Una pagina dell'etnologo Antonino Uccello tratta dalla guida della "Casa museo di Palazzolo Acreide" racconta origini e valore religioso di oggetti un tempo destinati ad ornare il collo di buoi e pecore
Nel 1972 Antonino Uccello pubblicò l'opera "Folklore siciliano nella Casa museo di Palazzolo Acreide", nei cui ambienti - "a casa ri stari" e "a casa ri massaria" - l'etnologo raccolse oggetti e testimonianze della cultura contadina degli Iblei.
Nel 1972 Antonino Uccello pubblicò l'opera "Folklore siciliano nella Casa museo di Palazzolo Acreide", nei cui ambienti - "a casa ri stari" e "a casa ri massaria" - l'etnologo raccolse oggetti e testimonianze della cultura contadina degli Iblei.
Il volume nacque come una sorta di "guida" del museo, che aveva aperto i battenti al pubblico il 27 novembre del 1971 e che altro non era che la casa stessa di Uccello, aperta gratuitamente ai visitatori.
Quella pubblicazione, diventata nel frattempo introvabile, è stata ristampata nel 2001 con il titolo "Antonino Uccello, Casa museo di Palazzolo Acreide" dall'Assessorato dei Beni Culturali e Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana.
Tra le molte forme di espressione artistica di origine rurale e pastorale tramandate da Uccello - definito da Stefano Malatesta "lo sciamano di Palazzolo" nelle documentate pagine de "Il cane che andava per mare e altri eccentrici siciliani" ( Neri Pozza, 2000 ) - figurò quella espressa dai costruttori dei collari destinati a mucche e pecore; oggetti in cui veniva espressa una capacità figurativa spesso ispirata dalla devozione religiosa:
"Nella stalla - scrisse nel 1972 Antonino Uccello - si sogliono conservare i campanacci per le mucche e le pecore, uno appresso all'altro, infilati in un bastone disposto in alto, in senso orizzontale.
Attendono le prime giornate d'incipiente primavera, l'erba novella che verzica di febbraio, quando le mucche vengono 'incampanate' - come dicono i contadini - e lasciano le stalle per i verdi pascoli.
Il collare viene di solito eseguito dagli stessi contadini o pastori in legno di bagolaro ( 'favaràgghiu' o 'minniccu' ); l'albero viene abbattuto in agosto o in gennaio, in fase di luna crescente, perché non si tarli; viene poi ridotto in strisce, che saranno successivamente ripiegate con acqua calda o siero di ricotta.
Nelle lunghe giornate di pioggia o durante la custodia dell'armento o del gregge, il contadino, o il pastore, incide sul collare le sue immagini: santi patroni, scene di vita vissuta, motivi decorativi.
A volte i collari vengono anche dipinti con una mano di colore oppure con una sapiente policromia: questi manufatti hanno rappresentato l'orgoglio dell'artista popolare e del fortunato massaro che riusciva a venirne in possesso.
Un collare che raffigura una scena pastorale: contadini in costume modicano confezionano la ricotta |
I piccoli collari per gli ovini, ovviamente più piccoli, sono incisi con motivi decorativi a cellette, a cuori, a fiori, ecc. ecc., che costituiscono un vero e proprio ricamo al collo della pecora: non si dimentichi, d'altronde, che l'incisione del collare è detta in dialetto 'arraccamu', cioè ricamo.
Nelle fiere, in occasione di feste patronali, le mucche più prestanti avanzavano con questi collari, splendidi d'incisioni: vi facevano spicco le immagini di Santa Lucia, di San Corrado di Noto, di San Paolo di Palazzolo, e scene con landò, aquile bicipiti e monocipiti, pastori al pascolo, ecc., com'è possibile osservare nella ricca serie di collari appesi nella stalla e in parte anche nella 'casa di masseria'"
Anni dopo, nel 1999, Giuseppe Licitra avrebbe aggiunto queste indicazioni sull'utilizzo di collari e campane tra i bovini e gli ovini del ragusano:
Collare con la raffigurazione di San Giorgio ed il drago |
Anni dopo, nel 1999, Giuseppe Licitra avrebbe aggiunto queste indicazioni sull'utilizzo di collari e campane tra i bovini e gli ovini del ragusano:
"Il massaro - si legge in "Il Ragusano. Storie e paesaggi dell'arte casearia" ( Federico Motta Editore ) - sceglieva la vacca 'leader', in realtà quella che tra tutte si era dimostrata tale, e le affidava un collare con la 'campana dominante'.
A più vacche venivano assegnate delle campane di qualità e dimensioni diverse, capaci di emettere suoni particolari accuratamente scelti dai massari più attenti.
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