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Luchino Visconti durante la lavorazione di "La terra trema". Le foto del post sono tratte dall'opera "1949 Mediterranea", citata nel testo |
Fu dall'ottobre del 1947 a maggio del 1948 che il borgo marinaro di Aci Trezza cambiò per sempre la sua storia. Furono i mesi in cui Luchino Visconti girò in questo luogo sconosciuto e remoto per tutti gli italiani e per gran parte dei siciliani un documentario che sarebbe ben presto diventato un film: "La terra trema", ispirato a "I Malavoglia" di Verga. Il clamore suscitato da quest'opera cinematografica avrebbe da allora inciso sulla vita quotidiana e sull'economia di Aci Trezza, dove quasi nessuno dei pescatori aveva mai prima messo piede in un cinema o in un teatro. Arrivarono i primi turisti, si costruirono ristoranti, alberghi e piattaforme per la balneazione sulla scogliera lavica: la fine di quel mondo remoto e dominato solo dalla natura che tanto aveva affascinato Visconti. Il lavoro del regista, commissionato dal PCI dopo la strage di Portella della Ginestra del 1 maggio del 1947, sarebbe dovuto essere un reportage sulla condizione dei minatori, dei braccianti agricoli e dei pescatori di un'Isola scossa dalle lotte contadine per la terra e dal banditismo.
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Franco Zeffirelli, uno degli assistenti di Visconti, parla con Giovanni Greco, uno dei protagonisti del film |
Luchino Visconti, che per il documentario disponeva di un budget limitato a pochi milioni di lire, nelle settimane successive alla strage di Portella arrivò in Sicilia per un sopralluogo, accompagnato da Francesco Rosi. In auto, raggiunsero anche Aci Trezza, dove, come lo stesso Visconti avrebbe dichiarato in seguito "ai miei occhi di lombardo apparve il mondo primitivo e gigantesco dei pescatori, in uno scenario favoloso e magico, con il rumore monotono delle onde che si infrangono sui faraglioni...".
Fu dinanzi a quel mondo arcaico, lontanissimo dalle nascenti spinte di rinascita economica che rianimavano le grandi città del Nord Italia, che Luchino Visconti decise di ambientare il racconto esclusivamente ad Aci Trezza ( in origine, intitolato "L'episodio del mare" ), rinunciando a quella trilogia documentaria che avrebbe dovuto riguardare anche i minatori e dei contadini.
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Una inquadratura del film |
Come è noto, le riprese di Visconti - che scelse come assistenti lo stesso Rosi e Franco Zeffirelli - coinvolsero decine di pescatori e loro familiari. Seguendo, pare, le indicazioni personali di Palmiro Togliatti, la produzione decise di far recitare le battute agli attori non professionisti nel dialetto di Aci Trezza, incomprensibile anche per gran parte dei siciliani. In una delle poche trattorie del borgo, Visconti riuscì a reclutare dopo molte insistenze le giovanissime sorelle Agnese e Nella Giammona, con un compenso pattuito di 450 lire per ogni scena realizzata. Le spese di produzione, gravate anche da chi ad Aci Trezza lucrò sull'affitto di barche da pesca e reti, finirono con l'esaurire presto i fondi messi a disposizione dal PCI. Fu così che Luchino Visconti - regista che non badava a spese pur di girare secondo le sue aspettative - investì nella produzione il provento di alcuni beni personali; ad aiutarlo - malgrado l' appartenenza alla Orbis Universalia ( società legata al Centro Cattolico Cinematografico del Vaticano ) - fu il produttore Salvo D'Angelo: l'architetto catanese che a partire dal 1938, in pieno periodo fascista, si era dedicato a Roma alle scenografie ed alla produzione di alcuni film.
Come testimoniato da Francesco Rosi - che nel corso delle riprese subì le frequenti sfuriate di un regista ossessionato dai dettagli - durante la produzione Visconti si concentrò esclusivamente sulla realizzazione del film:
"Se aveva delle indecisioni, le superava con impostazioni di lavoro intransigenti. Finito di girare ad Aci Trezza, ogni sera si ritirava in albergo a Catania, cenava in camera e non usciva più. Si portava sempre dietro una sua borsa di cuoio misteriosissima dalla quale tirava tutto ciò che preparava a scriveva di notte: disegni, appunti, pagine di dialogo che poi rifaceva con i pescatori interpreti del film..."
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Una piccola interprete di "La terra trema" |
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Agnese Giammona, interprete della parte di Maria |
Il 2 settembre del 1948, "La terra trema" venne proiettato alla Mostra del Cinema di Venezia, presenti le sorella Giammona e pochi altri attori non professionisti che avevano ricevuto da Visconti la promessa di essere presenti alla prima del "loro" film. La proiezione dei 4 chilometri di pellicola - quasi tre ore di durata - e i dialoghi in un siciliano incomprensibile per i giurati ed il pubblico provocarono accese proteste in sala: un clima che a fine proiezione spinse il critico Arturo Lanocita a giudicare "La terra trema" "il più discusso e direi il più altercato film della Mostra". Nonostante le contestazioni, la pellicola si aggiudicò uno dei quattro premi di quella rassegna veneziana, dando ragione agli estimatori del regista milanese. Malgrado le pesanti polemiche di natura anche politica - quelle degli ambienti democristiani e dei vertici della Regione, che accusarono Visconti di avere proposto l'immagine falsa di una Sicilia arcaica - anche i più convinti detrattori del film ammisero quei pregi che lo rendono ancor oggi uno dei capisaldi della produzione del regista cimentatosi in seguito di nuovo nell'Isola con "Il Gattopardo":
"Lento, smisurato, con passaggi meccanici senza estro, con molte cartoline illustrate - scrisse lo sceneggiatore Ferruccio Disnan in "Il cinema in Italia", Mediterranea Almanacco di Sicilia, I.R.E.S Palermo, 1949 - discontinuo di stile e di tono ( molte scene della prima parte sono di un verismo calligrafico, mentre altre, come quella di Ntoni che balla con altri compagni sono di un verismo di marca francese ), con tutti questi difetti l'opera, ridotta quanto basti per farne un film di durata normale e abolito il commento, ha un suo innegabile fascino. La baruffa fra mercanti e pescatori, la dolente umanità delle donne, la loro immota attesa sulla scogliera, alcuni interni ripresi con sincera immediatezza e la stessa incomprensibile parlata fa di quelle parole una storia di canto aspro e dolce, la stessa musica corale delle onde che lisciano la rena o si avventano sui massi, sono tutti elementi positivi in una opera grave di cose inutili e di maniera..."