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giovedì 18 maggio 2017

LA GROTTESCA CACCIA ALL'UOMO-PESCE DI ACITREZZA

Una fotografia di Federico Patellani pubblicata sul "Tempo" nell'ottobre del 1955 ricorda una rappresentazione rituale allora ancora diffusa sulla costa della Riviera dei Ciclopi


"Ad Acitrezza, la terra dei Malavoglia, si celebra ogni anno a fine giugno una festa di cui non si conoscono le origini.
Si recita sul mare la pantomima della pesca del pescespada, dalle cui fortune dipende nella realtà il benessere e la vita grama delle famiglie di pescatori.
Quattro uomini, legati da un fune, come fossero in cordata, attraversano il paese in direzione della spiaggia, ballando con gesti indescrivibili una danza saltata e camminata, di difficile interpretazione.
Certo è invece il significato della corda: la sorte che lega l'equipaggio è una sola.
Un uomo col corpo disegnato a squame si tuffa in acqua, viene inseguito dalla barca sulla quale hanno preso posto i quattro, catturato e squartato, a gesti, come fosse un pescespada"


La didascalia allegata alla fotografia di Federico Patellani riproposta da ReportageSicilia così spiegava il senso del dramma dell'uomo-pesce allestito nel mare di Acitrezza in occasione del culto patronale di San Giovanni Battista.
L'immagine di Patellani venne pubblicata sul settimanale "Tempo" il 6 ottobre del 1955; all'epoca questa rappresentazione - le cui origini risalgono almeno ai primi dell'Ottocento - era ancora molto diffusa lungo la costa catanese della Riviera dei Ciclopi.
Il rito rientrava un tempo nella lista delle molte cerimonie religiose tradizionali dei centri marinari nell'Isola, solo in parte documentate da Giuseppe Pitrè in "Usi, costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano", in "Spettacoli e feste popolari siciliane" e "Feste patronali in Sicilia".
Nel più recente saggio "Santi a mare - Ritualità e devozione nelle comunità costiere siciliane" ( Regione Siciliana, Assessorato ai Beni Culturali, 2009 ), Sergio Bonanzinga e Marta Di Mariano ricostruiscono la storia dell'"uomo-pesce" di Acitrezza, citando una descrizione del rito offerta nel 1912 dal parroco del borgo marinaro, Salvatore De Maria.
Secondo questa testimonianza, l'origine del rito sarebbe legata alla creazione di un simulacro ligneo del Patrono, scolpito alla metà del Settecento:


"Una specialità però propria che esalta il popolo, e che qui descriviamo, è la così detta pesca del 'pesce'; l'azione è sul mare: rappresenta la pesca del pesce spada quale si fa nello Stretto di Messina: ivi un marinaio da un'alta antenna, piantata in mezzo ad una barca, spia il pesce che passa per lo Stretto; in un'altra barca più piccola, a lancia, quattro o cinque marinai son pronti al remo, tostochè il grido della guardia annunzia la comparsa del pesce essi vogano di tutta forza; quello dirige il corso, pronunziando smaniosamente parole pei profani incomprensibili...
Ad Acitrezza è precisamente questa scena che si vuole imitare, ma l'azione assume un che di comico, di pasquinesco, di esagerato.


Il 'rais', quello che dirige la finta pesca, viene rilevato colla banda musicale da casa sua, ove si fa trovare pronto e vestito grottescamente, con calzoni da bagno, uno straccio rosso sulle spalle, che finge di un mantello, e un cappellaccio: incede tenendo aperta sopra di sé un vecchio ombrello colla sinistra, e una canna dalle foglie fresche, che finge di bastone nella destra, e affettatamente ballonzolando per via si dirige fra monelli e curiosi alla marina, sul molo, dove una barca, quella medesima che deve andare in cerca del 'pesce', rilevandolo lo depone a pochi passi dalla spiaggia, su uno scoglio piuttosto largo che qui chiamiamo 'Palombello'.
Ivi salito sul molo più alto, mentre la barca s'allontana, egli comincia a gesticolare convulsamente dicendo:
'A levante! A Ponente!'
Mostrando ora a destra, ora a sinistra, la località dove avrebbe avvistato il 'pesce', che non è altro che un cover uomo in costume da bagno, che nuotando or qua or là, cerca di scansare la barca che lo insegue.
Quando il 'pesce' dopo un certo tempo vien preso e scannato a quella parte del corpo dove viene attaccato un budello di sangue che si versa, il pulcinella dello scoglio, che non lascia di tenere l'ombrello aperto sopra di sé, e il bastone, balla per la gioia: ma ad un tratto il 'pesce', che giacendo supino agonizzante sulla prora, sbatte in acqua, penzoloni dalla barca, i piedi, come uno scatto di balista, salta in mare e fugge, e così i marinai lo perdono.
Non è a dire il disperato loro dolore, e più di quello che sta a dirigere sullo scoglio l'azione, il quale, imprecando, si morde rabbiosamente le dita e straccia le vesti, grida e si butta a capofitto in mare e riappare salendo ancora un poco sullo scoglio ai poveri marinai, che ancor vanno qua e là in cerca e disperati di trovarlo, avvicinandosi alla spiaggia, capovolgono la barca e cascano tutti a mare, mentre il 'raid', anche lui dal suo posto, vi si butta sossopra ed ha termine l'azione.
Non è a dire il numero di barche di curiosi che vi assistono dondolandosi sulle onde quando il mare è un pò agitato, sicché impedisce per la vicinanza al campo di azione, la visuale a molti altri.
Come vede il lettore l'azione è buffa abbastanza e finisce con una fallita, anziché con vittoria: la commedia del 'pesce' daterebbe sin da quando si celebrò per la prima volta la festa del Battista facendo girare nel paese la statua, subito allora costrutta"




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