terra.
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