domenica 22 maggio 2022

RETORICA FASCISTA NEL 1937 AL FORO ITALICO DI PALERMO PRIMA DELLA DISFATTA IN SICILIA

Il volto di Mussolini
ritratto in un carretto dell'Isola.
Fotografia pubblicata da 
"Il Mondo" del 13 ottobre 1951


Nell'agosto del 1937, Benito Mussolini visitò la Sicilia per la seconda volta dall'inizio del suo regime. L'evento, celebrato nell'abituale contesto di retorica e propaganda sulla "italica grandezza" e sulla "fierezza di un popolo generoso, abitante nel centro geografico dell'Impero", coincise con l'organizzazione di esercitazioni navali fra le coste di Sciacca e quelle di Augusta. Uno degli appuntamenti più attesi di quel viaggio si svolse a Palermo, in quella zona del Foro Italico dove, appena 6 anni dopo, il generale George Smith Patton - dopo avere insediato il quartier generale americano all'interno di Palazzo dei Normanni - avrebbe ordinato la colmata del mare con le macerie urbane causate dai bombardamenti alleati. In questo luogo, alle 17.45 del 20 agosto, Mussolini avrebbe pronunciato ai palermitani ed al resto degli italiani in ascolto radio un discorso in cui avrebbe espresso due previsioni destinate a confermare la natura sostanzialmente propagandistica dell'operato fascista. "Incomincia per la Sicilia un'epoca felice come mai ha avuto in millenni di storia" - declamò alla folla del Foro Italico - aggiungendo che "qui, in quest'isola, non sbarcherà mai nessuno, nemmeno un soldato": una retorica che di lì a pochi anni, con l'inizio della guerra, sarebbe stata drammaticamente spazzata in Sicilia dapprima dalle bombe francesi, inglesi ed americane e, in seguito, dallo sbarco di massa dell'operazione "Husky"


  

Nel 1937, in occasione di quel viaggio nell'Isola - ha scritto nel 1981 sul "Corriere della Sera"  il giornalista e saggista Silvio Bertoldi -  "all'imperioso capo del fascismo non dissero nulla né le condizioni economiche e sociali dell'isola, né l'evidente impreparazione militare, né l'inadeguatezza delle difese, né il lassismo dei comandi e delle autorità civili. Si arriva al luglio 1943 in un clima di dissoluzione morale e materiale, mentre già si intravvedono i primi sintomi di quella malattia che poi si chiamerà separatismo, con un dittatore sconfitto e senza prestigio specie dopo il "discorso del bagnasciuga", tra la crescente arroganza dei tedeschi che si vedono addossato il compito di morire per un'isola che toccherebbe agli italiani di difendere. 



Lo sbarco avviene come un evento fatale, atteso e forse preludio dell'otto settembre perché nessuno ha più voglia di battersi per una causa perduta, già spariscono frettolosamente prefetti e gerarchi, dando proprio loro il primo segnale del crollo. Seguono quelle che per gli alleati saranno giornate straordinariamente fauste e irripetibili, prologo illusorio alla campagna d'Italia resa ben più dura e sanguinosa dall'abilità di un generale come Kesselring e dall'efficienza dei suoi soldati; ma la Sicilia resta un esempio di come un'operazione militare possa diventare un fatto imprevedibile ed equivoco, in cui al valore e al coraggio si mescolano inestricabilmente azioni mafiose, figli di Cosa Nostra, ritorno di "paisà", viltà locali, piccoli e grandi tradimenti, servizi segreti e sbracamento indicibile di fronte ai vincitori..." 


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