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venerdì 23 giugno 2017

L'OSCURATA FAMA ARTISTICA DI CASTELVETRANO

La chiesa Madre di Castelvetrano.
La fotografia è tratta dall'opera "Sizilien"
di E.Horst e J.Rast edita nel 1964 da Walter-Verlag

Pur vantando un patrimonio culturale non inferiore a molti altri centri della Sicilia, la fama di Castelvetrano è legata principalmente ai nomi di Salvatore Giuliano e di Matteo Messina Denaro.
Il bandito di Montelepre vi venne trovato ucciso all'interno del baglio Di Maria all'alba del 5 luglio del 1950, in uno dei primi depistaggi di Stato dell'Italia repubblicana.
Di Messina Denaro - il boss di Castelvetrano figlio di uno storico patriarca della mafia locale - è nota a tutti l'inverosimile persistenza della sua latitanza, iniziata nel 1993.
Malgrado il vanto di alcune pregevoli opere architettoniche, questa cittadina della provincia di Trapani ha attirato pochissimi fra i numerosi viaggiatori che negli ultimi decenni hanno scritto della Sicilia.
Uno di questi, nel 1949, fu il diplomatico francese Pierre Sèbilleau, autore nel 1966 del saggio "La Sicile", edito a Grenoble da Editions Arthaud e ristampato in Italia  due anni dopo da Cappelli.
Sèbilleau fu attratto a Castelvetrano dalla presenza della chiesa normanna della Trinità di Delia e dalla statua dell'Efebo di Selinunte, che all'epoca della pubblicazione del libro passava di mano fra ricettatori di mezza Europa ( portata via dal municipio di Castelvetrano nel 1962 da una banda di improvvisati ladri, venne venduta all'irrisorio prezzo di mezzo  milione di lire e infine recuperata nel 1968 a Foligno ).
Durante la sua visita a Castelvetrano, lo stesso autore di "La Sicile" - dopo avere ricordato la vicenda di Salvatore Giuliano - non si tirò indietro dall'incauto acquisto di un pezzo archeologico dissepolto da uno dei molti contadini-tombaroli di Selinunte.


Allo stesso tempo - caso forse unico nella letteratura di viaggi dedicata all'Isola - le pagine di Sèbilleau diedero conto del patrimonio artistico delle chiese castelvetranesi: 
 
"A Castelvetrano, potrete vedere, per la prima volta, uno di quei grossi paesi rurali che sono numerosi in Sicilia e nei quali gli abitanti, piuttosto che andare ad abitare in fattorie o villaggi, preferiscono continuare ad ammassarsi, ( benché non abbiano più nulla da temere dai pirati ), a costo di fare chilometri e chilometri ogni giorno, in carretto o a dorso di mulo, per andare a coltivare i loro campi.
Ne risulta un centro fatto di piccole tenute urbane, molto individuali e molto sporche ma, generalmente, ben allineate ai bordi di strade troppo larghe ove vagano le pecore.
Mi ricordo, a proposito, di essere andato, sotto un diluvio di acqua, a fare visita a un contadino che svolgeva il suo lavoro di agricoltore nei dintorni di Selinunte e che, in questa circostanza, aveva trovato un'attività molto più remunerativa, vendendo oggetti di scavo ch'egli stesso dissotterrava o comperava dai suoi vicini.
Fui meravigliato nel vedergli tirar fuori, da sotto il suo lettuccio, una statuetta ionica il cui sorriso ambiguo illuminò tosto il suo buco.
Acquistai subito la statuetta e suggellammo l'affare con un buon bicchiere di vino.
Sarei stato forse meno tranquillo se avessi saputo che, in quel medesimo istante, il famoso Salvatore Giuliano era forse nascosto, a pochi passi di lì, nel rifugio in cui, l'anno dopo, doveva essere consegnato nelle mani della polizia ed ucciso.


Fortunatamente, il centro di Castelvetrano è altra cosa, con le sue ampie piazze irregolari e le sue chiese; la chiesa Madre, dalla sobria facciata rinascimentale; San Giovanni Battista, che racchiude una commovente statua del Precursore, di Antonello Gagini; San Domenico, in cui incomincia ad apparire, fin dalla fine del secolo XVI, una forma di arte che avrà un notevole sviluppo nella Sicilia barocca: quella della scultura, o, per meglio dire, della modellatura in stucco..."
 

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