La Sala d'Ercole a Palermo, sede del Parlamento siciliano. Foto tratta dalla rivista "Sicilia Oggi" del luglio del 1959 |
"Comandare è meglio che fottere", dice un ben noto detto siciliano. Questa valutazione - la base, pare, del ragionare e dell'agire da mafiosi - potrebbe riassumere il senso dell'analisi sulla natura dei siciliani ( anche la maggior parte che mafiosi non sono ) fatta dallo scrittore e giornalista catanese Massimo Simili. Autore di uno sterminato patrimonio di romanzi satirici sui vizi della società siciliana ed italiana del secondo dopoguerra - ricordiamo a titolo di esempio "Briganti e baroni", "I pazzi di Taormina", "Capitano catanese", "Gli industriali del ficodindia", "L'anti codice della strada", tutti editi da Rizzoli - Simili spiegò così la deleteria propensione al potere dei suoi corregionali; una caratteristica attestata, oltre che dalla personalità dei mafiosi, da quella della pletora di vecchie famiglie nobiliari e di piccoli e grandi "ras" della politica isolana:
"In Sicilia - si legge nell'articolo "I cav. e i comm. della Sicilia '62", pubblicato dal "Corriere d'Informazione" nel marzo del 1962 - contano contano soltanto gli uomini sui piedistalli: ossia conta il "prestigio" individuale. Il prestigio conferisce dignità, garantisce l'ossequio e il rispetto altrui. Dal rispetto nasce la forza, spesso la potenza. Tutto viene, dunque, concepito in funzione del prestigio. La politica è prestigio. ( Si noti qui, fra l'altro, come soltanto lo statuto siciliano parli di "deputati". In Sardegna, in Val d'Aosta, nel Trentino-Alto Adige, si parla di "consiglieri". Aggiungo che, sebbene lo Statuto non accenni al titolo di "onorevole", i deputati regionali siciliani sono tutti "onorevoli" per auto investitura ). Violenze e delitti, in Sicilia, scaturiscono da menomazioni da prestigio. La mafia stessa non si spiega se non si pensa ad un certo tipo di prestigio. Amicizie, convivenze e rapporti di affari vengono regolati secondo il metro di un minore o maggiore prestigio, e così via. L'aria nuova, le industrie, il "boom" delle grandi città, i contatti sempre più frequenti con gli stranieri, non hanno ancora distrutto i "piedistalli" attorno ai quali si riuniscono le clientele devote e ossequiose. Fianco la laurea può essere ritenuta un piedistallo; in molti casi serve solo per far stampare "dott." sui biglietti di visita, ma in molti casi basta: è già, comunque, una bella soddisfazione e procura un certo credito.
I "Cav." e i "Comm." hanno la loro importanza ( e stimolano la fantasia: ho conosciuto un "comm. Francesco Gregorio" che non era affatto "commendatore" ma commesso di negozio ). Nel 1813, come da nota inserita agli "Atti di Ferdinando III di Borbone", v'erano in Sicilia 50 principi, 18 duchi, 20 marchesi, 2 conti e 34 baroni qualificati. Oggi, una cifra simile potrà trovarsi nella sola provincia di Caltanissetta. Il prestigio si direbbe aumentato. Affinché l'isola si livelli con le altre regioni... del Nord e del Centro Italia, è necessario togliere di mezzo i piedistalli o attendere pazientemente che crollino. Non è lavoro né questione di un giorno..."
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