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venerdì 26 agosto 2016

PARTENZA E RITORNO DEGLI IMMIGRATI SICILIANI DALL'AFRICA

Due fotografie pubblicate nel 1946 da "L'Europeo" ed ambientate a Polizzi Generosa ricordano le vicende dell'emigrazione di migliaia di isolani in Cirenaica e Tunisia


Una donna di Polizzi Generosa
identificata con il nome di Rosa Brancati
ed indicata come una migrante tornata a casa
dopo un periodo trascorso in Tunisia.
L'immagine venne pubblicata il 13 ottobre del 1946
dal settimanale "L'Europeo"

Nei confusi mesi del secondo dopoguerra, la Sicilia - primo suolo europeo di sbarco per gli anglo-americani - visse un lungo periodo di fermenti sociali: mercato nero, rivolte popolari, episodi di banditismo, velleità indipendentistiche e ritorno a casa di migliaia di sfollati.
Nell'isola tornò anche un numero imprecisato di emigrati che durante il periodo fascista avevano preso parte alla colonizzazione libica o che si erano stabiliti in Tunisia.
Una piccola memoria di quel rivolo di migrazione di siciliani nel mondo è legata alle due fotografie riproposte da ReportageSicilia.
Le immagini - firmate da Giacomo Pozzo Bellini ed ambientate a Polizzi Generosa - vennero pubblicate il 13 ottobre del 1946 dal settimanale "L'Europeo"
Le didascalie indicano nell'uomo un "rimpatriato dal Gebel cirenaico, dove era andato nel 1936".
Della donna si fornisce il Paese di immigrazione - la Tunisia - e anche il nome: Rosa Brancati.
In Libia, la presenza dei siciliani si data a partire dal 1933; quell'anno, l'Ente di Colonizzazione per la Cirenaica iniziò a promuovervi l'afflusso di contadini, braccianti ed operai dalle regioni del Sud d'Italia.


Un uomo di Polizzi Generosa
rimpatriato dal Gebel, in Cirenaica


Luigi Razza, presidente dell'Ente, così invogliava quell'anno i siciliani a lasciare l'isola per raggiungere quella che veniva descritta come una "terra promessa":


"Se invece degli arabi avessero vissuto in Cirenaica i siciliani, oggi quella colonia sarebbe veramente il favoleggiato giardino delle Esperidi.
La Cirenaica ha caratteristiche spiccatamente mediterranee, paragonabili a quelle della Sicilia.
Il Gebel non è per niente inferiore alle zone più fertili dell'Italia meridionale e di qualche regione dell'Italia centrale"


L'altopiano libico del Gebel fu il territorio in cui gli immigrati siciliani - insieme ai pugliesi, ai calabresi e agli abruzzesi - presero il posto delle popolazioni nomadi: decine di migliaia di pastori e contadini che anni prima  avevano subìto le deportazioni di massa ad opera dell'esercito italiano.
Nell'opera "Storia coloniale dell'Italia contemporanea" edita da Ulrico Hoepli nel 1938, Raffaele Ciasca così descriveva le condizioni economiche di quel territorio:


"Le maggiori attività agricole si sono raggruppate, fin dall'inizio, sul Gebel centrale, sia per migliori attitudini agrologiche e idrologiche, sia per concentrare in un'unica zona l'insieme dell'organizzazione e dei servizi.




Con la coltura del grano, dell'ulivo, dell'orzo e del miglio, le quattro colture basilari della Cirenaica, è curato l'allevamento del bestiame: un milione di capi ovini e 100.000 di caprini, con lana disponibile all'esportazione superiore a 6.500 quintali; 20-25.000 i capi esportati verso l'Egitto e quintali 1000-1200 di burro di pecora, destinati a Candia, Costantinopoli, Asia minore; 10-15.000 i capi bovini e 40.000 i cammelli impiegati come mezzo di trasporto e come forza motrice nei lavori agricoli"


Secondo le notizie invece fornite nel 1934 dal giornalista catanese Concetto Pettinato, in quel periodo la Tunisia ospitava almeno 50.000 siciliani, gran parte dei quali residenti a La Goulette, nel quartiere "La Petite Sicile".
Pettinato ricordò allora alcuni cognomi di famiglie siciliane residenti nel circondario di Tunisi: Ajello, Mancuso, Auteri, Zappulla, Miccichè.
L'emigrazione verso il territorio tunisino era iniziata già nella seconda metà dell'Ottocento; soprattutto quella di pescatori e braccianti trapanesi, che proprio a La Goulette costruirono una chiesa in onore della Madonna di Trapani.
Le questioni politiche, più di quelle religiose - la convivenza fra musulmani e cristiani in quegli anni era assolutamente pacifica - furono la causa dei ritorni degli immigrati siciliani nell'isola: nel 1911, a causa delle gravi tensioni provocate dallo sbarco dell'esercito italiano in Tripolitania, e nel 1940, con l'appoggio fascista alla Germania in occasione dell'invasione della Francia.




Proprio l'alleanza italo-tedesca già nel 1939 aveva cominciato ad affollare i porti di siciliani che in Tunisia - protettorato francese - non trovano più le simpatie locali: in 605 sbarcarono nel marzo di quell'anno a Palermo, accolti dalla retorica serie di festeggiamenti del regime.



Le fotografie de "L'Europeo" raccontano dunque  il ritorno dei migranti siciliani dall'Africa al termine del secondo conflitto mondiale.
Vicende dimenticate, ma che dinanzi alle odierne immagini degli esodi dall'Africa verso le coste della Sicilia uniscono in un unico destino le sofferenze di chi abbandona la terra d'origine nel tentativo di migliorare la propria esistenza.  




 

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