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domenica 8 dicembre 2013

ESTRO E GROTTESCO DEI MENSOLONI BAROCCHI

Mensoloni di un palazzo
di età barocca a Ragusa.
La fotografia è di Melo Minnella
ed è tratta dall'opera
"Libro Siciliano" edita nel 1970
da S.F.Flaccovio.
Il libro ospita un saggio
su "Il barocco in Sicilia"
dello storico Massimo Ganci

"Si sporgono nella luce implacabile dell'isola i mascheroni pensierosi sbigottiti e grotteschi, quasi sempre pieni di caratteri come ritratti o caricature, così intensi da tramutare in occasioni meravigliose la continua emulazione dei committenti e delle maestranze, ed in esigenze spontanee di un'arte metafisica l'aridità stessa della materia ( sembrano pianeti privi d'acqua ).
Si cerca il particolare, e gli si dà grande valore: a Ragusa come a Noto a Scicli a Siracusa, in tutta l'isola, e massimamente a Catania durante la fioritura dell'arte barocca etnea".
Con questa prosa tortuosa ( verrebbe da scrivere, "barocca" ), lo storico Massimo Ganci definì la ricchissima decorazione lapidea di balconi e facciate dell'architettura siciliana del Seicento nella parte orientale dell'isola.
Ganci affidò le sue considerazioni all'opera "Libro Siciliano" edito da S.F.Flaccovio nel 1970; vale a dire, in un periodo in cui - notava allora lo storico - "accade spesso di sentir dire che il barocco siciliano è di moda: e può veramente esser considerato una scoperta di questi ultimi anni", con riferimento soprattutto al saggio di Anthony Blunt "Barocco Siciliano", pubblicato nel 1968.
"I balconi - continua Massimo Ganci - riacquistano e confermano le analogie esistenti nel XVIII secolo, fra la decorazione scultorea della Sicilia ionica e la scultura decorativa della penisola Salentina, di Lecce in particolare.
Converrà studiare le rotte mercantili e militari e la navigazione minore del Sei e del Settecento, la cronaca degli spostamenti di famiglie di artigiani lungo le coste ioniche e tirreniche: si avranno molte notizie illuminanti e qualche piacevole sorpresa.
Mascheroni, capitelli strani, telamoni grandi e piccoli ( nella città di Palermo sono giganteschi quelli che sorreggono la cupola del Carmine nuovo, maiolicata e lucente come una pisside ), cornucopie, festoni, fogliami d'ogni sorta fanno una ressa tale da lasciare scoperto il sedimento simbolico e magico anti rinascimentale...".

Un'altra fotografia
tratta da "Libro Siciliano",
attribuita alla
"Soprintendenza Monumenti
Sicilia Orientale".
L'immagine ritrae un balcone
del palazzo di Villadorata, a Noto.
Nella didascalia si legge:
"Il colore della pietra - il colore del miele,
della paglia invecchiata, dell'oro opaco -
insieme con le elegantissime ringhiere,
che oggi siamo disposti a considerare vive sculture,
esercitano qui tutto il loro fascino"
 

Molti anni dopo le riflessioni di Massimo Ganci, lo storico dell'arte Cesare Brandi avrebbe così suggerito la funzione immaginifica dei mensoloni di Noto: "soffittano il cielo, per così dire, o per meglio dire - si legge in "Sicilia mia ( Sellerio, 1989 ) - riquadrano l'unica apertura libera, suggeriscono travature invisibili da un lato all'altro della strada per convincerla nella spazialità d'interno che la compete...".      


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