Memoria dello stabilimento per la lavorazione dei tonni delle Egadi nei ricordi di Giuseppe "Peppe" Giangrasso, da mezzo secolo testimone della storia degli impianti legati ai nomi dei Florio e dei Parodi
All'età di 77 anni appena compiuti, Giuseppe "Peppe" Giangrasso è oggi la memoria storica dello stabilimento per la lavorazione e l'inscatolamento di tonno di Favignana, dapprima di proprietà dei Florio e in seguito dei Parodi.
Giangrasso, favignanese con il volto segnato dal sole e dal vento dell'isola, cominciò a lavorare nel 1962 all'interno dell'edificio progettato 88 anni prima da Giuseppe Damiani Almeyda.
Dal ruolo di imbianchino, quest'uomo oggi attorniato da 8 figli e 27 nipoti ha assunto vari incarichi, sino a diventare - nel 1990 - il custode dello stabilimento.
"Peppe" conosce ogni angolo dei 32.000 mq di questo magnifico esempio di archeologia mediterraneo-industriale, costruito con il tufo locale; vi abita ancora e qui continua a svolgere il ruolo di guardiano, spesso accompagnato da quello di guida per i visitatori dello storico impianto.
A quelli più affabili, Giangrasso intona anche i canti goliardici che accompagnavano il lavoro dei tonnaroti ( ad esempio, "Lina! Lina! Chi beddi minne teni a signurina!", "Lina! Lina! Che bei seni ha la signorina!" ).
A quelli più affabili, Giangrasso intona anche i canti goliardici che accompagnavano il lavoro dei tonnaroti ( ad esempio, "Lina! Lina! Chi beddi minne teni a signurina!", "Lina! Lina! Che bei seni ha la signorina!" ).
I ricordi di "Peppe" accompagnano le notizie documentarie sullo stabilimento: le origini risalgono al periodo in cui Ignazio Florio - nel 1874 - acquistò con 5 rate annuali le isole Egadi dai Pallavicini-Rusconi, per un totale di 2 milioni e 750.000 lire.
Sino al 1637, l'arcipelago trapanese era stato in mano al Demanio del Regno di Sicilia, che lo aveva venduto nel 1637 al genovese Camillo Pallavicini; tre secoli prima, gli aragonesi vi avevano fatto impiantare due tonnare, determinando così la nascita di un'economia locale basata sull'attività dei rais e delle loro ciurme.
"Peppe" Giangrasso ricorda con rimpianto quando lo stabilimento dava lavoro a quasi mille persone.
In pratica, quasi tutti gli abitanti delle Egadi, da aprile a luglio, hanno beneficiato per decenni delle attività di pesca e lavorazione del tonno; gran parte degli uomini erano impegnati nelle tonnare, mentre donne e ragazzi lavoravano all'interno dello stabilimento.
Un tempo, si catturavano da un minimo di 10.000 ad un massimo di 16.000 esemplari annui, con un prodotto fresco variabile fra i 15.000 ed i 25.000 quintali.
Il ciclo di lavorazione era rapidissimo: entro le 48 ore, i tonni venivano catturati, lavorati e inscatolati per l'esportazione.
"Il giorno successivo a quello della mattanza - ha scritto a questo proposito Valeria Patrizia Li Vigni in "Le vie del mare" ( edito dalla Regione Siciliana nel 2008 ) - i tonni venivano distesi sul pavimento per la 'ronchiatura', ossia la separazione dei diversi tagli, denominati 'ventresca', 'tarantello', bodano', 'tonno'.
Tutti i tagli seguivano lo stesso ciclo di lavorazione, anche se diversi erano i gradi di salamoia ed i tempi di cottura in relazione al taglio e allo spessore dei tranci...
Tutti i cascami ( ossa, pinne, lische ), dopo la spremitura nelle presse, venivano distesi ad asciugare ed essiccare al sole nello spiazzale del reparto.
Tali parti erano successivamente macinate presso il mulino per ottenere olio e farina di pesce, quest'ultima ritenuta un ottimo fertilizzante per i vigneti..."
Nelle "buatte" che confezionavano il prodotto erano così elencati i riconoscimenti ottenuti in occasione di fiere o mostre:
"Lavorazione e prodotti premiati con diploma d'onore all'Esposizione di Londra 1888", "Due diplomi d'onore all'Esposizione di Palermo 1891-2", "Gran diploma d'onore all'Esposizione Italo-Americana di Genova 1892", "Gran premio all'Esposizione Internazionale di Milano 1906".
La crisi industriale arrivò negli anni successivi al secondo dopoguerra, quando già dal 1937 la proprietà dello stabilimento era passata ai Parodi.
Il prodotto pescato nelle Egadi e lavorato all'interno degli impianti diminuì a favore del tonno congelato proveniente da altri mari.
Nel 1966 e nel 1967, gli esemplari catturati a Favignana furono 2500 e 6580; fra i ricordi di "Peppe" Giangrasso vi è quello delle numerose famiglie favignanesi che con il passare degli anni persero lavoro e guadagni.
Il 1982 fece segnare la fine delle attività produttive all'interno dello stabilimento.
Dopo anni di abbandono, la Regione Siciliana acquistò l'intera struttura da Luigi Parodi, per un importo di 5 miliardi di lire.
I lavori di ristrutturazione non sono ancora del tutto terminati, ma la visita in compagnia di "Peppe" costituisce un motivo di grande interesse per la bellezza dei luoghi e per i racconti del suo storico custode, capaci di rievocare una Sicilia operosa e generosa di risorse per i suoi abitanti.
"Peppe" Giangrasso ricorda con rimpianto quando lo stabilimento dava lavoro a quasi mille persone.
In pratica, quasi tutti gli abitanti delle Egadi, da aprile a luglio, hanno beneficiato per decenni delle attività di pesca e lavorazione del tonno; gran parte degli uomini erano impegnati nelle tonnare, mentre donne e ragazzi lavoravano all'interno dello stabilimento.
Un tempo, si catturavano da un minimo di 10.000 ad un massimo di 16.000 esemplari annui, con un prodotto fresco variabile fra i 15.000 ed i 25.000 quintali.
Il ciclo di lavorazione era rapidissimo: entro le 48 ore, i tonni venivano catturati, lavorati e inscatolati per l'esportazione.
"Il giorno successivo a quello della mattanza - ha scritto a questo proposito Valeria Patrizia Li Vigni in "Le vie del mare" ( edito dalla Regione Siciliana nel 2008 ) - i tonni venivano distesi sul pavimento per la 'ronchiatura', ossia la separazione dei diversi tagli, denominati 'ventresca', 'tarantello', bodano', 'tonno'.
Tutti i tagli seguivano lo stesso ciclo di lavorazione, anche se diversi erano i gradi di salamoia ed i tempi di cottura in relazione al taglio e allo spessore dei tranci...
Tutti i cascami ( ossa, pinne, lische ), dopo la spremitura nelle presse, venivano distesi ad asciugare ed essiccare al sole nello spiazzale del reparto.
Tali parti erano successivamente macinate presso il mulino per ottenere olio e farina di pesce, quest'ultima ritenuta un ottimo fertilizzante per i vigneti..."
Nelle "buatte" che confezionavano il prodotto erano così elencati i riconoscimenti ottenuti in occasione di fiere o mostre:
"Lavorazione e prodotti premiati con diploma d'onore all'Esposizione di Londra 1888", "Due diplomi d'onore all'Esposizione di Palermo 1891-2", "Gran diploma d'onore all'Esposizione Italo-Americana di Genova 1892", "Gran premio all'Esposizione Internazionale di Milano 1906".
La crisi industriale arrivò negli anni successivi al secondo dopoguerra, quando già dal 1937 la proprietà dello stabilimento era passata ai Parodi.
Il prodotto pescato nelle Egadi e lavorato all'interno degli impianti diminuì a favore del tonno congelato proveniente da altri mari.
Nel 1966 e nel 1967, gli esemplari catturati a Favignana furono 2500 e 6580; fra i ricordi di "Peppe" Giangrasso vi è quello delle numerose famiglie favignanesi che con il passare degli anni persero lavoro e guadagni.
Il 1982 fece segnare la fine delle attività produttive all'interno dello stabilimento.
Dopo anni di abbandono, la Regione Siciliana acquistò l'intera struttura da Luigi Parodi, per un importo di 5 miliardi di lire.
I lavori di ristrutturazione non sono ancora del tutto terminati, ma la visita in compagnia di "Peppe" costituisce un motivo di grande interesse per la bellezza dei luoghi e per i racconti del suo storico custode, capaci di rievocare una Sicilia operosa e generosa di risorse per i suoi abitanti.
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