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mercoledì 29 agosto 2012

MARETTIMO, UNA STORIA CALIFORNIANA

Padre e figlio in una barca da pesca dinanzi l'azzurro accesso della grotta del Cammello, a Marettimo.
La storia di immigrazione dei pescatori della più lontana delle isole Egadi è un capitolo a parte nelle vicende dei flussi migratori dalla Sicilia all'estero: prima e subito dopo il secondo conflitto mondiale, i marettimari hanno messo a frutto la propria abilità
in Alaska ed in California.
La fotografia è tratta dall'opera "Il libro dei giorni italiani-Le isole felici", edita da ENIT nel 1966 
Si trasferivano in Sicilia a metà maggio, quando i colori dell’isola delle Egadi si riempiono dei prepotenti profumi dell’estate.
Da Palermo, si imbarcavano per un viaggio lunghissimo, che li avrebbe portati in un luogo dove i panorami erano dominati dai ghiacci e il mare, freddissimo, accoglieva cinque sistemi fluviali ricchi di pregiato pesce: il salmone rosso. Poco prima del 1940, alcuni pescatori di Marettimo scoprirono cioè in Alaska un luogo – Bristol Bay - dove mettere a frutto la loro esperienza nell’attività ittica e di conservazione del pesce.

Il porticciolo di Marettimo in una fotografia tratta dall'opera "Il mare dentro" di Giovanni Pitruzzella e Mario Perricone,
edita da Arpa Regione Siciliana nel 2005.
La storia dei pescatori dell'isola trasferitisi sulle coste del Pacifico e nel mare di Bering è raccontata in questi giorni da una mostra allestita dall'Associazione C.S.R.T Marettimo in piazzetta dello Scalo Vecchio
Erano trasferte durissime, e della durata di circa due mesi lavorativi; i marettimari però avevano una tempra robusta, abituata a sopportare tutto l’anno lunghe battute di pesca sino alle acque tunisine. Il mercato del salmone rosso, poi, assicurava profitti allora irrealizzabili nelle Egadi: i due mesi di lavoro in Alaska, insomma, garantivano la sopravvivenza a Marettimo nel resto dell’anno.
Quella della pesca al salmone nel mare di Bering è forse il capitolo meno noto nella girovaga storia dei pescatori di Marettimo di qualche decennio fa; un’immigrazione professionale che toccò anche la Tunisia, il Portogallo e la Spagna.

A Monterey, in California, i cognomi Ferrante, Costa, Mineo, Lucido, Sanfilippo, Spadaro, Cusenza e Bommarito testimoniano ancor oggi il flusso di immigrazione che a partire dal 1948
fece allontanare da Marettimo e da altre borgate marinare siciliane decine di famiglie.
L'immagine di alcuni pescatori marettimari seduti al tavolo di un caffè di Monterey è tratta da
  http://www.montereycountyweekly.com/news/2011/feb/10/old-men-and-no-sea/
L’esodo più conosciuto si palesa però ai visitatori dell’isola già allo sbarco in porto, grazie all’indicazione toponomastica di uno slargo denominato ‘piazzetta Monterey’. I marettimari vi spiegheranno allora che l’altra parte di concittadini – circa 1400 persone – è da anni residente nella città della California settentrionale, nei luoghi descritti in tante pagine di John Steinbeck.
L’emigrazione di massa verso quella costa del Pacifico ebbe inizio dopo il 1945, quando le condizioni delle Egadi erano di totale isolamento rispetto alla stessa Sicilia. La capacità lavorativa dei marettimari non mancava; i pescherecci della locale flotta superavano le quaranta unità, oltre alle paranze ed alle piccole barche. Ogni imbarcazione dava lavoro a centinaia dei 1200 abitanti dell’isola ed ogni famiglia aveva insomma di che vivere. Di contro, l’assenza delle infrastrutture penalizzava lo sviluppo delle attività ittiche: i proventi delle battute di pesca non ripagavano i sacrifici in mare ed a terra di gran parte della comunità.

Poco prima del secondo conflitto mondiale, la baia di Bristol Bay attirò i primi pescatori di Marettimo.
La pesca al salmone rosso - praticata da metà maggio e sino alla fine di luglio - assicurava loro guadagni allora irrealizzabili nelle Egadi.
L'immagine è tratta da http://www.bristolbaysockeye.org/
A Monterey, ma anche a San Francisco ed a San Pedro, i pescatori di Marettimo – abituati a riempire le loro stive di sardine, tonni, ricciole, saraghi, dentici ed aragoste – diventarono abilissimi cacciatori di calamari e tonni oceanici. Anche le industrie conserviere di Monterey – la “Peninsula Packing Company” o la “Oxford Canning Company” – negli anni Cinquanta diedero lavoro a decine di dipendenti di cognome Ferrante, Costa, Mineo, Lucido, Sanfilippo, Spadaro, Cusenza, Bommarito: tutti pescatori o figli di pescatori marettimani, oppure loro colleghi provenienti dalle flotte pescherecce di Isola delle Femmine e San Vito Lo Capo.

Una fotografia del porto di Marettimo firmata ENIT e pubblicata
nel febbraio del 1955
dalla rivista del TCI "Le Vie d'Italia".
Erano gli anni del pieno esodo dei pescatori locali dall'isola, dove, prima del 1940, erano ancora attivi una quarantina fra pescherecci,
paranze ed altre barche da pesca.
L'assenza di infrastrutture a mare ed a terra fu un fattore determinante per convincere gran parte dei pescatori marettimari
a cercare fortuna
in Alaska ed in California
Ancora oggi, Monterey e Marettimo conservano legami parentali e storici di tanto in tanto alimentati da visite dei rispettivi sindaci ( che per Marettimo – i cui residenti anni fa condussero una vana battaglia per il riconoscimento dello status di Comune – è quello di Favignana ). Nella città californiana esiste una “via Marettimo”, ed ogni anno l’intera comunità di immigrati dall’isola si riunisce per il “Santa Rosalia Fishermen’s Festival Queen”.
La storia dei pescatori marettimari che hanno continuato la loro attività sul Pacifico è raccontata in queste settimane all’interno del piccolo Museo del Mare allestito dall’Associazione C.S.R.T Marettimo, in piazzetta dello Scalo Vecchio.

Ancora una fotografia di Marettimo proveniente
dagli archivi ENIT
e pubblicata da "Le Vie D'Italia" nel febbraio del 1955.
Il rapporto fra l'isola delle Egadi e la sua storia di emigrazione
verso la California è testimoniata
dalla toponomastica locale, che accoglie una 'piazzetta Monterey'
























La mostra raccoglie fotografie, documenti cartacei ma anche filmati dedicati alle vicende di quei tanti isolani che in passato hanno abbandonarono le azzurrissime acque delle Egadi; quasi una storia a parte nelle complesse e spesso travagliate cronache dell’emigrazione siciliana nel mondo.

Uno scorcio di barche a Marettimo in una fotografia di Josip Ciganovic
pubblicata nel II volume dell'opera "Sicilia"
edita da Sansoni nel 1962





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