Ci sono molti esempi di quali siano le condizioni di estremo disagio sociale ed economico in cui – ancora nel 2012 e malgrado la difficile situazione italiana - vive la Sicilia.
Una delle aree più sofferenti è certamente la provincia di Caltanissetta, da molti anni agli ultimi posti delle classifiche nazionali in tema di occupazione, qualità della vita e di istruzione scolastica.
E’ una sofferenza complessiva del territorio, aggravata pure dalla tradizionale ingerenza della mafia, i cui interessi penalizzano – tramite le estorsioni e il condizionamento dei pochi appalti - buona parte dell’asfittica economia locale.
E’ una sofferenza complessiva del territorio, aggravata pure dalla tradizionale ingerenza della mafia, i cui interessi penalizzano – tramite le estorsioni e il condizionamento dei pochi appalti - buona parte dell’asfittica economia locale.
La considerazione – quasi una passiva presa d’atto, per quei tanti siciliani assuefatti e soffocati dall’arcaica presenza della mafia – torna di attualità dopo una delle ultime iniziative annunciate dalla Regione Siciliana, d’intesa con il ministero dell’Interno.
La notizia riguarda l’istituzione di una “zona franca della legalità” nel nisseno, con il coinvolgimento di decine di paesi, fra i più poveri dell’intera provincia e della Sicilia: da Marianopoli a Campofranco, da Delia a Mazzarino, da Montedoro a Niscemi, da San Cataldo a Sommatino, da Villalba a Sutera.
Alcuni di questi centri rurali della provincia – dove i giovani non sperano più neppure in un futuro di immigrazione – rimandano ancora alla descrizione che ne fece Leonardo Sciascia una cinquantina di anni fa:
“Come gli uomini, così i paesi appaiono chiusi, ostili. Vi si arriva percorrendo campagne aride, di stentate colture: il grano, le fave; verdeggianti nell’inverno, a scacchi gialli e bruni nelle altre stagioni. Il poeta spagnolo Josè Maria Valverde dice questo paesaggio uguale a quello della Castiglia, ma ‘come contratto da una mano nervosa’; ed è verissima impressione… Il paesaggio ripete il motivo dell’insicurezza, sempre e comunque presente nella Sicilia interna; l’antica insicurezza cui la proprietà, come ogni cosa, come la vita stessa, è soggetta. Dolente, ossessivo tema della storia, della società, dell’individuo, del paesaggio siciliano: il tema della inseguridad”.
La “zona franca della legalità” – che dovrebbe comprendere anche centri urbani più sviluppati, come la stessa Caltanissetta e Gela – nasce “con l’obiettivo di attrarre investimenti sul territorio, incentivare la crescita e rilanciare il tessuto socio economico della provincia, con la garanzia di vantaggi e sgravi fiscali a favore di quelle imprese in grado di rispettare tutti i parametri di legge e di opporsi a richieste criminali”.
L’intenzione del progetto è insomma quella di creare “un’area protetta da ogni fenomeno malavitoso o delinquenziale che, con il concorso delle istituzioni, salvaguardi gli investimenti, dia certezza alle imprese, realizzi un costante controllo delle attività, fornisca corsie preferenziali per l’apertura di nuove imprese e sia in grado di fornire servizi attraverso ‘uno sportello unico’ in tempi certi”.
In linea di principio, l’istituzione da parte di Regione e Stato della “zona franca della legalità” è un lodevole tentativo di assicurare ad una delle province più povere d’Europa uno strumento di sviluppo.
Tuttavia, sembra a ReportageSicilia che non si possa immaginare il bene economico e sociale di un territorio – specie in Sicilia, e soprattutto nel nisseno - senza un profondo cambiamento di governare la cosa pubblica e di intendere la politica, azzerando interessi privati, sudditanze instaurate a fini elettorali con i mafiosi e tutela di piccoli e grandi comitati d’affari.
Nessuna libertà d’impresa e nessuno sgravio fiscale potrà mai garantire lo sviluppo se non si sradicano in profondità le ragioni stesse dell’esistenza di mafia e delinquenza.
Si dirà che tutto ciò rischia di ripetere il già detto od il già letto.
L’insistere è però necessario, perché in questo minaccioso periodo di crisi globale - al termine del quale rimarranno in vita solo le economie più forti - la Sicilia non ha più tempo di aspettare le ragioni del suo progresso.
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