Testimonianza di dura vita rurale e fonte di suggestioni letterarie dei muretti a secco in val di Noto
Nelle province più interne - quella nissena, l'ennese - la campagna siciliana è a volte monotona e quasi desertica; in prossimità delle coste - nel trapanese e nell'agrigentino, soprattutto - il paesaggio rurale modella le sue forme in maniera più varia e scenografica, per l'alternarsi di colline e declivi che quasi lambiscono il mare.
Un colpo d'occhio ancora diverso - a conferma dell'opinione di quanti ritengono che la Sicilia, nei paesaggi e nei caratteri sia un'isola-continente - è invece offerto dalle campagne prive di bosco degli altipiani ragusani, dominate dal pascolo e dalle colture della vite, dell'olivo, del mandorlo, dei cereali e del carrubo.
Qui, l'immagine di un antico sfruttamento della terra viene suggerita dal susseguirsi di appezzamenti di terreno di diversa estensione recintati da ordinate cortine di muretti di pietre.
Oggi queste opere possono a ragione considerarsi degli esempi di archeologia agricola siciliana.
"Insieme alla roccia, anzi come nati da essa - scrisse nel 1985 la giornalista Maria Rosa Calderoni durante un breve ma magnifico reportage in val di Noto - corrono i filari interminabili dei muretti a secco, linee e segmenti di pietra che si intrecciano e che si inerpicano, delimitando faticosi confini che rinserrano terrazzamenti impervi e fazzoletti di povera terra, spinti sempre più su, fin quasi in cima al tavolato, alla disperata ricerca di grano e di pascolo.
Paesaggio unico, ma anche esemplare 'scrittura di pietra', come la definisce Enzo Siciliano: sono infatti questi muretti a secco, irripetibile e quasi irreale connotazione della campagna ragusana, a raccontare la storia spietata e secolare della servitù agraria; è questa ordinata e quasi maniacale 'ragnatela pietrosa', sudore e sangue del contadino, a illustrare la disumana lotta per la sopravvivenza combattuta da queste parti, generazione dopo generazione"
Quasi vent'anni dopo quella descrizione, il paesaggio dei muretti di pietre delle campagne ragusane sarebbe stato così descritto da Matteo Collura nel saggio "In Sicilia" ( Longanesi, 2004 ):
"La provincia di Ragusa: se vi si arriva da Gela, come a me in questo viaggio è accaduto, si ha l'impressione che la terra si vada via via spogliando, mostrando la sua dura crosta in distese ampie e ondulate, ricoperte di un verde tenero, in inverno, di un'oca ambrata, in estate.
Nelle province più interne - quella nissena, l'ennese - la campagna siciliana è a volte monotona e quasi desertica; in prossimità delle coste - nel trapanese e nell'agrigentino, soprattutto - il paesaggio rurale modella le sue forme in maniera più varia e scenografica, per l'alternarsi di colline e declivi che quasi lambiscono il mare.
Un colpo d'occhio ancora diverso - a conferma dell'opinione di quanti ritengono che la Sicilia, nei paesaggi e nei caratteri sia un'isola-continente - è invece offerto dalle campagne prive di bosco degli altipiani ragusani, dominate dal pascolo e dalle colture della vite, dell'olivo, del mandorlo, dei cereali e del carrubo.
Campagna iblea, in un'immagine di Mario Pedone. La fotografia venne pubblicata nel 1965 nel volume di Federico De Agostini "Sicilia" della collana "Italgeo", edita da Bonetti Editore Milano |
Qui, l'immagine di un antico sfruttamento della terra viene suggerita dal susseguirsi di appezzamenti di terreno di diversa estensione recintati da ordinate cortine di muretti di pietre.
Oggi queste opere possono a ragione considerarsi degli esempi di archeologia agricola siciliana.
"Insieme alla roccia, anzi come nati da essa - scrisse nel 1985 la giornalista Maria Rosa Calderoni durante un breve ma magnifico reportage in val di Noto - corrono i filari interminabili dei muretti a secco, linee e segmenti di pietra che si intrecciano e che si inerpicano, delimitando faticosi confini che rinserrano terrazzamenti impervi e fazzoletti di povera terra, spinti sempre più su, fin quasi in cima al tavolato, alla disperata ricerca di grano e di pascolo.
Altra immagine dei muretti a secco in val di Noto. L'autore è Ezio Quiresi e la fotografia venne pubblicata nel 1961 nell'opera del TCI "Sicilia" per la collana "Attraverso l'Italia" |
Paesaggio unico, ma anche esemplare 'scrittura di pietra', come la definisce Enzo Siciliano: sono infatti questi muretti a secco, irripetibile e quasi irreale connotazione della campagna ragusana, a raccontare la storia spietata e secolare della servitù agraria; è questa ordinata e quasi maniacale 'ragnatela pietrosa', sudore e sangue del contadino, a illustrare la disumana lotta per la sopravvivenza combattuta da queste parti, generazione dopo generazione"
Quasi vent'anni dopo quella descrizione, il paesaggio dei muretti di pietre delle campagne ragusane sarebbe stato così descritto da Matteo Collura nel saggio "In Sicilia" ( Longanesi, 2004 ):
"La provincia di Ragusa: se vi si arriva da Gela, come a me in questo viaggio è accaduto, si ha l'impressione che la terra si vada via via spogliando, mostrando la sua dura crosta in distese ampie e ondulate, ricoperte di un verde tenero, in inverno, di un'oca ambrata, in estate.
E sempre, qualunque sia la stagione, un vento che, soffiando dolce fra desertiche alture di basalti e di tufi, compone prodigi musicali.
Muretti a secco nella zona di Palazzolo Acreide. L'immagine è firmata PGS ed è tratta dal saggio di Aldo Pecora "Sicilia", edito nel 1974 da UTET |
Sono questi gli elementi che, al primo impatto, caratterizzano un territorio così simile a certe zone della Spagna e dell'Irlanda, dove rustici muretti, come qui costruiti pietra su pietra, senza malta e senza intonaco, fanno intricati merletti.
E il geometrico correre dei muretti a secco sembra volersi accordare con l'affannoso andar su e giù, nei centri abitati, di vicoli e scalinate che, nel caso di Modica, Comiso, Ragusa Ibla, hanno aspetto di ruscelli pietrificati"
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